Trentino Alto Adige - Last known surroundings


PICCOLI MONDI ANTICHI 
(90'S SO 90'S)

Prima di poterne parlare come degli ultimi scenari conosciuti, i luoghi del Trentino Alto Adige si sono sempre legati ai miei ricordi di quando, da monello, le vacanze scolastiche volevano dire campi parrocchiali estivi ed invernali, le prime settimane lontane dai genitori insieme agli amici d'infanzia, tra Messe (tante) e coppie di calzini (fin troppe) che, al ritorno a casa, non ho mai capito come o perché, trovavo quasi sempre tutte spaiate, con inevitabile gioia (sarebbe meglio dire: rassegnazione) di mammà.

Fanculo i fashion bloggers, mi vestivo già da Dio

Più o meno sotto traccia erano anche i tempi dei primi approcci all'altra metà del cielo, spesso goffi e inconcludenti ma che sembravano romantici e cavallereschi, forse perché quando hai sedici anni, fuori c'è il sole, un bel musetto comincia a farti difetto ed è appena uscita Sex dei Negrita, non c'è nulla da domandarsi, tutto appare paradossalmente naturale, e per quanto tu sia ancora distante dal concetto per cui “gira che ti rigira, e la puoi rigirare all'infinito, è sempre una questione di gonne”, ti ci trovi dentro con le scarpe e tutto: hai smesso i baffi da latte e non te ne sei nemmeno accorto.


Ma non solo: l'aria buona, quella che non respirerai mai più se non quando ripasserai da lì, e sarà la prima cosa che i tuoi sensi percepiranno distintamente; queste case, pardon, masi, in muratura e legno, tanto legno, legno ovunque; le stanze con la moquette verde che diventerebbero sicuramente un inenarrabile trionfo di colori ed odori dovesse capitare di vomitarci sopra, e infine montagne fin quante ne vuoi, innevate, inverno estate no matter what. 

Poi il vuoto, un lunghissimo vuoto. Perché in Trentino e in Alto Adige non mi ci sarei mai più fermato, se non due giorni, quando, passato dall'altra parte della barricata dei vent'anni, m'era stato chiesto di far l'animatore dei ragazzi della Parrocchia. Beh, sì, ora che ci penso, ci ero tornato proprio per quella ragione ma era ancora qualcosa legato alla sfera dell'oratorio, qualcosa di familiare, di ingenuo, da “Piccolo Mondo Antico”.




















PARENTESI DANUBIANE
(ANNI ZERO)

Il Trentino Alto Adige e, nella fattispecie il Brennero, sarebbe diventato nulla più di un ineluttabile passaggio tra la periferia modenese e le brauerei mitteleuropee, con brindisi alla salute mia e di quella dei compagni di ventura, la gita a Vienna in quinta Liceo, l'Allianz Arena a seguito del Milan (quando il Bayern non era ancora il Wunderteam che sarebbe poi diventato) e l'Addio al Celibato di Berta a Monaco.


Marien Platz: te regordi?

Dall'Austria, e ne è da sempre la sua più grande fortuna e, parimenti, la sua più grande sfortuna storica, ci si deve passare. Ed io rammento bene, come fosse un ricordo trapiantato artificialmente, quasi un sogno, perché solo in una dimensione onirica possono combinarsi assieme ingredienti che non s'abbinerebbero l'uno con l'altro neanche per sbaglio, un autogrill nel bel mezzo del Tirolo austriaco (o in the middle of nowhere, ma un nowhere dalle temperature artiche), ore sette del mattino, dove io e altri due tangheri del Frignano (quelli nella foto sopra allegata) pasteggiavamo a bensone e birra. Credo fosse il 2004 o giù di lì, si tornava da Monaco, dove il Milan aveva giocato contro il Bayern: era finita 1 a 1, Shevchenko per i rossoneri e rigore di Ballack per i bavaresi. Preistoria moderna.

