Memorie interne

Devo assolutamente inventarmi un tag sotto cui elencare i pezzi preferiti dell'anno perché selezionarli senza chiari punti di riferimento contestuali e temporali è stata durissima. Ad ogni modo, pur indicando Spotify 1 ora e 28 minuti di musica, stando ai miei desueti mezzi di masterizzazione siamo a 78 minuti, per cui più che adatti ad un cd da 80.

(cliccare per accedere a Spotify)


01. Attraverso lo specchio - Cosmo. 't goes without saying.
02. Suspirium – Thom Yorke. How to make peace with the world, a little tutorial.
03. Il fuoco in una stanza – Zen Circus. Parole che avrei voluto mettere in fila così io.
04. Washing Machine Heart – Mitski. Il pezzo ballabile della selecta.
05. Souvenir - Julian Baker, Phoebe Bridgers. Una perla nascosta tra tutto il rap e l’hip hop di merda di Pitchfork.
06. Don’t Stop Me -Bowland. A corti discorsi, i Portishead venticinque anni più tardi ma nettamente più divertenti.
07. Drifters & Trawlers – The Good, the Bad & the Queen. Chiamiamolo Brexitpop. A parte Mr. Albarn on vox & keys, chi suona il basso è la prima immagine che vien fuori googlando “London Calling”: sta sempre bene detto.
08. Pick Up – DJ Koze. Saluti dalle sedie sdraio di Amburgo, su cui è difficile addormentarmi ma non è impossibile moltiplicarsi.
09. Let’s Dance – Spiritualized. Gentlemen, we are STILL floating in space.
10. Cuore – CLAVDIO. “Un cinese mi ha detto che sono un gLande” (grazie Checco, ndr).
11. Gallipoli – Beirut. Messo senza neanche ascoltarlo, ci vediamo a Milano a Marzo.
12. Vergine – Maria Antonietta. Volevo andare a sentirla solo per dirle, come avrebbe fatto Noel:”I’m the afterparty”.
13. Mariners Apartment Complex – Lana Del Rey. AL sceglie per me.
14. Street Fighter Mas – Kamasi Washington. Ho bisogno di pensare che esista un America in cui Obama è ancora presidente.
15. Ghost Stories – Mark Lanegan, Duke Garwood. The best duo of lost causers as you've ever gonna meet.
16. Chissà dove sarai – Motta. Sembra abbia scelto Sanremo 2019 per diventare qualcosa.
17. White Star Liner – Public Service Broadcasting. Storie minime e carichi di traverso.
18. Coprifuoco – Le Luci della Centrale Elettrica. Eccezione alla regola di scegliere solo canzoni del 2018. Tuttavia, al netto del papello che potrei abbozzare, segnalo l'uscita di “Tra la Via Emilia e la Via Lattea”. Minimo estrarne un pezzo, mandatoria questa riscoperta.
19. Imitation House – Among Authors. KEXP.
20. Baltimore – Palace Winter. I War On Drugs con un synth in più.
21. Different Times – Giardini di Mirò. La targa RE è l'unico difetto loro ascrivibile.

2Zero18 - Have we got time?

Non che ora possa dire di essere con ma di sicuro non sono più contro Spotify.
La cosa buffa del mio rethinking of è che ho cominciato ad approcciarlo e ad usarlo tre giorni prima che, con una mossa del tutto medievale, la wi-fi aziendale fosse verboten, per cui non ne ho assolutamente colto tutte le potenzialità, se non quelle di base. Ho fatto appena in tempo a creare la mia prima playlist, la Play 2Zero18, dalla quale estrarre le canzoni più in linea con le guerre stellari che ho combattuto dai tempi de Le nostre stupende parole  (l'ultimo post a carattere completamente musicale, in cui avevo provato a fare una cosa del tutto simile a questa) nonché quelle più adatte alla classica selezione che rilascio in occasione del mio compleanno.

Non sono uno da "disco dell'anno" o, meglio, non lo sono più; non attendo San Silvestro né limito la scelta dei miei pezzi preferiti agli album usciti nei mesi che vanno da Gennaio a Dicembre, anzi. Pur prestando grande attenzione alle proposte più moderne e i brand new del momento, lascio spazio a brani di dischi relativamente recenti ma conosciuti in ritardo, riscoperte vintage, clamorose dimenticanze o imperdonabili sviste: l'unico criterio che seguo è la compagnia che mi hanno fatto o il peso che hanno avuto nel mio passato più immediato.


La Play 2Z18 (che abbreviata suona anche meglio: Z come zero, l'inizio, e Z come Zeman) in realtà raccoglie una trentina di pezzi ma ho voluto, e per darmi un metodo e, soprattutto, per rispettare la dimensione cd, vincolarmi a ottanta minuti di compilazione. Questo anche se nella mia nuova Hyundai è scomparso il supporto per i compact discs ed è ancora dura per me capacitarmi del fatto che non li usi più nessuno (che, come dice Berta:"Il futuro sa essere tremendo"); non tanto per chissà quale senso di nostalgia materiale ma per il timore che vada smarrita l'idea della scelta accurata delle canzoni con cui riempire uno spazio ed un tempo limitati.

Breve inciso, qualche mese fa ero rimasto senza cd e ho chiesto ad un mio vicino di casa di prestarmene uno, che avevo necessità di masterizzare una roba. Questi mi ha guardato e risposto come se gli stessi domandando notizie circa un animale estinto da secoli. Sia per questa ragione, sia perché l'automotive impone chiavetta o bluetooth, ho pensato di costituire un safe haven/riserva naturalistica per i miei amati cd, sia quelli homemade che gli original ones, ripescando un vecchio stereo e allocandolo nel mio bagno da battaglia così che tutto potesse continuare ad avere vita lì, anche se solo per la durata delle docce.

C'è chi rimane fedele alla linea, goes without saying


Ready, steady, go!

01. Motta - Quello che siamo diventati


Più che un secondo album, mi sa che siamo davanti ad un Volume II, ad un secondo capitolo. È però anche vero che qualcosa del genere, in Italia, è un po' che non si sente. Cantautorato semplice ma efficace, forse ancora acerbo ma comunque intrigante, voce magnetica. Rimango dell'idea che debba ancora decidere cosa fare da grande ma se questo è ciò che passa il convento, allora evviva!

