Viaggio nelle Marche - Pochi vivono la geografia come me


INTRO

Il Parco di Kipo

Il 20 Agosto nei pressi di Montefano, Marche, scrivevo questo status su Facebook, in cui cercavo di racchiudere in poche righe le mille riflessioni che la vacanza mi stava suggerendo e che mi si stavano accavallando nella mente.

“Ho conosciuto le Marche per lavoro (quindi nel modo peggiore possibile) e le avevo bellamente trascurate, le ho riscoperte da uomo libero quasi per caso, e ora, passando qualche giorno sulle colline vicino a Macerata, m'accorgo di alcune cose. Un'infinità di paesaggi (campi di ulivi, viti e girasoli), borghi antichi e meravigliosi tutt'intorno e il mare all'orizzonte. Non a caso Leopardi indovinò la parola: infinito. Considerando che la gente è cordiale e compassata, la parlata fa impazzire, il vino rosso è buono e non picchia, e i prezzi sono fermi a dieci anni fa, non ha proprio nulla da invidiare alla Toscana, anche perchè qui non ci sono stranieri che girano vestiti a merda. Prima che arrivino gli inglesi a trasformarle nella loro nuova campagna oversea, io ve le consiglio caldamente.
Ultima cosa. In una via di Macerata c'erano tre negozi di libri e due di cd; tradotto: come schivare tutte le bellezze di una città d'arte perdendo mezzore a scartabellare vinili e cd, #placetobe

Gli status chilometrici, quando scritti ogni tanto, per non dire una volta a settimana, o ancora meglio una volta al mese, s'arrischiano a diventare più interessanti della semplice battuta, della frase fatta o della classica citazione facebookiana, se non altro perché, per dovere di sintesi, chi scrive è costretto a ridurre parole e pensieri, quasi fosse un telegramma senza stop, ma arricchendo di contenuti significativi quelle poche righe, riempendole come fossero chicchi d'uva.

Solo una volta ho redatto una sorta di diario di bordo di un mio viaggio, e mi è sempre dispiaciuto non aver ripetuto la cosa con gli altri.
Ora che però ho un po' di tempo, vorrei approfittarne e scrivere di questa vacanza sulle colline marchigiane nei dintorni di Macerata, cominciando il racconto, come mio solito, dal Paleolitico Medio, e arrivando di traverso ad un punto imprecisato in the middle of nowhere.

Campagne tra Montefano e Osimo: colline fin quante ne vuoi


A REBOURS

Se la memoria non mi inganna correva l'anno 1998 e avevo 17 anni. Da segnalare che era appena uscito METALLO NON METALLO, disco incredibile dei Bluvertigo, che ascoltavo in maniera ossessiva. 


La Parrocchia aveva organizzato un campo estivo al mare, o per lo meno così ce l'avevano raccontata, presso un casolare messo a disposizione dalla famiglia del nostro caro amico Bomber. In realtà si trattava di un casale sulle colline di Fermo, nelle Marche, a circa un quarto d'ora dal mare, per cui ogni volta che si decideva di andare in spiaggia occorreva che Don e animatori si mettessero di buzzo buono e ci portassero là con una Uno Bianco scassatissima e il mitico Ducato Combinato che, dopo aver affrontato code bibliche in autostrada, ben si disbrigava negli stretti vicoli dei borghi intorno, tra le cristianissime madonne di Paolo Maffo.

Fu in quei giorni che, senza saperlo, mi innamorai delle Marche.
Ho ancora negli occhi una scena che mi è sempre rimasta in mente e che penso di avere raccontato a tutti, a Gavioli penso di avergliela detta almeno una quindicina di volte.




Il casolare era in mezzo a campagna e s'adagiava sul versante di una rigogliosa collina. La faceta idea di tutti noi ragazzi era che quella fosse la valle degli orti, e forse lo era veramente.
Era una notte di Luglio e c'era caldo. Nonostante le grosse mura di quella vecchia abitazione che avrebbero dovuto mantenere il fresco al suo interno, la canicola di quell'estate era pesante e tutte le finestre erano aperte perché entrasse un filo d'aria.
Su una di queste era appoggiata una candela, il cui scopo non so quale fosse, se allontanare le zanzare, allontanare il Demonio, segnalare all'esterno la nostra presenza o, come ho sempre creduto, rendere magico un momento speciale. Quella sera, oltre il suo debole ma rassicurante lume, lo scuro orizzonte dell'altro versante era rischiarato da luci danzanti che provenivano dalla festa di un paese abbarbicato in vetta alla collina. Si sentiva l'eco di una qualche fisarmonica che accompagnava il cantare di una milf che di secondo lavoro s'esibiva in queste piccole sagre paesane. Sapore di genuinità, di tranquillità: sapore di casa.
Fu amore a prima sensazione: un'immagine che, come detto, mi sono sempre portato dietro come fosse un portachiavi emozionale.