Il suddetto episodio non è poi così buffo se confrontato ad altri, perché ci ho pensato più di una volta e quel che è veramente spassoso è che penso d'essere l'unica persona al mondo a poter dire con “cognizione di causa” d'aver visitato le più importanti città d'Austria in stato di pura ebbrezza. Inutile dire che io non potrei mai essere un testimonial di Lonely Planet e nemmeno uno che potrebbe consigliarvi dieci cose da fare già che siete tra il Brennero e la Baviera. Non che sia per me motivo di vanto, si badi, ma così potrebbe sembrare, se vi pare.

Nella Bassa Padana nelle balere estive coppie di anziani che ballano vecchi valzer viennesi


Vienna in gita di classe al Liceo: tutto ok per quattro giorni, ma spiegatemi chi mi ha fatto la valigia l'ultima sera dopo essere rincasati da quella discoteca scrausissima e sarò lieto di pagarvi da bere per almeno un mese. E no, come risposta non vale dire:”La provvidenza divina”, la mia borsa era sfatta la sera prima di partire, era perfettamente ordinata la mattina seguente.

V D - Liceo Scientifico Alessandro Tassoni di Modena

Innsbruck: per dire di no a una birra in Austria ci vuol della determinazione e io quella mattina di due anni fa, volente o nolente ce l'ho avuta. Un'ora nel bagno del locale con Parru che dall'altra parte della porta mi chiedeva, come se fossi l'unica persona cui rivolgersi delle quindici che erano con noi:”Zeman, capisco che è un brutto momento, ma Cawa è rimasto senza soldi, bisogna che tiri fuori venti euro anche per lui perché io, per un disgraziato così che s'è perso a Monaco, e che solo per miracolo non è rimasto lì, non ce li metto mica, ve'!”. Ho fatto qualche foto giusto per poter ricordarmi d'esserci stato.

Riccardo "Capitan Futuro" Cavani

Salisburgo: son certo d'esserci passato, il fatto che non ne conservi memoria è tragicomico, tra il divertentissimo e l'angoscioso. Ho solo un flebile amarcord di aver dato la caccia, insieme ai miei amici di scampagnata, a qualche bel culo. Cui fare giusto delle foto, si badi.

Klagenfurt: se ci sono un fiume o un lago, mi ci son fermato, ci ho pure mangiato e forse ci ho comprato anche un paio di occhiali da sole, che è un mio grande classico: c'è chi compra palle di vetro, chi calamite per il frigo, io compro occhiali di sole di dubbio gusto. Ah, cosa ho mangiato? Beh, pizza, cosa vuoi mangiare sennò, a Klagenfurt? Tra l'altro con Tujo, e chi lo conosce può ben capire che valore possa quindi avere avuto quel pranzo.

Graz: al netto di corsi o specchi d'acqua idem, ma questa volta mit Bier und Kartoffeln.


LAS VON TRIENT 2.0
(A.D. 2013)

La canzone che dà il titolo al post, inseparabile colonna sonora dei miei viaggi
Tra l'altro, neanche a farlo apposta, quella porta chiusa è perfetta didascalia figurativa di quanto andrò "tosto" a raccontare

Dopo tutta questa sbabbelata introduttiva che non serviva a un benemerito cazzo se non a fare un po' di colore, il presente post per raccontare di quanto successomi qualche tempo fa, nella sauna di un centro benessere nei dintorni di Cavalese.
Ma, as usual, partiamo dal Paleolitico Medio.

Dopo aver visitato in lungo e in largo Toscana, Umbria, Marche e Langhe, ed aver così esaurito i luoghi che considero passibili del mio favore e del mio interesse, se non altro culturale, gastronomico o naturalistico, l'anno scorso ho deciso di sfruttare in Trentino uno dei mille mila smart box che erano stati regalati a me e alla mia compagna d'armi e d'amore.
Visitata Trento, pranzato con spatzle, carne salada e teroldego (wunderbar!) in un ristorante consigliato da “tripviso” (come lo chiamano gli operai terroni della Ferrari) e trasferito in un maso a qualche chilometro di distanza, a fine giornata le scene da segnare a referto erano due.