O anche della lunga onda antartica.Tuttavia ciò non va per forza derubricato a colpa e conseguente castigo. Anzi, è imposto un cambio di prospettiva, occorre concentrarsi maggiormente sulla struttura delle canzoni, la tecnica e gli strumenti, i dentro e i fuori, i cori e i controcanti, le atmosfere, immaginare il momento in cui bisognerebbe essere a due metri dalle transenne per chiudere gli occhi e saltare. Ci sono una chimica e accorgimenti tali di cui occorrerebbe dibattere lungamente, ma il fondo è che mi scassa proprio il cazzo non essere riuscito ad andarli a vedere a Modena qualche settimana fa.




Non sto a postare il video della canzone di cui in oggetto perché penso di averlo già fatto su questo canale altre diecimila volte, dato che "Pesci" rappresenta un pezzo imprescindibile del mio anno musicale. Va bene, c'è tutta questa buttata di cantantesse che rivendicano parentele lontane con Carmen Consoli quando forse sarebbe più corretto classificarle come sorellastre minori di Levante ma Maria Antonietta... sarà il sangue che fa, sarà la voce tra lo stridulo e il graffiante, quel timbro tra il menestrafotto e il delicato, sarà che l'avevo sempre in cuffia durante i miei running mattutini sul lungomare di Cattolica, sarà la linea sinuosa e avviluppata del basso, saranno tutte queste cose ma, se per caso c'è un afetrparty dopo il suo prossimo concerto a Modena, spero di avere il pass giusto.



Non ti curar di loro ma guarda e passa

Avere Berta come tour manager è il massimo. Manda un messaggio qualche mese prima di uno show, compra i biglietti, prenota il ristorante più caro della città e l'alloggio più scrauso, dopodiché sollecita con un soft reminder a tre giorni di distanza dalla scadenza della cambiale. Possiamo decidere di ballare ma è sempre lui a scegliere la musica, e va benissimo così, i padri sbronzi ringraziano.



O, anche, de "La cancione dela Benny".
Un San Antonio-Barigazzo ed un Barigazzo-San Antonio con solo Tristan Zarra come sottofondo, una memorabile ora di viaggio.




DJ Koze -al secolo Stefan Kozalla- è di Amburgo, intanto, e questo gli fa sicuramente cera. Io l'ho conosciuto perché, durante l'ultimo compleanno della Benedina, la mia cassa bluetooth abilmente piratata dai presenti trasmetteva in loop "Pick Up", uno degli ultimi lavori del DJ tedesco. 
Certificato che in Germania stian prendendo quota verdi e nazi, roba che bisognerà stare molto attenti a buttare una sigaretta per terra, finché a Berlino e sull'Elba continueranno a suonare elettronica di questa risma, andrà ancora bene e grassa che ci andrà, perché "Knock Knock" è pieno di pezzi pazzeschi e se "Pick Up" è straordinaria, "Planet Hase" non è da meno.


07. Dave Grohl ft Josh Homme & Trent Reznor - Mantra

Nomen omen

Per la serie, metti una sera che in sala prove si incontrino tre personaggi così. E pensare che io ho trovato video e canzone per puro caso. Grazie, dio di Youtube, Grohl che suona la batteria andrebbe messo direttamente su Pornhub.




Di certo non il più originale dei loro dischi ma si tratta di una di quelle band che voglio e devo mettere sulla mappa dei miei concerti. 




Nel panorama musicale esistono band eccezionali e dal peso specifico incalcolabile che si riducono a "storie minime" e/o massa critica, che per qualche ragione non passano né alla cassa né agli onori della cronaca. L'unico peccato che si può loro ascrivere è quello di aver presentato album straordinari in anni in cui altri scrivevano la musica dei vincitori, perchè non c'è null'altro che possa ammalorare canzoni di questa portata.
Errore mio averli scoperti con un così colpevole ritardo, parziale ammenda riconoscerne il difetto.



A volte faccio fatica a prender sonno oppure mi sveglio nel cuore della notte e non mi riaddormento più. Se riesco, provo a riappisolarmi ascoltando nenie o qualcosa che mi concili il riposo, e pensavo che l'ultimo disco di Sua Maestà Mark Lanegan fosse stato fatto ad arte per questo nobile scopo.
I problemi però sono due: il primo è che l'album è incantevole, per cui ti entra dentro molto prima che torni sonno e il secondo è che ora conosco l'inglese molto meglio di anche solo qualche mese fa, per cui mi viene istintivo seguire il testo, dato che distinguo e riconosco quasi tutte le parole. Morale: per addormentarsi potrebbe andar benissimo la musica, le parole e il modo di cantarle molto meno.



Prima che Mucchio chiudesse bottega, ero solito applicarmi con sentimento e diligenza sugli articoli che i salviniani e i fivestarz di adesso definirebbero "radical chic", ossia quelli dal retrogusto socio-culturale più marcato, che rimangono in territori più di sinistra.
Ricordo di essere rimasto molto colpito da una sorta di inchiesta in cui l'articolista di turno documentava lo sviluppo e la crescita del movimento musicale nero durante le legislature di Obama: la fenomenologia di artisti come Beyoncè o di Kayne West ma anche gli exploits di personaggi che stavano costruendo la propria carriera su atavici retaggi soul e jazz: la riscoperta della musica black reinterpretata in chiave moderna, come nel caso, appunto, di Kamasi Washington. 
Devo aver letto queste cose massimo tre anni fa ma sembra preistoria, quando pensiamo che ora corrono tempi mediocri e noi siamo timidi eroi. Ne venissero avanti altri, di Beyoncé, Kayne West e Kamasi Washington.


12. Explosions in the Sky - Send Off


Non ho capito come e/o perché ma io ho imparato di due vecchie super colonne sonore a firma Explosions in the Sky solamente quest'anno, li mortacci loro. Resta che, per recuperare, faccio mea culpa usando uno screenshot del loro video come immagine-copertina del post e inserendo nella selezione annuale il mio brano favorito tra quelli riesumati tra le stelle.



Io non ho la benchè minima idea di chi diavolo sia questa ufo né rammento come io sia arrivato a lei, ma così, totalmente at short notice, merita di comparsare nella mia playlist. Non so, sono quelle canzoni che segnano un momento, che nella loro semplicità fanno paragone perchè agganciano il ricordo di dove/come/quando le si ha ascoltate.



La premessa è che non è mai troppo tardi, la fortuna è che c'è sempre tempo per rimediare. Non è tanto chiedere scusa, ammettere che la mancanza di rispetto musicale dovrebbe essere considerata reato culturale, è piuttosto confessare che questi cantavano e suonavano davvero bene. 
Fermo restando che "I Pearl Jam? Belli, bravissimi, ascoltateli voi", ogni tanto è terapeutico cadere in un qualche trabocchetto e arrendersi all'evidenza che in Gran Bretagna suonano in un modo mentre da altre parti suonano meglio.