Non ho altri ricordi di quella vacanza se non quello di un amico che per tutto il tempo di quella avventura stette a torso nudo con un cappello di paglia in testa o uno stelo di fieno in bocca. #fonzo #nonvergognarsidiniente #maperchè?
A dir la verità rammento anche un'altra cosa. Là avevamo conosciuto delle ragazze di Monza e ad una di queste chiesi se conosceva i Bluvertigo (proprio originari della provincia brianzola) e lei ribatté:”Quei mostri?”
Magari ora guarda X Factor e il suo giudice preferito è Morgan.

Sarei tornato nelle Marche una dozzina d'anni dopo, perché per lavoro dovevo visitare aziende di arredo bagno e cucina e, talvolta (invero spesso), consegnare qualche collo. Vorrei poter cancellare quegli anni, dimenticarmi di tutti quei viaggi della speranza in cui il mio vecchio titolare, un pezzo di merda che spero muoia domani, mi diceva di partire alle 11 di venerdì, mandandomi a volte fino a Fano, per poi rientrare proprio quando all'altezza dei raccordi di Bologna si condensavano le file che mi costringevano a chiudere la settimana nel peggiore dei modi, facendomi rincasare alle 8.30 o alle 9 di sera.
Tuttavia, soprattutto in primavera o in estate non potevo, anche se controvoglia, non prestare attenzione ai colori suggestivi che s'accendevano una volta entrati in Romagna e proseguendo nelle Marche .Un altro mondo.
Qualche giorno prima delle mie dimissioni da quella ditta del cazzo (che son contento sia fallita), una volta lasciatomi alle spalle il casello di Fano, mi promisi che:”Questa è stata l'ultima volta che sono entrato da questo casello, qui non tornerò mai più”.


TORNANDO SUI MIEI PASSI

Poi, perché mai dire mai, a distanza di tre anni, nell'autunno del 2012 visitai San Leo.

Rocca di San Leo nascosta dalla nebbia

Attenzione perché qui si aprono alcune interessanti parentesi graffe. San Leo non è nelle Marche, bensì in Romagna, in provincia di Rimini. Era terra marchigiana fino a qualche anno fa ma, in seguito ad un referendum, alcuni Comuni della provincia di Pesaro sono passati sotto alla giurisdizione della città romagnola. Ho sempre pensato che per un provincia fosse uno smacco tremendo perdere alcuni dei propri Comuni a vantaggio di quella confinante ma è altresì vero che non deve essere facile sostenere la forza culturale della Romagna, regione storica ancor prima che politica, in grado di trasformare ogni cosa in attrazione turistica e rendere i villeggianti dei walking wallets, dei bancomat che camminano, creando quindi ricchezza, benessere e servizi per la propria popolazione.

Tornato da quelle parti qualche mese dopo, questa volta nel gennaio del 2013, insieme ad una coppia di amici, io e la donna con cui condivido il frigo andammo a Urbino e, nonostante un freddo becco, rimanemmo impressionati dalla bellezza e dal calore di quest'antica città. Senza accorgermene avevo tradito la promessa che m'ero fatto anni prima, ossia quella di non rimettere mai più piede al di là del confine romagnolo.

Urbino

Già si sentivano inflessioni diverse, la parlata iniziava a mutare: un prodotto linguistico meticcio, frutto dell'incontro tra nord e sud. Ricordo che ad un aperitivo ci portarono quella che loro chiamavano “misticanza” (che erano poi formaggi, salumi e olive); ecco, era la parola giusta per definire quella terra e chi l'abita.

Oltre a questo ricordo bene che il vino rosso era squisito, i salumi anche, la frittura di pesce veniva servita calda dentro cartocci avvolti a imbuto, di quelli che peschi peschi ma sembra non finire mai, ritrovandoti poi con le dita così unte altro che i fonzies.


IMBOSCATE DEL DESTINO



"Bella città Parigi eh! Certo, non è Ascoli, non è Andria, non è Foggia, però bella cittadina…devo di' bella, nel suo piccolo bella!”

Cosa sapete di Ascoli?
Io, fino alla primavera scorsa riconducevo alla città picena questa frase di Tirzan e i collegamenti di 90° minuto a cura di Tonino Carino, che (nomen omen) tutto mi sembrava meno che un personaggio credibile. Capite bene che non nutrissi questa gran fiducia in Ascoli.
Invece, in occasione di un ponte di tre giorni, decidiamo di andare in Umbria e risalire la costa adriatica, sfruttando uno smart box cena+notte ad Acquaviva Picena, un borgo medievale sulla strada che da Ascoli porta a San Benedetto sul Tronto.