Piazza Duomo, Trento

La prima che fa da coda a quanto scritto nel capitolo precedente, ossia che, nel dirigersi verso l'alloggio, avevo interrotto la conversazione con donna Amadori cominciando a guardarmi intorno, alla ricerca di un appiglio visivo, qualcosa che mi spiegasse perché quel posto mi paresse conosciuto, un know surrounding, tanto per restare in tema con il titolo del post.
“Cos'hai? Come mai hai smesso di parlare?”
Avete presente quando Gandalf, al trivio delle miniere di Moria, deve decidere quale galleria imboccare e, trovandosi in enorme difficoltà, se ne esce con un arrendevole e perentorio:”Non ho memoria di questo posto”? Ecco, tutto il contrario: io avevo memoria di quello che mi circondava, solo che non era così lucido, era come se stessi cercando le nuvole in mezzo alla nebbia.
“Io qui ci son già stato, solo che non mi ricordo quando”.
Poi, all'improvviso, un flash, un'immagine si staglia tra i miei ricordi frammentati: un benzinaio con tanto di bar e bagno esterno.
Ecco spiegato tutto.

Non fraintendete: è tedesco, significa  IL BERTA, IL.

Correva l'anno 2012, era tardo Luglio e stavamo andando a Monaco di Baviera per festeggiare l'Addio al Celibato di Berta. L'Autostrada del Brennero era intasata, l'unica soluzione sembrava uscire e rientrare in prossimità del confine. Già all'altezza di Reggiolo c'eravamo premurati di esaurire tutte le scorte alcoliche presenti all'interno dello sfortunato pulmino che ci stava conducendo oltre le Alpi, e anche dopo aver saccheggiato una serie di autogrill (hai detto mai? vuoi non fermare la carovana se qualcuno ha da pisciare tutte le birre che ha appena comprato?), avevamo ancora una sete orrenda che ci stava divorando dentro.

Adesso posso bere quanto cazzo mi pare!
Senza vederti impazzire, senza dovermi sfibrare,
e, soprattutto, senza, con gesta quotidiane,
richiamare l'attenzione delle forze dell'ordine!

Decidemmo quindi di fare scalo nel primo bar che incrociammo nei dintorni di Trento. Più che una compagnia di amici sembravano il carrello dei bolliti, e non erano nemmeno le undici del mattino. Saremmo dovuti arrivare a Monaco a ora di pranzo; per traversie che non starò a raccontare qui, avremmo attaccato la città bavarese solo al crepuscolo.

Uno dei pochi documenti audiovisivi recuperati dai cinegiornali di guerra dell'epoca

Ebbene, il bar in cui ci fermammo era proprio lì davanti, dove io la mia compagna stavamo transitando in quel momento.
Non credo avessimo fatto una grande impressione ai gestori. Di sicuro non la fece Parru che approfittò della credenza delle paste come fosse un buffet 5 € all you can eat, non Cawa che trasformò il bagno esterno in una succursale di Emiliana Spurghi e nemmeno Baldo che ebbe la brillante idea di offrire un giro di grappa a tutti i presenti, compresi i clienti abituali del bar. Insomma, un casino del '32, che io, con la complicità di parecchi neuroni rintanati in soffitta, avevo completamente rimosso.
Transeat.

La seconda invece era avvenuta nello spazio wellness del maso in cui eravamo alloggiati.
In realtà non c'è da raccontare nulla, l'argomento è esclusivamente propedeutico a quello che sarebbe avvenuto un anno più tardi. Comunque sia, io non ero mai stato in una sauna, proprio lì fu la mia prima volta e mi piacque tantissimo. 
Prima d'entrarvi m'ero letto tutte le regole da rispettare e le avvertenze da seguire. 

Semplici solo all'apparenza, preferisco il regolamento della Formula 1

Nonostante fossero indicazioni molto semplici, io ci avevo capito 'na mazza. Diciamo che se avessi avuto la possibilità di seguire qualcuno più esperto, avrei acquisito tutti i passaggi meccanicamente, ma nel suddetto modo m'ero perso alla terza immagine e mi risultavano più comprensibili le figure che sulla lavatrice mostrano come lavare i capi a 60°. Non importava, so che fu una bella esperienza, che avrei ripetuto volentieri qualora fosse ricapitata l'occasione.