Non so cosa ma qualcosa vorrà pur dire, forse un segno.

Poi, per carità, dopo aver fatto outing (e anche versating e doppiomalting, tanto per parafrasare i boyz VD) si torna oltreoceano, dalle parti della Mersey e di Manchester che good dance partners are hard to find, e che quindi è bene aver chiari e saldi i propri principi, ma qualche avventura, solo nell'ottica di scoprire multiversi di trascorsi volutamente oscurati non può che far bene.


15. Among Authors - Imitation House

Tutti i crediti agli algoritmi di Youtube



Preziosissima imbeccata del Bret.


17. Zen Circus - Il Fuoco in una Stanza

Per tre anni abbiamo chiuso il mondo fuori, stiamo diventando i nostri genitori

Devo dire la verità, io degli Zen Circus son sempre stato fan a metà, nel senso che le loro canzoni non mi sono mai entrate dentro. Pensavo fossero fenomeni stagionali, per esempio c'è gente che ascolta Lo Stato Sociale e pensa pure che i membri che ne fanno parte siano musicisti talentuosi e/o competenti: ecco, io credevo fossimo a quel livello. Poi c'è stato un threesome di cose che mi ha fatto cambiare idea:
  1. Averli visti/ascoltati al Concerto del I Maggio, ed essere rimasto sbalordito da "Viva", che, ahimè, non conoscevo.
  2. Aver sentito i miei compagni del Liceo che ne parlavano come se per loro fossero una band indispensabile nel proprio bagaglio melodico e sonoro;
  3. L'intimidazione di Chicco:"Non ti piacciono gli Zen Circus? Fuori da casa mia!"

Il fatto è che, molto semplicemente, mi ci son messo sopra e quando ho sentito l'ultimo disco avevo solo un obiettivo: far sì che Il Fuoco in una stanza l'ascoltassero tutti. 



Have we got time?


Non credo, stando alla mia tabella pivot.
Ragion per cui, quando davvero dovrò masterizzare la selezione, o procederò con un overburn selvaggio rischiando di mandare a puttane il portatile solo per ascoltare un cd in bagno mentre mi doccio, oppure dovrò rivedere qualcosa e piallare il primo "zavaier" che mi capita a tiro (Mitski?).
Mi spiace, certo, ma non io non chiudo nessuna pratica senza un pezzo targato Gallagher e, anche se me la mena non essere riuscito ad infilarci Massimo Zamboni con Schiava dell'Aria (canzone catatonica del mio ultimo soggiorno cervese) e/o Outshined dei Soundgarden, così è se mi pare. 
Ho sicuramente tralasciato e/o dimenticato qualcosa ma come canta il minore dei due terribili fratelli di Manchester:"In my defense all my intentions were good" e, soprattutto, ho bell'e che esaurito gli ottanta minuti del cd.

(senza) Soluzione di continuità

C'è un presupposto da cui partire, ossia che se la seconda stagione di Westworld fosse un disco, sarebbe The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd, e lo sarebbe per un motivo molto semplice, cioè perché è bellissimo ma è altrettanto difficile indagarne i motivi con piena cognizione di causa. E tutto questo somiglia molto ai miei ultimi mesi.


A volte vorrei essere come Bernard Lowe per avere un Anthony Hopkins/Robert Ford che mi spiega le cose



Internet è stracolmo di quotes della fortunata serie HBO ma ovviamente quella che è rimasta più in testa a me, e forse anche la sola che davvero rende l'idea della trama di Westworld II nonché il topic del post, non c'è, non si trova da nessuna parte, probabilmente nemmeno nel deep web. Ad ogni modo riguarda un dialogo -spoiler alert- tra alcuni membri della squadra di controllo che prende in custodia Bernard dopo un bordello di livello biblico, nel quale uno dei due riferisce all'altro che nella mente del protagonista sono sepolti vent'anni di memorie disallineate. Quando il secondo chiede al primo quanto tempo occorra per riallinearle, quest'ultimo gli risponde di non saperlo, e stima che probabilmente possano occorrere altri vent'anni.
Io mi trovo in questa stessa identica situazione non solo nelle mattinate di hangover in cui riesco a ricostruire il mio passato più prossimo solamente dopo aver verificato le chiamate effettuate, i whatsapp inviati, le chats archiviate, i commenti polemici non richiesti che ho rilasciato su Facebook tra un bicchiere e un altro, le notes prese, ma anche quando sto per "chiudere l'ultimo taccuino", quello che mi ha accompagnato negli ultimi mesi, da cui spesso nascono i post del blog. Ed è curioso perché se all'inizio della compilazione, proprio poco dopo avervi vergato sopra "Dal GG/MM/AAAA al..." non vedo l'ora che si riempia di appunti e carta varia, verso la fine mi spiace quasi dover segnar la data di conclusione della raccolta.

A volte le riflessioni che si dipanano tra le pagine dei miei libercoli vanno incastrate tra loro come tessere di un puzzle, come se avessero un filo logico invisibile, altre volte invece stanno tutte sotto lo stesso ombrello seppur più spaiate e sghembe, riflettendosi della loro stessa luce. È chiaro che per necessità di catalogazione sarebbe bene aver un thread sotto cui incasellarle ma in questo caso, con un disallineamento di memorie così acceso, è molto più complicato.
In un certo modo mi è venuta incontro L'Accademia della Crusca (istituzione che dovrebbe costituire un'organizzazione legale di censura statale, così da evitare che sempre più imbecilli prendano la parola quando non sono nemmeno in grado di scrivere le proprie generalità) perché, e mi addentro nello specifico della questione, ho trovato illuminante la descrizione della locuzione "Senza soluzione di continuità", non a caso quella che dà il nome all'articolo, che viene magistralmente spiegata qui, che davvero vale la pena leggere, e che può essere molto semplicemente riassunta in due parole "Con continuità".
La doppia accezione negativa mi ha sempre tratto in inganno, non ho mai realmente capito se "Senza soluzione di continuità" significasse "con" o "senza" continuità; ciò che non era chiaro a me, e che forse non è nemmeno così lampante ai molti che ne hanno adottato l'uso idiomatico, è che il termine "soluzione" mutua il proprio senso da un ambito specialistico all'interno del quale era ed è negativo. Per cui le parole "senza" e "soluzione" è come se fossero due "non", e due "non" in matematica e in italiano si annullano; per comodità si può sostituire la congiunzione "con" alla "di" residua e il gioco è fatto.