Ascoli - Piazza del Popolo

Ascoli è una città bellissima: piazze in marmo e travertino, maestose e sommesse al tempo stesso, quasi volessero nascondere la propria austera bellezza, vive e splendenti nonostante le nubi addensatesi quel giorno avessero sequestrato il sole e reso tutto più grigio.
Io sono abbonato a Bell'Italia, che non è la fanzine informativa dell'omonima frazione di Maranello, ma una pregiata rivista turistica, e tema del calendario del 2013 -in omaggio con il numero di dicembre- erano proprio 12 piazze italiane.
Non a caso ce n'era anche una di Ascoli.

Acquaviva Picena, nostra destinazione finale di quella breve vacanza, è un paesino incantevole, pieno di vicoli e viuzze che portano ad una Rocca in rifacimento, che in qualche modo ricorda quella vista a San Leo.

Acquaviva Picena - Dettaglio

Rimaniamo colpiti dalla semplicità di Acquaviva. 
Senza uso di stelle filanti o chissà quali altri richiami, si fa guardare e visitare con piacere e curiosità: si percepisce proprio la sensazione di essersi imbattuti in un'illustre borgo sconosciuto, fuori dai percorsi più battuti, ma non per questo meno interessanti. Qualche giorno più tardi, consultando un libro intitolato “I borghi più belli d'Italia”, ne avrei poi scoperto la segnalazione ma, si sa, le cose da sapere si imparano sempre dopo.

Dopodiché finiamo in questo hotel, brutto fuori e peggio dentro, roba che la camera sembrava quella di una pensione romagnola anni '80, con le piastrelle da garage, la chiave della porta vecchia e usurata, che a fatica girava dentro la toppa della serratura e i tappeti lungo i corridoi sembravano quelli venduti dall'iraniano di Sestola qualche anno fa.



















La cena a base di pesce è poca spesa e tanta sorpresa: 'na robba da regord, tanto per andare in prestito di un detto marchigiano suggeritoci da una coppia di amici anche loro amanti della parlata di quella terra.
La conclusione è quindi che, nonostante tutti i nonostante, questi ci sappian fare e che, semplicemente, non lo diano a vedere.

Ripartiti, risaliamo la costa dell'Adriatico. È un bel giorno di sole, è primavera, da una parte il mare e dall'altra colline verdissime sormontate da borghi.
È un accorato arrivederci, torneremo perché abbiamo la chiara impressione di non aver visto niente rispetto a quello che potremmo/dovremmo vedere e vivere.


NOWADAYS

Quando abbiamo prenotato cinque giorni in un agriturismo sulle colline di Macerata, non sapevamo esattamente a cosa saremmo andati incontro. Nel parlare con i vari professori di turismo sparsi in ogni dove -molto esperti nell'arte del sentito dire e del pressapochismo- quando sentivano dire la parola:”Marche” rispondevano:”Sirolo, Numana, Conero”, fine del film.
Nessuno aveva informazioni più chiare su quello che rimaneva nell'entroterra.
L'unico a darmi una risposta diversa dalle solite fu un marchigiano, un funzionario commerciale originario di Treia, cui quando chiesi preoccupato se avessi trovato qualcosa di interessante mi rispose:” a voglia!”

Poi, devo dire la verità, c'erano state altre due avvisaglie che avevano detto bene. 
  • La prima consisteva nell'aver visto una pubblicità turistica sulle Marche, nella quale invitavano a visitare i luoghi di maggior attrazione, ponendo l'accento su Urbino e Ascoli Piceno, città che erano candidate a diventare Capitali europee della Cultura, proprio quelle che avevamo visitato nell'anno in corso.
  • La seconda, molto più strana, è una storia nella storia. A sorpresa, mia nonna conosceva Montefano, il paesello che ospitava l'agriturismo che avevamo prenotato. Raccontò che una volta a "Chi l'ha visto?", una signora cercava informazioni riguardo la propria madre, che non conosceva e non aveva mai incontrato. Era stata cresciuta dal padre, il quale l'aveva allevata senza però rivelarle mai niente di quella che era stata la sua compagna. Si fece allora avanti la madre, la quale le raccontò come erano andate le cose. Da giovane faceva parte della servitù di una nobile ed agiata famiglia di Modena, la quale, molti anni prima, "transumava" nelle Marche durante l'estate. Ai padroni faceva ovviamente seguito la servitù, e tra queste c'era lei che si innamorò di un uomo del posto, un falegname, e decise di rimanere lì. Ebbero una figlia, si lasciarono, lui si trasferì lontano, poi, per motivi che non vennero meglio dettagliati lei non ebbe più la possibilità di vederla. Tuttavia, ormai affezionata al paese, e senza più nulla da perdere, rimase a Montefano. La famiglia di Modena in realtà era una famiglia di Maranello, i Rangoni-Machiavelli; quella donna era cugina di mio nonno. #carrambachesorpresa