AUSGANG: BOZEN
(A.D. 2014)

Piazza Walther, Bolzano

Passiamo al tempo presente per esigenze di narrazione.

L'occasione non tarda a ripresentarsi. Altro Natale, altro regalo; altro regalo, altro smartbox.
Questa volta decidiamo di andare a Bolzano, visitare l'enclave tedesco su suolo italiano per poi spostarci in un maso nei pressi di Cavalese, più precisamente a Tesero.

Rimango molto colpito dalla città. Già Trento mi aveva fatto una strana impressione. Infatti, pur essendovi quel giorno un mercatino dell'antiquariato molto affollato, regnava un'atmosfera silenziosa, tutta il contrario di quella che si sarebbe percepita, a parità di bancarelle, se le latitudini della penisola fossero state più basse. Bolzano non si discosta di molto, anzi. Pur essendo molto viva, con barettini gremiti che s'affacciano sulla piazza principale e vicoli curati pieni di passanti ed avventori, risulta molto quieta e ovattata, ha quel non so che di tedesco che inevitabilmente la differenzia dalle altre città italiane, dove caos è vita, dove prima ci si urla addosso e poi ci si spiega (fine del "Momento Favio Bolo"). 
La doppia lingua (quando non tripla, va sempre addizionato anche il ladino) è visibilmente e sonoramente tangibile. L'orgoglio pangermanico, se così si può dire, è molto forte: basta sedersi di fianco al tavolo di alcune ragazze appena uscite da scuola, che non le si sente spiccicare una parola in italiano nemmeno per scommessa persa, dialogano unicamente nella lingua di Goethe e ci mancherebbe altro.
Per curiosità prendo un quotidiano locale e faccio finta di leggerlo. Presto attenzione ai necrologi in fondo alle pagine, l'unica cosa per cui non ci sia bisogno d'aver fatto un liceo linguistico: i membri delle famiglie che si stringono ai propri defunti sono "imbastardite", hanno cognomi tedeschi e nomi italiani, e viceversa.

Per un'associazione di idee ai limiti della patafisica mi viene in mente il mondo magico di Harry Potter, diviso tra la minoranza delle famiglie babbane, quelle purosangue, e la maggioranza delle famiglie di più basso lignaggio magico, quelle non babbane. Deve essere qualcosa di simile anche qui: la distinzione, fatte le dovute proporzioni, è netta ma, a suo modo, stringente. Perché così vanno le cose e così devono andare, carne e sangue non fanno discriminazioni di lingua o appartenenza etnica, per cui un certo maquillage c'è, ci deve per forza essere, è naturale, ma a tratti pare velato, per altri versi proprio malcelato.


Stabilisco quindi che, non appena tornato a casa, avrei compiuto ricerche riguardo alla cultura bolzanina, la cui storia doveva obbligatoriamente essere stata declinata in un modo del tutto diverso rispetto a quella di qualsiasi altra realtà italiana.
Per la cronaca avrei trovato un romanzo di Lilli Gruber (che forse non tutti sanno essere una bozner purosangue né sanno il vero nome di battesimo: Dietlinde) da cui avrei deciso di partire.
Avrei esitato a prenderlo perché si sa, uno cerca su Amazon una roba che gli serve, poi ne compra altre dieci che non gli servono e finisce senza un soldo bucato sulla poste pay; tutto questo ambaradan per accorgermi che quel libro, "Eredità", era sempre stato su un mobile a casa di mia zia, lo avevo sempre maneggiato mentre facevo due chiacchiere con la nonna, ma non ne avevo mai letto nemmeno il sottotitolo.

Nulla avviene per caso

Nel primo pomeriggio ci trasferiamo a Tesero.
È tutto come lo avevo lasciato da bambino: i miei last known surroundings di una dozzina di anni fa.
L'aria pulita, fresca e secca, percepita distintamente, i masi in legno e muratura, le stanze con quell'orribile moquette verde che mi ora mi dà un senso di caldo e polvere che preferirei girare a piedi nudi nella doccia dello spogliatoio della Polisportiva, e infine montagne fin quante ne potrei volere, completamente bianche, e pensare che è già primavera inoltrata.
Non sono un grande fan delle Alpi ma la bellezza è maestosa, quasi sconvolgente: facile rimanere affascinati dai passi che uniscono e separano le splendide e immense vallate, quasi gli uomini avessero dovuto dimostrare di aver ragione della natura. con risultati incerti perché le strade fiancheggiate da muri di neve alti un metro, in piena primavera, raccontano tutt'altra storia.

