Irlanda, appunti di viaggio - Vol.1

PREMESSA

I miei due compagni di ventura si sono addormentati non appena l'aereo è decollato da Dublino ed è forse stato l'unico momento, notti comprese, in cui sono stati contemporaneamente in silenzio per più di mezzora. Io ho infilato le cuffie, tirato fuori il taccuino e messo ordine agli appunti di viaggio raccolti nei quattro giorni di vacanza appena trascorsi. 
La hostess ha appena comunicato che, nonostante il ritardo iniziale di quattro ore (esticazzi), il volo s'è regolarmente svolto nelle due ore e venti previste e stiamo per atterrare a Pisa.
Che peccato, proprio ora che, superato l'impasse dell'incipit, avevo trovato il filo d'Arianna che teneva insieme i miei pensieri confusi, e la penna, nel dar loro una forma scritta, scivolava via da sola nel raccontarli.
Che peccato dover già sbarcare, potrei vergare parole fino a domattina, until the morning light, come cantava Noel Gallagher in una canzone il cui titolo, Talk Tonight, ben rispecchia -al netto di qualche più o meno accidentale lost in translation-  il mio stato d'animo.


Già, che peccato. 
Non sarebbe passata più di un'ora prima di rinnegare questo rammarico, ma ancora non potevo sapere cosa ci stava aspettando nei cieli di Pisa.


HAI VISTO MAI?

Descrivere un viaggio a Dublino e in Irlanda è inutile, più che difficile. 
Ci son state pletore di scrittori, poeti, cantanti e bloggers più o meno bravi che ci hanno già provato prima di me, e altri ancora che lo faranno. Proprio per questo conviene raccontare altro e prendere alla lettera le parole che il capogita Bomber era solito ripeterci ad ogni piè sospinto:"Io non vi organizzo un viaggio, vi regalo un'esperienza", e dipingere quindi il quadro di questi quattro giorni lasciando all'Irlanda la parte, non meno nobile, della cornice. Che se è vero, come è vero, che le esperienze si misurano in emozioni e sensazioni, io a queste non dovrei dedicare solamente un articolo del mio blog, ma un'intera ala della biblioteca di Alessandria. 

Immaginatevi di ascoltare la voce di Bomber al posto di quella di Buffa e di leggere "Io non vi organizzo un viaggio, vi regalo un'esperienza" invece di "I Mondiali hanno scandito i tempi della nostra vita e scandiranno quelli di chi verrà". Come idea di didascalia ci siamo.

Comunque sia, tolta la caldara del viaggio di avvicinamento all'Aeroporto di Pisa, gradevole solamente nel brevissimo periodo in cui il Bombardiere ci ha dato tregua tacendo per dieci minuti scarsi, l'imbarco e il volo sono abbastanza tranquilli. Viaggiare in aereo non mi piace, anzi, mi spaventa proprio e guardare verso il basso fuori dal finestrino mi mette a disagio. Tuttavia è una giornata serena e stiamo sorvolando Toscana e Liguria: difficile non avere un balzo al cuore nello scorgere le Alpi Apuane che magnificenti svettano sopra il mare della Versilia e, poco più a occidente, realizzare che le Cinque Terre sono un luogo in cui acqua, terra e cielo si incontrano quasi per magia dando vita a qualcosa di inspiegabile e meraviglioso allo stesso tempo. 

Hai visto mai… il primo sentimento di stupore misto a immediata nostalgia è dedicato al mio paese, al paese cui, seppur solo per qualche giorno, sto preferendo una scappatella irlandese.
Poi, al di là dell'arco alpino, la Francia vista dal finestrino dell'aereo è come ascoltare all'infinito "Meraviglioso" cantata dai Negramaro: bellissima ma di una noia mortale. Me ne convinco sempre di più: a questi hanno dato i campi di lavanda della Provenza e gli Aristogatti. Fine. La Francia è un esercizio di stile anche a millemila piedi di distanza.
Attraversata la Manica, per il Bomber è tutto Devonshire.

"Zeman, cosa vedi?"
"Campi. Colline basse e campi, tanti campi".
"Allora è il Devonshire".

E potrebbe davvero essere il Devonshire, non fosse che lo stesso dialogo si ripete sistematicamente ogni tre, massimo quattro minuti.
Poi, piano piano, superata l'immensa campagna del Devonshire che, davvero, sembrava non finire mai, avvistiamo Dublino, che ci accoglie sul far della sera, fresca e umida.


A NIGHT IN DUBLIN

Premetto che per descrivere Bomber non posso far altro che andare in prestito della favella dell'Avvocato Buffa, e lo farò. 