In un caldo e assolato pomeriggio di agosto arriviamo a Montefano, questo paesello sulle colline di Macerata, a circa mezzora di macchina da Ancona, tanto per capirci. Sembra d'essere nella location messicana di un film western, non c'è nessuno da nessuna parte se non nel bar centrale, in cui i pochi astanti ci guardano di sottecchi ma con curiosità. E non potrebbe essere altrimenti, siamo forestieri e parliamo con un accento diverso, 
Sono all'incirca le due, chiediamo a che ora apra il supermercato e ci rispondono:"Intorno alle 4, 4.30..." Risulta chiaro come qui tutto sia più dilatato: non solo lo spazio, pure il tempo. Non c'è fretta, non c'è urgenza. Non c'è quella pressione con cui noi, emiliani stressati ed operosi, ci siamo costruiti le nostre gabbie dorate. Mi viene allora in mente un mio amico che lavora in un supermercato, che spesso ho sentito lamentarsi del dover sgobbare pure alla domenica mattina. Credo intendesse dire che non è tanto il problema del dover lavorare in un giorno di festa comandata (anche in altri settori ci sono impianti che non possono essere spenti e che vanno mantenuti, come la ceramica), quanto aver offerto così tanti servizi in nome del benessere collettivo a discapito di uno status quo più che accettabile che poteva comunque essere preservato, che si sa: più si offre, più verrà chiesto. L'ha detto meglio di me Giovanni Lindo Ferretti:"Comodo: ma come dire? Poca soddisfazione."

È come se questi avessero deliberatamente scelto di rimanere indietro vent'anni. Si dice che il diavolo stia nei dettagli e dev'essere veramente così: i centri storici sono accuratamente custoditi in ogni loro minimo particolare, la scritta "cinema" è ancora quella di una volta, nelle chiesette ci sono ancora le tendine nei confessionali, sono rimasti i bagni pubblici, le salumerie si chiamano "Salsamenterie" (che è un po' come chiamare "drogherie" le botteghe di un tempo) e i negozi di alimentari sono perfettamente incastonati nel contesto.

Aneddoto curioso, sempre a Montefano rimango colpito da un'insegna che recita:"Kebab, pizza, gelati".
Incuriosito, ci fermiamo per bere un cordiale e sentiamo la gestrice, una verace signora marchigiana, rivolgersi ai clienti:"È che con 'sta crisi, ce se deve arrangià, e se fa' un po' de tutto!" 
Montefa' for de mura, si chiama il posto, quale miglior nome per un kebabbaro?
Forse solo quello che ho visto allo scalo ferroviario di Osimo, poco distante da lì:"Il kebab della staziò".


Montefano

In uno dei viali principali di Macerata ci siamo imbattuti in tre negozi di libri posizionati vicinissimi tra loro, e oltre questi, due negozi di vinili e cd (tra l'altro molti di questi, usati), che se uno ci pensa non ci può credere. A Modena, di librerie, non credo ne esistano tre nemmeno estendendo la conta a tutta la provincia; e di negozi di cd non ne ricordo uno, li ho visti chiudere tutti. Spotify, emule, youtube, torrent sono mezzi straordinari per ascoltare band o canzoni quando più se ne ha voglia, ed io ne sono un massimo fruitore, ma aver scartabellato tra i cd e i vinili mi è sembrato quasi un gesto antico, frutto di ataviche conoscenze, come se "lo sapessi fare senza saper perchè". Comunque sia, abbiam comprato un cd di musica swing ed è stato azzeccatissimo perché era la musica perfetta per descrivere questa terra e la sua gente.

Aperta parentesi. Una volta, quando si pubblicizzava un disco si diceva:"Nei migliori negozi di dischi". Ora bisognerebbe dire:"Nei migliori negozi di dischi RIMASTI". Beh, a questo punto mi vien da dire che siano due e che siano a Macerata!