A Tesero veniamo sontuosamente accolti da maitre et maitresse vestiti alla trentina che ci spiegano le regole del gioco: camera, centro benessere e cena. A tempo di record ci fiondiamo nella sala massaggi e quindi in piscina. In realtà non è un granché, ma il panorama tutto intorno è da mozzare il fiato. Guardando fuori dalle vetrate che separano il centro benessere dalla natura circostante, riconsidero la mia generalizzata antipatia per la montagna: cado nella banalità del riconoscere, come se ne ce fosse davvero bisogno, che l'Italia avrà tutte i debiti sociali, economici ed etici di questo mondo, ma Madre Natura li ha saldati tutti in un colpo solo, donando ad ogni regione (vabbè, al Molise e alla Basilicata no) qualcosa di unico, un piccolo ecomondo che racchiude completamente le bellezze paesaggistiche di intere altre nazioni.

Tesero by nite

Donna Amadori, quando non sguazza in acqua, mi maledice perché il libro che le ho preso da leggere durante la fase relax non è di suo gradimento:"Zè, ma secondo te 'Il fu Mattia Pascal' è un libro da leggere in un centro benessere?"
Dandoci una veloce scorsa mi rendo effettivamente conto che in quella data situazione la nuova vita di Adriano Meis è più pesante di una messa cantata, ma cazzo, Pirandello scriveva bene per davvero.

Io mi chiamo Mattia Pascal
Grazie, caro. Questo lo so.
E ti par poco?


GO TO THE SAUNA: EXACLTY THE SAME. WE GO AGAIN!
O FORSE NO?

Non vorrei essere nato da nessun'altra parte se non a Liverpool

Arriviamo alla portata principale: la sauna.
Ricordando la bella esperienza vissuta l'anno precedente, individuo lo spazio dedicato alla sauna e al bagno turco. Leggo tutte le raccomandazioni del caso affisse alla porta d'ingresso, ma è del tutto inutile, se non le avevo capite nell'altro Maso, figurarsi in questo dove sono raffigurate addirittura più immagini. Di tutte le indicazioni rimango colpito da quella destinata a cambiare colore al cavallo:"In questa sauna si pratica nudismo, si pregano quindi gli ospiti di portare reciproco rispetto", suggerimento che sono certo non comparisse (né del resto avevo visto mettere in atto) nel centro benessere dell'anno prima. La notizia mi carica a palettoni, ma, attenzione! non perché mi tornano alla mente le quantità industriali di voyeurismo di infima tacca con cui i film di Lino Banfi mi hanno felicemente cresciuto, quelli in cui i liceali sbirciano le compagne nelle docce, ma perché, fosse per me, girerei come mamma m'ha fatto vita natural durante.

Dio benedica Gloria Guida

Non che io sia un un Signor Tentenna ma la carnagione diafana da sbronzone inglese e qualche pelo antiestetico sulle spalle mi mettono qualche scrupolo nel decidere di cavarmi giù. Faccio una rapida valutazione spannometrica giudicando le fattezze delle persone a bordo vasca, che presumibilmente più tardi approfitteranno della sauna, considerandole quindi un buon campione di quelle che potrebbero essere già dentro. C'è qualche signora a mezza via tra un divano fine anni '80 e una rezdora emiliana avanti con gli anni, "famiglie Brambilla in vacanza" (100 kg cad ciascun componente, compreso il nipotino di sedici anni) che non credo s'azzarderanno ad esibire pubblicamente le loro grazie, e incroci davvero malriusciti tra uomini ed orsi. Stabilisco dunque di iscrivermi alla gara di nudismo pure io che, se questo è il campionario, non farò poi 'sta gran figura di merda! 