Le parentesi che chiudono la prima parola "senza" nascono per sospendere il giudizio perché in realtà non so nemmeno io se le riflessioni spurie di questo mio post viaggino sole o accompagnate. Lo so, sembra che io sia fuori come un missile ma, fortunatamente, oltre all'Accademia, vengono in soccorso del mio ragionamento tutt'altro che libellulesco sia Cosmo che Berta, rispettivamente proprietario e possessore delle lyrics riepilogate in calce.


Non capisci perchè? Seguimi un secondo

Ancoua la cancione della Benny

Spesso prima di spiegare come funziona un orologio, bisognerebbe accontentarsi di saper leggere l'ora, ed è questo il caso. A partire dall'Addio al celibato di Bambino, ossia da quando ho cominciato ad appuntare note sul mio ultimo taccuino, sono successe davvero troppe cose, la cui unica soluzione comune è stato l'essersi susseguite senza che io quasi me ne capacitassi, come se fossi completamente in balia degli eventi e continuassi a ballare una musica che però non sapevo di aver scelto, o che comunque non mi era così nota.
E se ci penso, è esattamente come dice il Dottor Kreizler nella serie "The Alienist", ossia che chi balla sembra matto solo per coloro che non sentono la musica, quindi potrebbe essere utile cercare un fil rouge con cui agganciare tutto.

Appunto messo agli atti.
I believe we all possess the raw material required to commict horrible acts. 
We just need the right or wrong combination of events to make the raw material combustible.

Mi fa ridere pensare che una delle prime cose che ho sbobinato dal mio piccolo "lunario" senza date sia stata una riflessione di Sandro a Cervia, a proposito dell'organizzazione lassista della festa di Bambino:"Non capisco se ci sia contenuto senza strategia o strategia senza contenuto".
Rileggendola ora, credo sia il miglior incipit possibile perché avrei davvero un sacco di robe da scrivere ma non ho la benché minima idea di come strutturare il tutto, o meglio, non ce l'avevo, non ce l'ho avuta fino a quando non sono tornato da Cervia dopo le ferie agostane. Una volta là ho infatti individuato un punto e a capo, una fine, ho capito che la massa critica degli argomenti non poteva essere tenuta insieme da lacci e laccioli, e nemmeno venir disvelata con un qualsivoglia criterio; occorreva semplicemente svuotare la testa senza riempirla per un po', evitare un corto circuito dei pensieri facendo una sorta di lista dei miei moments in the sun, sperando di cogliere profondità nascoste tra banali notabene. Nessun fil rouge, dunque, con cui collegare tutto, né alcun riallineamento di memorie o colonna sonora precisa, bensì l'unico tentativo di provare a descrivere quanto più possibile -senza- alcuna o presunta soluzione di continuità.

La meglio gente del Fantini Club Cervia


Fatboy Slim is fucking in heaven

Ascoltata giusto quelle duemila volte

Sulle prime ero un po' dubbioso circa l'idea di festeggiare un addio al celibato a Cervia. Non tanto perché non mi ispirasse l'idea trita, ritrita e riciclata della Riviera, quanto piuttosto perché mi scocciava s'andasse in uno dei miei domicili eletti, della cui conoscenza posso menar privato vanto, perché quel luogo lo frequento, lo vivo e lo sento mio anche e soprattutto nei momenti di assenza di vento turistico.
Se a livello di spensieratezza sono stato prontamente smentito una volta preso possesso del favoloso appartamento trovato da Berta, per la mia para mentale del senso di appartenenza "putativo" avrei dovuto aspettare qualche mese, perché ancora non sapevo che l'unico innesco possibile di una nuova storia non poteva che avere inizio proprio a Cervia, specie perchè da lì in poi sarebbero successe tante cose e solamente una sorta di giustizia poetica le avrebbe ricomposte.

In carenza di avvocati, degli Addii al Celibato bisognerebbe sempre parlare il meno possibile ma noi siamo gente molto lineare e non abbiamo niente da nascondere, vale a dire che partiamo con le intenzioni peggiori ma dopo un'ora siamo al quarto gin tonic e buonanotte suonatori.
A referto vanno però alcune robe, come la secchiata d'acqua notturna, il contromano-i vocalz-il granvarietà di Gibbo, il vestito del mago ciccione, la valigia volante di Cato, il pulmino dei nazisti di Rovigo, il bagno a Maggio con Colla e Max, l'entrata di Berta al Pineta (definita come "La presa del Palazzo di Inverno"), e il magnifico chiosco di Castel San Pietro Terme dove abbiamo riparato in seguito al fermo-macchine.

Alla fine del film, scegliere il mare come destinazione e luogo ove festeggiare il festeggiabile non s'è rivelata poi una roba scalercia come temevo, tutt'altro. Ed è stato bello ritrovare i ragazzi all'Enoteca Romana qualche tempo dopo ma, soprattutto, al matrimonio di Bambino, dove ci siam rivisti al nostro peggio e abbiam perso il segno direttamente da Freccia a Piumazzo, prima ancora di recarci alla villa, di condividere il tavolo con la linea mediana del Real di inizio secolo ("C'eravamo io, Mulaz, Redondo, Seedorf e McManaman: impossibile toglierci la palla") e di chiedere al DJ di metter su Wonderwall.

In mezzo, se non proprio prima durante e dopo o, per meglio dire "senza alcuna soluzione di continuità" c'è stato il mese a Cattolica, e tutto ciò che ha voluto dire in termini di organizzazione, logistica, tempi, coppe e danari.
In un post del mio Facebook datato 19/06/18, riassumevo in dieci punti gli highlights tardo-primaverili del soggiorno catulghino.


Tuttavia, per quanto sia affezionato al suddetto elenco, se non altro perché è uno dei pochi inventari di memorie allineate che ho del mio magazzino mentale, il Giugno di via-vai tra Cattolica e Pavullo ha generato altri riverberi di ricordi e pensieri, i quali meritano un papello a parte.