Il colpo d'occhio è incredibile. I panorami, come dicono da quelle parti, "cantano". Quando scatto qualche foto, non ho nemmeno bisogno di modificarla o di correggerla, la luce e i colori sono perfetti così come sono, gli effetti speciali ce li ha già messi il creatore.
I pini e i pini marittimi crescono imponenti delimitando strade e sentieri, tutto intorno colline fin quante uno ne voglia: verdissime, dorate o brulle, che qui va ancora di moda la rotazione delle culture. Campi di ulivi, di girasoli, di granoturco e di vite. Se si considera che su ogni colle si trova un borgo medievale e che da certe balconate si riesce perfino a vedere il mare all'orizzonte, ci si capacita del fatto che Leopardi avesse indovinato la parola: INFINITO. Si può guardare da una parte o da quella opposta, ma il risultato non cambia, non si arriva in fondo.


Osimo

Quando non siamo stravaccati sugli sdrai della piscina dell'agriturismo decidiamo di visitare i borghi nei paraggi e, manco a dirlo, ne rimaniamo impressionati. Dedali di labirinti di vicoli  (o "vigoli" per entrare nello slang) in cui ci smarriamo e da cui restiamo incantati. Oltre alle meraviglie architettoniche delle piazze, delle rocche e delle chiese, pare di camminare nei cortili delle case degli stessi abitanti, gente compassata e cordiale che ci rivolge sempre un saluto. E anche questo fa pensare: non è questione di educazione, salutare appare come un gesto normale, sarebbe strano il contrario.


Recanati

Nel visitare questi deliziosi borghi, puliti e ordinati, la sensazione è che i marchigiani vivano sull'oro e nemmeno lo sappiano. Non c'è proprio nulla che possa invidiare le bellezze toscane e, credetemi, io posso ormai dire di conoscerle molto bene, e ne parlo con cognizione di causa.
Il tutto, poi, al netto di inglesi e tedeschi vestiti a merda, e di parcheggi o teleferiche cari come un figlio al mare.
"Bisogna fare il biglietto per prendere la teleferica?" 
"Ma che stai a scherzà? Ma me prendi in jiro?"


Montecassiano


Loreto

Osimo

Abbiamo avuoto poi anche modo di visitare i luoghi più conosciuti, come Portonovo e Sirolo (tra l'altro proprio il giorno del terremoto). Al di là del turismo, questo sì, molto romagnolo, la natura riesce ancora a farla da padrona e il Conero s'impone maestoso sopra spiagge bianchissime, baciate da un mare azzurro inverosimilmente più del cielo.


La Riviera del Conero da Sirolo

Le colline degradano verso il mare attraverso sentieri ricavati nei boschi, uno spettacolo unico.


Portonovo

Cos'altro dire?
Potrei soffermarmi sui mangiari tipici di quelle zone come la crescia, il ciauscolo o la polenta con lo stoccafisso. Oppure parlare del bere: vini rossi nobili e delicati (quelli che non ti parte una crepa in testa al terzo bicchiere), dei Verdicchi dalle curiose bottiglie o dell'amaro Varnelli, la cosa più simile al paraflu con cui abbia mai digerito, ma diventerei più pesante di quanto non sia già stato con questa enciclica.

Prima che arrivino gli inglesi a trasformare le Marche nella loro nuova shire oversea, visitatele.
I prezzi, eccezion fatta per i paesi sul mare, sono fermi a dieci anni fa, tutto il resto: mancia, che ne vale la pena.

La mia più bella vacanza.
In due parole: da regord.

Che si fa? I tirabaralla? - Pagelle Addio al celibato di Max

Direttamente da facebook, copincollo le pagelle dell'addio al celibato di Max.


Danny: voto zero.
Mentre corriamo lungo le Mura di Lucca, scappa a Pisa per comprare delle casse, non è dato di sapere se musicali o di quale diamine di frutto esotico. Rientrati in albergo dopo il lungo aperitivo pomeridiano, decide di recitare il vangelo alla rovescia barricandosi in bagno e saltando a piè pari i dieci chili di fiorentina che il nostro vicino ristoratore aveva previsto per cena.
Come se non bastasse, la mattina opta per un exit strategy di pochissima classe: prende, saluta tutti e se ne va a casa alla chetichella.
In buona parte delle foto di gruppo non compare: mi ricorda Graziano Mannari, detto Lupetto, ai tempi del Milan, tutti gli volevano un gran bene ma fondamentalmente an gh'era mai.
Coraggio, Danny: a Monaco eri stato inaspettatamente uno dei protagonisti mentre a Lucca le troppe enoteche della città ti han detto male e hai ballato da solo.
Per la prossima t'aspettiamo sugli scudi!
PS Un po' ti sta bene, comunque: credo che per una qualche legge del contrappasso questo sia ciò che spetta a chi va in giro a dire che Bon Jovi è un grande.