Bandite le paranoie, varco dunque la porta d'ingresso, pronto a levarmi i boxer non appena compresa la geografia della sauna. Entro ma è già troppo tardi per realizzare da che parte gira il fumo. Davanti ho quattro sdrai, due di questi occupati da ragazzi dal fisico statuario e i restanti dalle loro compagne, due pezzi di figliole senza senso da hats off, sirs. Tutti e quattro senza alcun velo, ovviamente.
Intravedo quattro saune, dislocate agli angoli di questo ambiente invero immenso; e pensare che da fuori non sembrava così. Mi domando il perché di tanta abbondanza: lo avrei capito solamente in seguito. Mentre cerco un attaccapanni, o qualcosa che lo ricordi, una coppia mi transita dinnanzi con consumata tranquillità. Entrambi ignudi, sembrano quasi la dimostrazione che, dannazione, oggi anche gli angeli hanno un sesso e si son dati appuntamento proprio in questa sauna solo per farmi dispetto.

Mi trovo costretto a rivalutare la mia self-confidence fisica: a parte i difetti accennati precedentemente (accantonati con una buona dose di menefotto), verso comunque in uno stato di buona forma, 78 chilogrammi per un metro e settantasei, non proprio il top ma ai limiti del miracoloso considerando la cucina Amadori, vanto anche una vistosa ferita sotto al ginocchio destro (maledetto me, il Calcetto & #wellness e il vizio di intervenire in scivolata sui campetti d'erba sintetica) che potrebbe darmi un tono da uomo vissuto o da Niko Bellic dopo una sparatoria, e anche il boxerino fa molto Project Runway collezione estiva.


Finalmente individuo dove poter appoggiare i boxer, prendere un asciugamano ed accedere ad uno dei bagni. Mi avvicino e, come comparisse dal nulla, mi si para davanti un'altra coppia col mio stesso intento, più lesta di me nello spogliarsi. Il ragazzo si sveste con la grazia del porco, mi ricorda me quando butto per terra la maglia dopo una brutta sconfitta a calcetto, mentre la lei di turno si mette in libertà con la stessa disarmante rapidità con cui io spreco i miei soldi al bar di venerdì sera. La ragazza mi prende inevitabilmente in contropiede, non solo perché, cazzo, tu e il tuo ragazzo mi avete rubato la gruccia e il bagno, ma avvertimi, buon Dio, che ti stai spogliando proprio davanti a me, dimmi, che so, uno "Scusa, ti dispiace?" mentre l'unico "scusa" che mi rivolge è:"Scusa, hai finito di fissarmi?" perchè, senza volere, inebetito dalla scena, mi ritrovo a guardarla con lo stesso fare della vacca che guarda il treno passare.

Alzo una mano come a scusarmi, ma è come mettere un cerotto su una gamba di legno, e li vedo dirigersi nella sauna davanti. Mi convinco che, fondamentalmente, dopo questo scambio di battute, possiamo dirci quasi amici, per cui mi sento legittimato a seguirli nel bagno a vapore in cui sono appena entrati. Tuttavia, prima di scoprirmi, m'accerto che ci sia posto anche per me, ma se lì dentro due son pochi, tre sarebbero davvero troppi, dato che questi ragazzi hanno ben chiaro cosa significhi "fare le cosacce". Hanno iniziato a darci dentro con grande maestria e non finiranno qui, ma quello che sarebbe successo avrà ragione d'essere spiegato più avanti.

Realizzo allora perchè ci siano ben quattro ambienti separati, e capisco che si tratta di un motivo molto semplice: l'intimità. In che maniera venga poi coniugata, beh, questo è un altro paio di maniche ma di certo i miei nuovi amici, complici i vetri offuscati dal vapore, ne hanno un'idea molto precisa.
Nel dirigermi verso altri bagni, e nel cercare altri appendiabiti (o appendiboxer, che dir si voglia), m'accorgo di non essere il solo ancora vestito e il solo ad aver perso la trebisonda. L'unica cosa che ancora stona sono i corpi delle signore e dei signori presenti in questo spazio, tutt'altra roba rispetto alla raccolta di casi umani là fuori, che con tanta cura avevo passato in rassegna prima di decidere di ficcarmi in questo ginepraio di busti scultorei e di donne che tutto sembrano meno che le pie donne alla novena di Maggio.