The King in the North

Sia io che l'altro compagno di viaggio, che per "esigenze formali e narrative" chiameremo "Nelson Mandela", ci accorgiamo illico et immediate che a Dublino il battito cardiaco del Bombardiere è differente e, fin dall'autobus che ci porta in città, mostra, indica, spiega, coinvolge, sembra un'audioguida. Sul perché faccia tutto questo in vernacolo toscano... non datur. 
Si muove per piazze e strade come fosse nel salotto di casa, del tempo che ha vissuto qui conserva quella lucidissima memoria muscolare che muove i suoi passi attraverso le strade e i quartieri di Dublino ma, soprattutto, che muove i nostri all'interno di una galassia di pub, da quelli più famosi in Temple Bar a quelli più laidi lungo le viuzze che tagliano la città. 
Con sguardo ribaldo e senza nemmeno mettere la quarta, entra nella fase “Got an idea, fuck'n idiot!”, e decide di attaccare nottetempo la città, offrendoci giri di pinte come se non ci fosse un domani e mettendo tutto sul “suo” conto, dove “suo” va letto tra mille virgolette.
Dublino è il suo regno: “The King in the North" è tornato a casa.
Tra una cazzata e un'altra (c'è Cisco che passa in bagno un eternità), il bilancio della prima sera è di 80 euro persi non si sa come (miei, tutti miei), un bicchiere spaccato (dal Bomber, non sarà l'ultimo), un esercente turco preso a male parole perché le patatine non erano salate e un negraccio che, poveretto, ci ha dovuto trainare in hotel con il ciclotaxi per almeno mezzo chilometro, per tre euro e cinquanta, ossia metà di quello che normalmente avrebbe richiesto.

Della città in sé non mi rimane tanto se non l'atmosfera dei pub che però, in verità, trovo molto commerciale, molto turistica. Del resto però, se vogliono sbarcare il lunario, bisogna che anche da queste parti vendano l'anima a chi ha le tasche piene di euro o a chi, come me, è Dottore e "ha l'obbligo morale di vivere al di sopra delle proprie possibilità".


A TRIP WITH THE KING IN THE NORTH

Dedichiamo la mattina successiva alla visita della città e, fortuna che l'ottima compagnia me la fa passare, perché fondamentalmente Dublino è una bella tritata di maroni.

Saint Stephen's Green
  • Saint Stephen's Green: un parco bello, ben curato ma triste. Paradossale perchè di uno spazio così verde il colore che mi rimane in testa è il grigio.
  • Queen of Tarts: Mandela ha la formidabile idea di colazionare con salmone alle dieci e mezza del mattino. Bene ma anche no.
  • Jesus SuperChrist Church, o con questo nome ci piace ricordarla: non ho annotato se si tratti della prima chiesa che abbiamo visto o della seconda, sconsacrata, all'interno della quale è stato ricavato un pub caratteristico dove ci siamo fermati per uno spuntino pomeridiano e qualche giro di birre. Primo caso: niente di chè; secondo caso: bene bene.
  • St. Patrick Cathedral: al di là dell'estetica e delle surreali ipotesi di Mandela circa la commistione tra stile gotico e romanico, va a referto solamente perché di due ragazze vestite con costumi di scena intente a recitare, una è tale quale a Sansa Stark. Cerchiamo di fotografarla insieme al nostro Stark, il Bomber, The King in the North, ma ormai è tardi e ha smesso i panni della teatrante: Sansa Stark ha finito il turno.

Winter is coming

  • Dublin Castle: bene ma non benissimo.
  • The Spire: un immenso ago che svetta in mezzo a Dublino: parliamoci chiaro, 'na merda.
  • Penney's: for typical fuckin Dublin shopping. Compro la maglietta che mi salverà la vita nei giorni che sarebbero venuti e tre paia di calze, di quelle che i vucumprà non trattano più.
  • Trinity College: un college.
  • Un Centro Commerciale con tutte le attività chiuse.


La Guinness Store House merita un capitolo a parte.

"Oh, Zè, hai visto le botti?"
  1. Scena. La ragazza cui chiediamo i biglietti è molto kind, ci guarda e ride. Mentre Bomber chiede informazioni di vario titolo, Mandela mi guarda:”Ma cazzo ride, guardala Zeman, che cazzo ha da ridere?”. Lei continua a studiarci, a temporeggiare con Bomber e a sorriderci. “No, davvero, Zeman, cos'ha da ridere?” Poi Bomber domanda il conto dei tre biglietti e lei lo interrompe:”Where are you from?”. Rispondiamo d'essere italiani e lei conclude nella lingua di Dante:”Allora sono 54 euro”. La ragazza è di Verona e aveva riso tutto il tempo perché aveva capito ogni parola che avevamo pronunciato, specie quelle riguardo a lei. Specifichiamo di essere di Maranello, paese che lei non conosce. Oh zia, è quasi la Capitale, cazzo hai ridere?
  2. Il tour del museo è  da “zero a zero”: l'unica parte interessante è quella su cui i miei compagni di viaggio mi costringonono a soffermarmi ossia la costruzione delle botti. Non so perché ma me lo ripetono cinque volte, prima che, estenuato, decida di approfondire la cosa. In effetti è l'unica cosa che salvo della visita.
  3. Alla fine della fiera paghiamo 18 euro per una Guinness sul terrazzo da cui si vede la Capitale in tutta la sua estensione. Capiamo che, se è la stessa musica, possiamo bellamente saltare il giro al Jameson Distillery.