Giblein: voto 6 1/2.
Tanto bene e tanto male.
Tanto bene durante la corsa, ove intrattiene le foreste fanciulle in gita a Lucca scusandosi per il tempo che non riesce loro a concedere. "Beautiful girls, we're sorry but we have to run! Enjoy Italy, wonderful country!"
Eccellente: l'ennesima dimostrazione che per 'sto genere di avventure Gibbo è buono come il pane all'olio.
Tanto male durante la fase "caccia" quando s'embriaga, zitto zitto, a colpi di prosecco, reato per cui credo che in Toscana sia prevista la pena di morte. E tanto male, ancora, quando a cena s'impunta nell’ordinare un Lambrusco dicendo:"Cosa ci posso fare, Zè, sono emiliano, a me piacciono i vini rossi freddi!" Un integralismo contro cui opporsi senza se e senza ma e in virtù del quale defalcare voti dal registro!
Al di là di questo, mi rimangono due scene di Gibbo a Lucca.
La prima, quando camminava 'vanti-indrio per Via Elisa mentre era al telefono con qualche troublemaker pugliese di Sel, parlando di aria fritta riguardo a qualche signor nessuno della sinistra extraparlamentare.
La seconda, ovvero l'arguta descrizione di Sandro circa le sue opinioni politiche:"Discorsi bellissimi, anche lineari. Ma irrealizzabili. Delle vere e proprie GIMKANE di pensiero".

Bomber: voto 7.
Non è al top della forma, si vede; e non può far altro che risultare l'attaccante dalle polveri bagnate. Costretto a strozzare in gola le urla da condor con cui vorrebbe terrorizzare la città, cerca tuttavia di rimanere sul pezzo dall'inizio alla fine dell'avventura lucchese, e di questo gli va reso pieno merito. Sua è l'idea di noleggiare le bici con cui accompagnare noi noti corridori da pastasciutta, divertirsi e stupire la gente a passeggio. Da annali sportivi la gara con Mario, dalla quale esce sconfitto, ma comunque con onore.
Altro punto a suo favore è quello di rendersi conto di quanto sia importante, nonostante gli eroi di giornata siano duramente provati, ordinare con cipiglio e fermezza una vagonata di carne affinché tutti possano sbaghinare a oltranza.
Al mattino è costretto a tornare a casa, ma con un gesto di grande nobiltà lo fa per permettere a Max di rimanere e continuare a festeggiare: chapeau.

Sandro: voto 8,5.
Fedele alla linea di Monaco, si presenta di bianco vestito come neanche Gandalf avrebbe potuto fare. Esattamente come il faccendiere Gigi Bisignani, risulta sempre compassato e appare dotato di una camaleontica capacità di insinuarsi tra le pieghe che l’avventura toscana prende di volta in volta.
Sulle mura s’affrattella con Ché in discorsi da osteria, nel pomeriggio partecipa attivamente alla caccia invitando Max a cercare i partecipanti mancanti in una casa di cura, esplode rutti estemporanei nel bel mezzo dei discorsi altrui, condivide il bagno con una malcapitata turista inglese e, sulla via del ritorno, guida la spedizione a Pistoia, proprio come al ritorno dalla Baviera l’aveva condotta attraverso Innsbruck.
Come dice lui stesso:”chi regge la fiamma rimane nell’ombra”, e questo aforisma gli si cuce addosso come il vestito della festa: apparentemente un passo indietro agli altri ma l’unico ad avere le idee chiare riguardo la strada da seguire.
Delle frasi di Sandro se ne potrebbe fare una raccolta: sagaci, taglienti, inaspettate quanto puntuali. Quando a Pistoia, terminato il pranzo, il locandiere ci ha consigliato caldamente la birreria a fianco, sbrodolandone lodi a non finire, sottile è stato il commento di Sandro:”Ce lo consigli perché si beve bene o perché hai una percentuale?”

Tommy: voto 7,5.
Innanzitutto un mezzo voto in più perché temo di avergli attaccatto uno dei chiodi che sono solito piantare da sbronzo al primo che mi rtrovo di fianco. Tom si prende la briga di documentare il tour de force sulle mura, tramite un servizio camera-bike che richiama le epiche imprese ciclistiche di una volta, quelle filmate con mezzi di fortuna da uomini impavidi, sprezzanti del pericolo, ma soprattutto sprezzanti della vergogna di accompagnare una serie di scappati di casa che al confronto i grillini in parlamento potrebbero risultare, non dico persone normodotate, ma in grado di lavorare in un callcenter con le risposte registrate, quello sì.
Il ruolo di Tommy nella missione lucchese è cruciale e prestigioso: la trasposizione di Virgilio nel 2013. E la conduzione del novello Alighieri -Max, per l’appunto- attraverso i vicoli e le porte della città è ineccepibile, come di immenso valore sono le filmaggini riprese nell’ultima enoteca sconvolta dall’ordalia maranellese/frignanese.