Off records

L'ennesima foto senza tempo della Romagna

Va premessa una cosa, ossia che nel 2017 avevamo affittato un appartamentino a Cattolica per una sola settimana, e io v'ero andato esclusivamente nei giorni di week end, armato alla trentadue ed equipaggiato alla bersagliera, con la scatola delle New Balance riconvertita in e riqualificata a valigia. Quest'anno abbiamo esteso la permanenza a tutto Giugno, così da lasciar la bimba al mare per quasi un mese intero, alternando le presenze mie e di donna Ilenia nei soli fine-settimana, alle presenze feriali di nonni materni e paterni, zii e benefattori vari.
Da un lato, ed è la cosa che più grandemente mi auguro, è che la nostra piccola puella possa -raggiunta una maggiore consapevolezza di sè- ricostruire i ricordi di un mese meraviglioso grazie alle foto e ai video che non abbiamo di sicuro centellinato, e in un certo qual modo rivivere sensazioni e stati d'animo di pura felicità; dall'altro, il cambiamento organizzativo rispetto all'anno scorso ha molto pesato, in alcuni casi mi "ha ansiato", e per me è stato come se fossi passato da una vacanza di stampo artigianale e genuino ad una di livello industriale e dal ritmo più serrato, senza soluzione di continuità tra l'ufficio, l'autostrada, il parcheggio e il bar di Guido (che era la prima tappa una volta sceso dalla macchina: Ceres e scampolo di una qualche partita del Mondiale).
Mi vien male se ripenso ai lunedì con la sveglia all'alba per partire dall'ultimo paese della Romagna alla volta di Spezzangeles - muscolo centrale e cuore pulsante dell'Emilia Paranoica, passare davanti ai corrieri che ogni mattina alla stessa ora scaricavano la frutta al grossista del centro commerciale di Cattolica, attraversare i raccordi-gabbia di Bologna, smarcarsi dal casello di Modena Sud, andare al lavoro, affrontare tutte le casinistiche del giorno (casinistiche, parola di mia invenzione: crasi fra casini e casistiche), far finta d'essere fresco come una rosa e vincere l'abbiocco del primo pomeriggio.

Tuttavia, fin dal Liceo, io mi sono persuaso da una convinzione, ossia che si viva più intensamente quando il tempo a propria disposizione scarseggia, ed è un'equazione molto semplice, se ci si pensa, perché lo si razionalizza in maniera più efficiente, si distribuiscono meglio gli impegni, si gode di ogni momento vuoto cogliendo quell'attimo di pieno che altrimenti andrebbe perso o s'appannerebbe.

La canzone che più di ogni altra ha scandito i tempi della mia vacanza catulghina. 
Ha ragione Santu, non è niente di speciale ma fa sangue.

Per esempio, non potrei dire nulla di tutto ciò che segue se non avessi dovuto pianificare i dettagli di ogni giornata. Ne va quindi che son stato contento di aver condiviso un viaggio in treno con una mia collega che percorreva la stessa tratta, per certi versi è stato arricchente bucare a piedi e nottetempo le vie della città conoscendola nel minuto dei suoi passæggi (un refrain che mi ripetevo spesso per ricordare a quale traversa voltare gallone era:"Non la prima, non la seconda... la terza", che per tanto così non è stato il titolo del post), ancora, intercettare rocambolescamente i miei mentre escono dal cavalcavia senza ch'abbiano la minima idea di che terra li regga, il sensazionale guazzetto del Gambero Rozzo, correre fino alla Piazza del Tramonto e sul pontile del Gente di Mare, vedere le bimbe mie e di Berta che giocano con le fontane d'acqua e incastrare una scappata al Romagna Shopping Center per incontrare Santu intento a gestire l'evento dedicato al Pirata.
Insomma, sono state tante le linee di contorno che hanno delimitato le memorie elencate nel capture del post di cui sopra, e non solo non sono meno importanti e/o significative di quelle, ma rappresentano la cornice che fa bello il quadro o che, comunque lo si voglia vedere, lo rende più completo, lo perfeziona.
Ultimo ma non ultimo, e ci tengo a dirlo, al di là delle Messe prese a Cattolica, m'è rimasta dentro quella celebrata da un prete di Bergamo in occasione della festa di San Pietro e Paolo, nella chiesa di Gabicce Mare, cui io sono particolarmente legato perché proprio lì facemmo la nostra prima vacanza come famiglia -sempre se si esclude Cervia- nel Settembre del 2016.
Parafrasando Giovanni Lindo Ferretti, ogni chiesa, apro e chiudo una parentesi, ha una dimensione verticale che sovrasta, inglobandola, quella orizzontale; e al mare, un discorso di limiti, coordinate e prospettive acquisisce un ulteriore peso specifico che non può venire tralasciato.


Gli algoritmi di Google sono la cosa che più assomigli alla magia.

Sempre se si esclude Cervia, dicevo.
Sembra una sorta di eterno ritorno allo stesso orizzonte, un inesorabile punto nevralgico rispetto cui fanno sponda tutte le storie e le memorie del mio ultimo taccuino, il quale, e non è di certo un caso, si chiude con il biglietto da visita di chi mi ha venduto la prima automobile che io abbia mai comprato: una Hyundai I20.

Photoshop fa miracoli


Luglio

Facciamo un passo indietro.
Non so esistano canzoni che parlano di Luglio così bene come invece altre descrivono Agosto o Settembre, per lo meno a me non ne vengono in mente o comunque non ce ne sono che mostrano come sia solitamente il mio, di Luglio.
Per quanto il compleanno della bimba alleggerisca ogni fattore di stress che può essere creato dall'ordinario e dallo straordinario quotidiano, per me sono e rimangono i trentuno giorni più complicati dell'anno: mattine, pomeriggi, sere e notti di vera passione. L'Estense si affolla perché il traffico subisce l'orda dei villeggianti che schiattano del caldo della pianura e scappano nelle seconde casa di montagna, il sole assassina le lande ceramiche e i parcheggi dei supermercati mettendo a dura prova fisico e psiche, la job rotation è più intensa per le ferie dei colleghi, e il lavoro diventa frenetico perché è come se il venerdì prima di Ferragosto finisse il mondo e tutta Italia chiudesse bottega per sempre.
Da par mio ho imparato a portare tanta pazienza, a stare sulla palla dove possibile, a calciarla in avanti quando troppo difficile, e ad evitare di dare il destro anche se preso da sfinimento.Tuttavia, nonostante abbia fatto di tutto per ottenere un gioco -per lo meno- a somma zero, il mio ultimo Luglio è stata una fucina di stress tests e, come se non bastasse, una lettera scarlatta ha colpito anche la mia Punto.

Forse non dovrei dare la colpa al calendario, più verosimilmente ha ragione Max quando dice che io le macchine le distruggo, che manuali così forse non li potrei mai scrivere ma di certo li potrei correggere tutti.