Come idea

Con precisione chirurgica controllo ogni bagno, ma risultano tutti occupati; e poi ci si mettano il vapore, le luci soffuse e la mia vista da Top Gun, spreco le figure da cioccolataio in cui scruto attraverso le vetrate ricevendo in cambio sguardi di profondo odio. Ad ogni modo c'è più gente qui dentro che in tutto il Trentino, e non m'attento ad entrare in nessuna di queste saune perché vedo il sorgere o l'evolversi di situazioni molto simili a quella raccontata in precedenza, per cui, volendo evitare di entrare con gli stivali infangati nel giardino degli altri, mi rassegno a rimandare a data da destinarsi il mio tanto agognato bagno al vapore.

M'appropinquo dunque verso una saletta attigua alle docce dove poter rilassarsi ulteriormente e bere qualcosa. Dire che qui è bellissimo è comunque poco. C'è ancora un sole splendido e caldo, e tante coppie passano direttamente dalla sauna alla jacuzi esterna nel cortile adiacente, disposta in una posizione strategica tale che sembra farsi abbracciare dalle montagne innevate e dai boschi tutti intorno.


THE END HAS NO END

La sagra del "È tutto vero?" non finisce qui. Nel frattempo vengo raggiunto da Lady Amadori che, mal sopportando la caldara, si stravacca sul primo sdraio che trova libero nella saletta relax a fianco dei bagni, riprende a leggere "Il fu Mattia Pascal" e tanti saluti a tutti: è nel suo mondo e non s'accorgerebbe nemmeno se fuori scoppiasse la guerra, figurarsi se qualcuno ha scambiato questa sauna per una location di Porno Valley.
Mentre scruto il panorama, reso ancor più fiabesco dalle fioche luci della sera e magico da quelle calde dei lampioni che cominciamo ad illuminare lo spazio esterno, eccolo, è proprio lui, GIORGIONE WEAH, ne riconosco la falcata!

Duddo bene?

O meglio, come idea, la scena che vivo è la stessa rappresentata dall'attaccante liberiano nella reclame: una ragazza di colore, rasata, così bella da sembrare finta, mi passa davanti con una leggiadria tale da non provocare il minimo rumore o sollevare un granello di polvere. È come la nuova Golf: non le manca niente. Oddio, una taglia in più di reggiseno forse sì, ma poco importa, quanta salute! questa non ha mai avuto neanche un giradito. Per cui, davvero, se avesse chiesto ad ogni persona presente qui dentro, me in pimis:"Tutto bene?", la conclusione della sua breve ma intensa sfilata non sarebbe stata diversa da quella della pubblicità.

Come direbbe però il mio amico Obama:"The best is yet to come!" e non si tratta della "famiglia Brambilla in vacanza" di cui sopra che, nonostante tutti i nonostante, decide di accedere ai bagni a vapore con tanto di nipote sedicenne al seguito, il cui drastico salto dal latte della Lola alla consapevolezza sessuale avrà, in comune con il mio, solamente i confini geografici, perché qui non c'è alcun passaggio naturale ma solo una nutrita mischia di ormoni che girano a mille e confondono le idee (o le rendono ancora più chiare, scegliete voi).
Il meglio deve ancora venire, dicevo, ma non tarda a presentarsi.
Da uno dei quattro ambienti isolati escono i miei due horny friends che hanno appena concluso i preliminari, a giudicare dalla compostezza con cui s'atteggiano, paiono me dopo aver confuso gradazioni alcoliche. Si docciano, indossano i costumi e si dirigono verso la jacuzi in cortile, la quale, tra parentesi, costa il non modico prezzo di 10 euro all'ora. Soldi spesi malissimo, i loro, perché entrano nella vasca con una fotta senza pari, girano un mezzo film porno con evoluzioni che manco i bulgari di Mai dire gol e, dopo cinque minuti, escono con la stessa furia di chi ha il diavolo alle calcagna o ha necessariamente urgenza di finire in in maniera più riservata quello che ha iniziato in luoghi non proprio consoni.
Spinto da un insano ma inevitabile voyeurismo (quello che m'ero, troppo sgarbatamente ed ingenuamente, precluso prima di entrare in sauna) mi godo tutta la gag dalla vetrata, sorseggiando con calma olimpica la mia fresca limonata nella speranza che, ora che la jacuzi è di nuovo libera, qualche altro coppia ugualmente arrapata regali momenti di altrettanto grande televisione.