Il clima irlandese si spiega con un adagio che, in un'altra vita, ho sentito a Liverpool:”Non ti piace il tempo? Aspetta cinque minuti: probabilmente cambierà.”. Infatti l'Irlanda più che essere uno Stato di Diritto, è uno stato mentale. Al sole s'alternano improvvise folate di pioggia che, oltretutto, colpiscono di stravento. Mi ero sempre ripromesso che, prima o poi, con la mia giacca anti-tutto della Quechua ci sarei andato in giro e, mai come ora, sono felice di averlo fatto. Il Bombardiere invece è a proprio agio, ben tollera l'incostanza del cielo, sarà che, come uomo, “è sul conflittuale”, e ben si identifica con le mutevoli condizioni meteo di questo paese.

Nel rientrare in hotel incontriamo alcuni ragazzi in attesa di entrare ad un concerto. Ci ripassiamo davanti quando usciamo e riconosco la voce del cantante: è quella di Matt Berninger. A nemmeno cinquecento metri di distanza, oltre un muro e probabilmente dentro un parco, stanno i suonando i National. Mi mangio le mani per non aver avuto nemmeno il pensiero di informarmi circa l'eventualità che ci fossero concerti a Dublino. 
Da segnare tra i to do's della prossima trasferta.

Next time, Matt. Next time


HEY GIRLS, LET’S GO DANCING?

La serata è corsara. Entriamo in ogni pub che abbia almeno tre scranni liberi e ci premuriamo di finire tutte le pinte che il Bomber, con consumata tranquillità, continua a mettere sul nostro tavolo e sul proprio conto. Il dispiacere di aver mancato il concerto dei National passa in cavalleria quando la band del locale suona gli accordi di Wonderwall e Don't look back in anger: bene bene. Mi rimarrà sempre in testa anche una straordinaria esecuzione acustica di Wrecking ball di quella cagna di Miley Cyrus: come può anche solo venirti in mente, mio caro musicante di Dublino, di interpretare una canzone così bella ma di così elevata difficoltà?


Invece, a costo di essere impopolare tra amici e conoscenti vari, le tradizionali ballate irlandesi mi fanno veramente cagare, sono insopportabili. Più che ascoltarle è piacevole vedere le ragazze del posto che riescono a danzarle con la pinta in mano senza nemmeno versarne un goccio per terra.

Conoscere ragazzi e ragazze è molto facile. Se c'è chi attacca bottone tirando in ballo Mandela, io vado sicuro con i weltmaisters tedeschi e con la nutrita schiera di scousers (con cui, da bravo milanista, pesco dal cappello alcuni ricordi in comune di cui chiacchierare). Tuttavia se il Bombardiere padroneggia egregiamente la lingua del pardo Shakespeare, il mio concetto di rem tene verba sequentur è da rivedere: è un sì, ma con diverse sfumature di grigio. Capisco il 90% di quello che mi dicono ma mi esprimo in inglese meglio al bar di paese dopo una sbronza solenne che qui.

Dopo aver bevuto come dei bimbi piccoli dalla tetta di mamma e aver speso in una sera quello che ho speso solamente in almeno due o tre dei miei week end più ruggenti, il Bombardiè allontana lo spauracchio del letto entrando in modalità “fancy dancing?” e chiedendo ad ogni ragazza che abbia anche solo le scarpe allacciate:”Hey girl, let's go dancing???”

Maradona gioca con noi: si chiama Fabio Tugnoli

Usando un paragone calcistico, Bomber è come Maradona ai Mondiali dell'86, immarcabile e trascinante. È altresì vero che vive anche momenti da minus habens o da “Basaglia, mortacci tua!” quando, fuori dall'ultimo pub che ha la sfortuna di ospitarci, scaraventa un bicchiere tra la gente nel bel mezzo della via, dileguandosi con un:”Sorry 'bout that!” che lascia diversi m'è d'àvis in sospeso.

Prossimo episodio: viaggio verso Galway e Isole Aran.
Stay tuned...

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