Tra sabati mattina passati in concessionarie varie, permessi per test drive e spole tra la BPER e Via Emilia Est, son diventato proprietario della mia prima automobile a 36 anni suonati. Non so se sia un record mondiale ma poco ci manca. Resta il fatto che la conseguenza dell'improvviso acquisto ci ha costretto a ricalcolare le spese, e le ferie previste in Croazia son state ridirezionate in Riviera, nel nostro buen retiro cervese. Che ci mancherebbe altro, bella fortuna avere questa possibilità; tuttavia ci è dispiaciuto e se in un primo momento siamo stati quasi tentati di stare a casa o abbiamo avuto paura di non svagarci una volta via, dopo ci siam buttati nel clima rivierasco con gli infradito e tutto, godendoci spiagge, visite turistiche e buon pesce, contestualmente divertiti dalla bimba che nuotava in mare, si gustava i suoi cioccocremolati-delizia-Wonka-al-triplosupergusto (lo "schiumino" ndr) inseguiva gli animali nei parchi e ballava come Billy Elliot.

Torre di San Michele

Qualche giorno prima di partire son passato da Pavullo e la frequenza della macchina era sintonizzata (retaggio delle mattine lavorative) su Radio 3. Trattandosi di un'emittente radiofonica autoreferenziale che si pone come baluardo ultimo della cultura (oggi va di moda dire radical-chic, ma per me musica, arte, filosofia non vestono casacche se non quelle di coloro che ne raccontano), trasmette programmi di approfondimento vario, e quella mattina si dibatteva del tema della scoperta. M'è rimasta dentro una definizione, che suonava più o meno così:"Scoprire significa accorgersi di qualcosa che c'è sempre stato ma che non si è mai visto prima". Per quanto abbia immediatamente colto la genialità della spiegazione, non sapevo ancora mi sarebbe servita per chiudere un cerchio, e non uno qualunque, bensì quello che avrebbe costituito l'anello più importante di una catena di eventi senza né capo né coda, disallineati, senza soluzione di continuità.


Milano Marittima e il Palazzo di Inverno - Edit Version

Pineta Pineta un altro Pianeta

Quando avevo quasi accantonato l'idea di tradurre in post gli appunti e le riflessioni degli ultimi tre mesi, incontro a Milano Marittima una vecchia conoscenza che m'ero ripromesso più volte di vedere senza però dar mai seguito ai miei impegni. Non avevo però considerato che "ain't over 'til is over", o anche che da un appuntamento sforzato potesse nascere una sorpresa inaspettata. La persona in questione mi consiglia un percorso adatto al running e il giorno successivo lo inauguro e me lo godo tantissimo; correre lungo i sentieri della pineta di Mi.Ma., disseminati di trabocchi che fiancheggiano i canali che dalle saline portano l'acqua al mare, non solo è una scoperta bellissima, ma è ciò che mette un punto a tante cose, se non proprio a tutte.
Nonostante le diverse occasioni avute da quando veniamo a Cervia, questa è la prima volta che mi imbatto lungo queste vie di verde, e rimpiango di non averne sfruttato la possibilità in precedenza. Tuttavia capisco che dietro questa piccola grande rivelazione si nasconde una logica, ossia che non potesse che andare così, che dovessi trovarmi in questa pineta l'ultimo giorno e alla fine della vacanza, così da fare i conti con un taccuino che non ne sapeva di finire nonché con il suo Volume II, perché sì, nel frattempo ne avevo cominciato un altro.
Ripenso dunque a Sandro e al suo interrogativo circa l'ambivalenza tra contenuto e strategia: all'Addio al Celibato di Bambino mancava uno o l'altra?
Forse è proprio tra queste frasche che riesco a darmi una risposta, forse la strategia si sarebbe mostrata solamente una volta svelato il contenuto nella sua interezza, indipendentemente che le memorie si fossero o meno riallineate. E considero tutto ciò mentre nelle cuffie passa la straordinaria Menton dei Palace Winter, e nemmeno questo è un caso o comunque a me piace pensare non lo sia; perché se anche la traduzione è impropria, per non dire che è grammaticamente sbagliata, le parole Palace e Winter suonano bene se trasposte nell'unico "il Palazzo di Inverno", la cui presa era figurativamente stata replicata da Berta durante il suo ingresso al Pineta, quella sera in cui aveva rubato il fuoco agli dei.

L'ennesima strepitosa imbeccata del Bret

L'aver festeggiato Bambino a Cervia, un contesto che io avevo percepito quasi come un abuso privato, viene infine a quietarsi in un'altra pineta, una che Berta non ha ancora visto, molto più tranquilla e serena, dove riesco finalmente a riappacificarmi con i miei pensieri e con tutto il trascorso recente: l'Addio, la campagna  logistico-organizzativa di Cattolica, il tremendo mese di Luglio e il mio burrascoso ingresso nel mondo dell'automotive. Non solo ho ancora molto da scovare e da avvertire come mio, ma ho fatto pulizia tra i pensieri interrompendo la soluzione di continuità, realizzando che a volte le cose si sistemano da sole, che il tono della musica vien prima delle sue stesse note.

Giardini pubblici di Ravenna

In una specie di mostra dedicata a Giovannino Guareschi, allestita sul lungomare di Cervia, proprio all'altezza del "nostro bagno", ne veniva sponsorizzata una raccolta di racconti che ho acquistato. Mi son segnato un passaggio, in cui uno dei più insigni figli del Grande Fiume scrive:"È la stonatura intonata che fa risultare la perfezione del concertato", ed è la stessa cosa che ho pensato quando, riguardando la foto di cui sopra, mi sono accorto che la luce del sole aveva "eclissato" dal mio scatto il bambino che rincorreva il piccione, inquinando la nitidezza di un'immagine altrimenti felliniana, né la simmetria degli elementi inquadrati risultava perfettamente leonardesca.
Sapete cosa?
Va benissimo così, fa li stess se non c'è più continuità, il disallineamento richiama l'inizio delle vicende qui narrate, si riallaccia alla mia idea di Westworld II, ossia che è tutto bellissimo senza bisogno di interpretare ogni particolare, e che a volte ciò che conta è quel che si sente o, tanto per chiudere l'ultimissimo cerchio, quel che si ascolta, sempre che e purché il disco sia The Dark Side of the Moon.


Punto e a capo

Mi aspetta un Settembre  full gas e nemmeno la prospettiva di giocare una partita alla volta mi tranquillizza. Come cantano i Fine Before You Came:"È una vita che provo a capire Settembre ma non fa per me".



Ci penserò a Ottobre, che se non sarò ancora guarito chiederò a me stesso di portare pazienza e con calma olimpica ricucirò tutti gli strappi, sbobinando il nuovo taccuino che ho iniziato e scoprendo quello che c'è (e ci sarà) ma che ancora non vedo (o non posso vedere) perché (senza) soluzione di continuità.