Ma ormai il sipario è calato, dopo la "famiglia Brambilla in vacanza" entra un'altra coppia. Lei sembra quella che Berta definirebbe "una donna montata male" mentre lui, al netto dei piedi pelosi, sono certo sia Frodo Baggins. Unica nota di merito che depone a loro favore: sono di Sassuolo.
La festa è finita, gli amici se ne vanno, non c'è più nulla da vedere e anche noi torniamo ai nostri posti.

Fa ridere anche quando non è lui a far ridere

A ora di cena (e che cena!) sfilano gli uni via gli altri tutti i protagonisti che ho visto nella sauna. Non so, stasera fa strano vederli tutti impeccabili nei loro abiti eleganti e con questo fare signorile. Nella vita e sul lavoro saranno tutti professionisti, d'accordo e nulla da eccepire, ma ripensare alle scene da baccanale che mi hanno regalato -sarà la mia mentalità provinciale o sarà quell'istinto voyeuristico mai sopito che devo a Lino Banfi- me li fa vedere sotto tutt'altra luce, non sembrano per niente quegli animali a sangue caldo che ho visto in manovra.
A giudicare dall'eleganza, dalle movenze e dai modi, credo siano tutti impiegate e impiegati come me, bancarie e bancari, avvocati e segretarie, dottoresse e dottori, ingegneri o, comunque sia, tutta gente da ufficio con cui ho a che fare di continuo, al di sopra di ogni sospetto e che mai e poi mai potrei immaginare in certe situazioni. Oppure, con qualche volo pindarico nemmeno così audace, potrebbe esserci anche chi ha preso la donna, non necessariamente la sua, per consumare il clandestino amore lontano da occhi indiscreti, ma poco cambierebbe, è gente di un certo livello, si capisce dal fatto che son tutti uguali: 'na faza 'na raza.
Ma del resto, come si dice? È l'acqua cheta che rompe i ponti e loro ne sono il perfetto esempio.

Prendere nota: prossimo giro a donna Amadori (ammesso e non concesso che sia ancora lei quella che mi sopporterà) non le prendo nessun libro, o di sicuro non di Pirandello, e le faccio passare il mal di caldara.
La sauna, con eventuali annessi e connessi, s'ha da fa', fine del film!


DANKE SCHOEN UND AUF WIEDERSEHEN

Direi che sia tutto, grazie per l'attenzione, de hoc satis et ad abundatiam.
Ultima raccomandazione. Se fate quattro passi fino alla frontiera e c'è ancora la neve, chiedetemi di un Maso spettacolare dove fanno un gulash e delle costine di brontosauro da giù di testa. Si mangia all'aria aperta e, col sole alto e le montagne imperiose a far da scenario, sembra di essere in un altro mondo, un piccolo mondo antico che esiste e resiste: last known surroundings erano, last known surroundings sono rimasti. Ah, dimenticavo: a fianco c'è una bottega che vende lo speck migliore al mondo.

Per Chef Amadori è sì, specie l'impiattamento

Per il resto, come dicono da quelle parti e per chiudere in bellezza questi rigurgiti sconclusionati di Sturm und Drang di provincia, buttati nell'articolo un po' alla carlona e un po' (spero) con una lontana parvenza di senso compiuto mi sembra d'obbligo chiudere con un pezzo di Milva scritto da Battiato, reinterpretato dai Ministri e diretto da mastro Morgan: danke schoen und auf wiedershen!


Sai che di inverno si vive bene come di primavera?
Sì sì, proprio così.


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