Ché: voto 8.
Indimenticabile top player a Monaco, su di lui gravano inevitabilmente enormi aspettative.
Tuttavia, causa l'hangover della serata precedente, parte in retromarcia e sulle mura è costretto a combattere di cappa e non di spada. Nota curiosa: vestito da corridore è uguale a quando è al lavoro, quando esce alla sera e quando va ai matrimoni; canotta da tamarro, pantaloncini corti dell'Adidas e occhiali alla Bradley Cooper.
Cesarotto, al di là della sua classica pisciata contro la macchina di un poveretto (cosa che lo identifica un po'  come Ace of spades identifica i Motorhead), si rende protagonista di alcuni sketch di mirabile fattura.
Il primo, che si può racccontare solo ai maggiorenni (leggasi: chi c'era) si consuma alla prima enoteca:”Mirko dice che a casa non va bene!”. Geniale.
Il secondo a Pistoia, in cui non era il soggetto agente ma il complemento oggetto.
Paolino:”M'ero informato sul tuo conto, Chè. Volevo sapere con chi andava mia sorella. Avevo fatto il terzo grado a Zeman e lui sembrava sapere tutte le risposte alle mie domande. M'ha parlato solo bene di te.”
 Berta:”Come si fa a parlare bene di Chè?”
Zeman:”Ho mentito. Sono come Andreotti, perseguo il male per preservare il bene.”

Berta: voto 9.
Una volta Santu disse di Berta una cosa giustissima:“prendete Berta, dategli da bere, delle persone agitate, un briciolo di incoscienza, un pizzico di r'n'r e otterrete una miscela esplosiva”.
Forse l'unico ingrediente che manca in questa ricetta è l'autogrill perché vederlo muoversi a Roncobilaccio (“Sempre gentili, da quelle parti”, cit.) è come vedere un bracconiere nella Savana.
Gioca come sa, ossia da fenomeno: stargli accanto non è mestiere per deboli di cuore o dal fegato leggero. In qualsiasi parte di Lucca o di Pistoia mi trovassi, avevo sempre in testa due refrain:“cafè cafè cafè chips fumo cafè sambuca cafè chips chips”, “Simbalè Simbalau, segna sempre Marco Sau” e “con los terroristas/fisioterapistas” perché, quando non lo diceva lui, lo diceva qualcun altro di noi.
A Pistoia si dichiara stanco morto e dice di non avere troppa sete, per poi chiedermi a strettissimo giro di ordinare dell'altro vino che quello che ho preso era poco (ma galvanico quanto bastava perché ne avesse improvvisamente voglia).
In seguito, all'interno de “La degna tana”, dopo aver cantato tutti i successi dei Litfiba, trasforma i soldi in birra con la stessa naturalezza con cui Gesù moltiplicava pani e pesci.
Zeman:“Ragazzi, ringraziate il gestore che ci ha fatto lo sconto!”
Berta:”Quanti soldi ti ha lasciato?”
Zeman:”6 euro.”
Berta:”Dammeli che li trasformo in caffè!”
Gestore:”Ve li offro io, i caffé!”
Berta:”Allora ti ci compro delle altre birre, non li voglio più vedere 'sti 6 euro del cazzo!”

M'ha fatto sputtanare quando mi ha detto:”Doveva andare male per forza. Alle due e mezza abbiamo cominciato bevendo degli amari.”, lì ho capito che, a suo modo, mantiene una lucidità ineccepibile.
Unica pecca: l'abbigliamento da corridore. Per l'amor dei Santi, #quacet.

Paolino: voto 8.
Vorrei farvi vedere i carteggi di whatsapp tra me e lui prima della partenza, 'na roba che la biblioteca di Alessandria, in termini di voluminosità, era meno abbondante di caratteri! Comunque sia, occorre dire che è lui a collazionare, con infinita pazienza, le canotte da “napoli” per tutta la truppa. Tante grazie a nome della banda, Pavlin, ci hai reso tutti un po' più marocchi, hai veramente del gusto!
Sulle mura si sbatte come un cercatore d'ore, si dimostra l'inguaribile attaccabriga di livello mondiale che è, cercando la rissa verbale con gli unici mannaggia-marò del posto e rende indimenticabile il secondo giro di Max travestendolo da sciatore anni '70, e rendendo a tutti gli effetti la corsa in una sciarada senza decenza.
Costante e preciso, gioca con diligenza dall'inizio alla fine della trasferta toscana senza mai mollare nemmeno venti centimetri, occupandosi addirittura del check-in nella splendida dimora toscana da noi occupata quasi fossimo i peggio squatter o i peggio scemi.
Quando si sveglia alla mattina rallegra tutti comunicando che il suo cane a casa ha sbragato la cagna del vicino, cose che fanno ridere e anche no, ma a me hanno colpito molto.“Hai presente se un gigante andasse con una donna normale, ecco, tipo, nei cani 'sta cosa esiste."
Quello che ho pensato è stato:"E lo dici proprio tu, Paolo, che dovresti girare col porto d'armi?"