Upnea - La nostalgia del Livello Zero

Strano che l’idea di intitolare così una canzone, “Upnea”, non sia venuta ai Verdena, l’avrei vista e sentita molto nelle loro corde ma soprattutto nei loro accordi. È invece venuta a me molto tempo fa, ha decantato sotto traccia nei miei taccuini e, fedele al suo stesso etimo, s’è affacciata all’improvviso dalla profondità in cui si era nascosta, e di profondità me ne ha mostrata un’altra, ossia quella delle idee elaborate (o de “i pensieri che mi sono frullati in testa”, come li definirebbe molto più prosaicamente uno dei miei best men) in questi ultimi mesi.
Upnea è un nome che suona bene perché è proprio così che mi sento, in un limbo a mezza via tra un'apnea obbligata e un'istintiva spinta verso l'alto, parola, quest'ultima, che in inglese -non c'è nemmeno bisogno di scriverlo- potrebbe essere resa con "Up". Ed è proprio così che ho voluto intitolare l'articolo, con questa impropria "crasi", la cui interpretazione è molto più ermetica della combinazione di termini da cui è formata, e a questo aggiungervi una doverosa intestazione:"La nostalgia del Livello Zero".

Al lavoro qualcuno mi ha giudicato sistematico/maniacale come John Nash, lo studioso americano dietro a "Il dilemma del prigioniero".
Mi ha colpito il paragone e mi ha spaventato associare il nome della più famosa teoria dei giochi al senso, seppur diverso, di questo post.

L'impiego quotidiano, l'incessante squillare del telefono, i pop-up delle mail, i reminders del calendario di outlook, le scadenze di un'agenda così fitta ("fullata", pardon) che manco la lavagna di Russel Crowe in "A Beautiful Mind", le soft confirmations e i prior engagements, le riunioni, le conference calls, così come gli impegni extra-lavorativi che non possono essere prorogati sono l'apnea, la totale mancanza di respiro.
Dall'altra parte, il tentativo di resistere, la volontà di emergere in contrapposizione alla forza che trascina verso il fondo sono il suono della mia bimba che ride (che se la felicità facesse rumore sarebbe quello), le gite fuori porta con tutta la famiglia, i pranzi e le cene con gli amici, i concerti, leggere libri, mantenere in vita rapporti epistolari e telefonici, ascoltare nuova musica, riscoprirne di vecchia che non ha preso macchia perché d'oro.

Per la serie "Old but gold", canzone azzeccata sotto ogni punto di vista.
1) Perché è ritrovare qualcosa che, mea maxima culpa, non ho mai cagato abbastanza.
2) Perché essere "outshined", come cercherò di spiegare nelle sottostanti righe, è stato l'obiettivo che mi sono prefissato negli ultimi mesi.

3) Perché quando Chris Cornella canta "I can't get any lower, still I feel I'm sinking" spiega meglio di come potrei fare io tutto quello che ho in animo e in mente di riportare.

Tuttavia di queste cose ho già scritto e non voglio stare a ripetere di come nel setaccio rimanga sempre meno o di come si direbbe in dialetto:"la va mél e po' la cràss".
È un altro il tema che voglio indagare, quella che il Moro nel suo splendido testo di "Adesso" degli Iræquiete, chiamava "la nostalgia della superficie, del Livello Zero".

Esistono infatti un momento e uno spazio in cui è ancora possibile respirare a pieni polmoni, e non limitarsi a "trattenere l'aria di un respiro fa" (sempre riprendendo un verso del sopraccitato pezzo di Bonetti), una superficie di vita in cui riconquistare il controllo di sé, le cui coordinate vanno individuate esattamente tra l'oscurità che si sperimenta in apnea e la luce che si intravede risalendo verso l'alto. E non è galleggiare, è molto di più, che come disse una mia ex-collega prima di lasciarmi mestiere e responsabilità:"O nuoti o anneghi", ed era un discorso che valeva per il lavoro ma che si sarebbe potuto applicare ad ogni ambito della vita e che ora più che mai mi rimbomba in testa, esattamente come "il rumore ovattato dell'acqua intorno a me", quella da cui faccio sempre più fatica ad affiorare.

Uscendo di metafora e ritornando su parole intercorse via filo tra me e il mio best man di cui sopra, sono le casse di risonanza a colmare le misure, il logorio dei viaggi in macchina per andare a/tornare dal lavoro, le distanze fisiche o mentali obbligate, i percorsi forzati che altro non fanno se non alimentare i dubbi e gli interrogativi di tutti i giorni.
L'apnea è proprio questo.


Ziria

Portami ovunque, portami al mare.

Ad inizio Marzo del 2017 insieme a donna Ilenia e alla piccola Benedetta eravamo stati in Riviera, approfittando del clima che, pur saldato all'inverno, cominciava ad essere più clemente. Per dirla con J.R.R. Tolkien: "Primavera nell'aria ma non ancora sugli alberi".
C'era piaciuto molto staccare e stabilire che fosse venuto il tempo del disgelo e del mettersi alle spalle il buio avanti sera (si legga, eventualmente, il relativo articolo "Intercapedine"), e abbiamo voluto replicare anche quest'anno, trovando ancora una volta rifugio nel nostro pied-à-terre cervese.

È sempre bello tornare in Romagna, rivedere il mare, correre sulla spiaggia di prima mattina,  godere degli slarghi, camminare lungo le vie del paese, attardarsi nel guardare le vetrine dei negozi, fermarsi in un bar per un caffè, mangiare piada e pesce, finanche spingersi un po' più in là e riappropriarsi delle piazze delle città d'arte e delle mete turistiche, come Rimini o Cattolica.

Eccone un altro che invecchia male come me ma spiega molto bene la situazione: la musica è troppo forte, non si riesce a parlare.

Questo di Cervia (o "Ziria", nel dialetto locale) è solo un esempio ma è molto più che puntuale rispetto al contrasto che sto cercando di descrivere. Infatti, quando il timore nella vita reale è perdere la trebisonda, diventa cruciale ricordarsi che è il tono a far la musica di quella residua che ci rimane da ballare. Voglio infatti dire che se l'Estense o la Pedemontana sono i corridoi che portano alle celle delle nostre prigioni private, i caselli delle autostrade direzione mare sono il salvacondotto per tornare in superficie, per tirare fiato e riguadagnare quantomeno il Livello Zero, cercare l'Up che faccia da prefisso all'(ap)nea.

Interrompere la routine è terapeutico, lo è cambiare il ritmo delle cose.