Luca: voto 8,5.
Credo che Luca, insieme alle cavallette, la peste bubbonica, le Messe Nere e le devastazioni urbane in genere, sia la peggiore calamità artificiale che possa abbattersi su una città in tempo di pace.
Ad una certa, Luca andava buttato via con l'acqua sporca; alla sera sue stesse parole sono state:”Sono fritto come una bestia”, che rendono l'idea meglio di mille altre favelle.
Al venerdì sera mi aveva chiamato, era serio come un impiccato, mi preoccupava perché era ignaro di orari di partenze, mete varie, programmi, ritorni vari. Temevo che non avesse voglia di partire. Poi, una volta arrivati in Toscana e presa confidenza col campo, ha messo tutti sulla giostra e l'ha fatta girare come se per lui fosse tutto ordinaria amministrazione.
Documenta tutto col suo S3 come avrebbe potuto fare solo il miglior Fonzo, scatta foto a profusione, dà a metà Lucca il numero di telefono di Max e all'altra quella di Fonzo, chiede a chiunque dove fare serata, ci conduce nel bar più vecchio di tutta Lucca dove veniamo accolti come gli eroi di ritorno dalla battaglia, tanto risultiamo simpatici (leggasi: totalmente allo sbando).
Se Luca fosse una frase, sarebbe “dress like an angel, dance like a devil”.
Immarcabile come Balotelli contro la Germania; se hai a che fare con uno così è un po' come essere nel Trono di Spade: o vinci, o muori. Nel caso di Luca è quasi sempre la seconda che ho detto.
“Verdi non vanno bene? Nere, allora!”

Mario. Voto 8,5
Come Marlon Brando in Apocalypse Now, Mario è uno che adora l'odore del napalm alla mattina.
È infatti incontenibile fin dai primi minuti di gioco, e mantiene un grado di molestia regolare e persistente per tutto il tempo della vacanza. Mi violenta verbalmente quando lo costringo a manovre da pugliese immediatamete fuori dall'autostrada, crea un mega ingorgo in una strada larga quanto una ciclabile e, non contento, sulle mura importuna ogni ragazza lucchese a passeggio ed ogni corridore, corrompendolo con birre, senza accorgersi di quanta tentazione mista a rabbia insinui nel cuore dei poveri compagni di viaggio.
Ha detto:”A Monaco avevamo bevuto male, qui invece abbiam bevuto bene.”
Gli ho risposto:”Mario, tu puoi dire tutto ma non che tu abbia bevuto bene. La lista cronologica di quel che hai bevuto, a parte essere più lunga di una messa cantata, è stata: birra scrausa da manovale albanese (almeno due lattine da 66), Petrus, bicchere di vino rosso, bicchiere di vino rosso, Unicum, Ceres, bicchiere di vino rosso, bicchiere di vino rosso, un drink a scelta poi ad libitum sfumando.”
Il fatto che non sia morto dopo un elenco è caso clinico studiato nelle migliori università americane.
Splendido lo scambio di battute con il nostro vicino di tavolo a Pistoia (Viareggio sul campo):”Le dà noia se fumo un sigaro?
”Dici a me? Certo che no, io nella mia vita ho fumato qualsiasi cosa s'accendesse.”

Max, direttamente da “Juno”: promosso a pieni voti.
Ha detto bene Ché:”È impossibile far fare delle cose stupide ad uno che è sei giri più stupido di noi”.
Tutto il resto su di lui era da vedere e da vivere.

Note a margine.
Voto 10 al forno che per merito/causa nostri ha finito birre e ci ha regalato le focacce.
Voto zero al fotografo che prima ci ha sedotto poi abbandonato dicendo che avrebbe pubblicato la nostra foto sulle Grida di Lucca, o su Il Tirreno, non ricordo più bene.



“Sei tu lo sposo? Tranquillo, il matrimonio è come il morbillo. Si prende una volta, poi non si prende più”.

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