Gathering my thoughts

Non so se sia venuto il momento di parlare apertamente di crisi di mezza età.
Oddio, sono sempre stato abbastanza precoce nell'invecchiare, per cui forse ho tutto il credito per poterlo fare ma ho come l'impressione che adesso stia solamente correndo il rischio di dare al termometro la colpa della febbre.
È altro, si parla e parlo di qualcos'altro, forse più che di crisi di mezza età è piuttosto una crisi dell'età di mezzo, di un età imprecisa e inadeguata per tutti quegli eventi che non sono catalogabili sotto una voce simile a quella sopraccitata di Ziria, luoghi e momenti per cui sento d'essere fuori dal tempo, che una volta avrei forse visto come salvagenti o scialuppe di salvataggio ma che invece ora si sono trasformati in spunti per approfondire sempre di più i miei stati d'animo e questo corrosivo senso di apnea.

Un video della mia infanzia

Mi sovviene in mente Billy Wright, chimerico Capitano del Wolverhampton, quando ebbe a dire a proposito -potrei però sbagliarmi- di Pelè, di sentirsi rispetto a lui come il pompiere che arriva tardi all'incendio e non arriva nemmeno a quello giusto.

Nella vita occorre sempre un punto di riferimento calcistico

Le sensazioni che provo io sono molto simili, solo che le mie non iniziano né finiscono in un campo di calcio. ma hanno ripercussioni più gravi, non dico alternative tra il valium e l'ospedalizzazione, ma impongono prese di coscienza e consapevolezze più profonde. Se da un lato tutto appare più challenging e più consuming, dall'altro il discorso va forse ridotto alla accettazione che ogni frutto abbia la propria stagione, con annessi, connessi e doverose prese d'atto.
Volendo semplificare la questione, posso provare a fare un elenco puntato e poi entrare nel dettaglio:

1) Per certe cose sono fuori tempo massimo. #cosmotronic
2) In alcuni contesti posso ancora barcamenarmi. #liam
3) Tocca vestire abiti che non mi riesco ancora a sentire cuciti addosso. #annovi


Frammenti di Cosmo

Al dottore, sparate al dottore.

Per quanto segua Jacopo Bianchi, in arte "Cosmo", da tempi non sospetti, e nonostante Sky Arte ne abbia collazionato uno speciale ad hoc, certificando si tratti di un fenomeno adatto alle masse e quindi ultra/infra-generazionale, io al Link mi son sentito spaesato come Luigi Di Mail all'esame di Diritto Costituzionale.
Al netto del fatto che a Bologna ci si dovrebbe andare un po' più spesso (anche perché è a mezzora da Pavullo, a differenza di Maranello, che da Maranello ci vuole un'ora e mezzo andare a Bologna. E poi la Casona è a mezzora da Pavullo, ma la Casona -anche se è a mezzora da Bologna- è attaccata a Bologna, anche perché dalla Casona a Bologna non ci sono autovelox, altrimenti come farebbero ad esserci solo trenta minuti da Pavullo a Bologna?), andare a sentire qualcuno che suona nel capoluogo felsineo è, di base, sempre fonte di grandi ispirazioni.

  • Bambini abusivi che per cinque euro contrattano parcheggi custoditi per tutta la notte.
  • I robbosi fuori sede che veliac a convincerli che le Peroni hanno il male dentro, che sono velenose, che non fanno scopare, non sono affatto elementi qualificanti, così come non la è la boccia di vino rosso comprata dal Pakistano... cazzo, se solo vi imborghesiste qb per entrare in un supermercato e scoprire che con meno di 90 centesimi potete acquistare bevande potabili, vi giuro che il vostro essere alternativi migliorerebbe in qualità non dico della vita ma del post-sbronza sì. 
  • Era un po' che non vedevo le ragazze cercare di pisciare nel bagno degli uomini.
  • Certe balconate, di sicuro quelle del Link, stanno su unicamente con una preghiera.

Tuttavia mi son sentito il capo dei vecchi di merda.
Come faccio a spiegare che aver assistito a questo concerto può avere lo stesso significato di aver visto i CCCP al Tuwat nel 1988? E poi, più che altro, a chi lo spiego? A qualcuno della mia età, ossia un vdm come me?
Come faccio a spiegare che sì, bellissimi i momenti in cui canta, ma anche quando aziona le macchine ci sarebbe da parlarne? E anche qui, a chi lo vado a dire? A chi è lì per sbaglio, per ascoltare live "La mia città"? Perché sentire alla radio un sibillino ma decontestualizzato "ti vengo dentro" l'ha fatto/a sentire teenage riot?
Per piaser.
La verità è che io all'evento #cosmotronic, pur sapendo starci bene, pur giostrando alla perfezione la questione lasciare la giacca in macchina/pagare il guardaroba, nonostante un freddo becco, i tokenz e la tempestiva scelta dei momenti per andare a pisciare senza trovare fila in tangenziale, non c'entravo niente.


Our Kid


Profondo Veneto.

Il concerto di Liam Gallagher è uno di quelli in cui puoi permetterti di fare tutte le "vecchiate" che ti pare: sono i ragazzini più giovani che devono guardarti con ammirazione, studiare Berta come fosse un Carlettomazzone della musica (insomma, uno che ne ha viste tante) quando, sulle note di "Be Here Now", si gira e mi fa:"Zeman, vent'anni che non la sentivo live", perché essere stati nel lontano 1998 a un live degli Oasis ed essere qui ora è una cosa che ti dà anche diritto di veto alle assemblee delle Nazioni Unite.


Alberto Cornia, grazie sempre.

Un'ora e un quarto: tanto è durato il concerto di Liam ed è costato quaranta euro. Come ha detto il massimo esperto di pizze:"Gli ne avrei dati altri quaranta". Pure io, non solo perché mi ha fatto sentire "in tempo", ma anche considerando il bel pomeriggio trascorso a Padova con Tommy e Berta, e poi il surreale ritorno a casa, smarriti in una zona X di Bologna, tra autogrill deserti, macchine spargisale ovunque e un'interminabile fila di camion fermi sulla corsia opposta alla nostra.

Feeling supersonic

Uno scenario apocalittico, conseguenza di una settimana che definirei mitologica, l'ultima di Febbraio, quella del gelicidio, del blocco dei camion e della super neve. E non penso sia stato un caso, per lo meno non penso sia stato un caso per me che questi tre fattori si siano ripetuti nella mia vita, a distanza di anni, proprio quando ho avvertito sentimenti che credevo sopiti ma che hanno solo cambiato forma, e che sono cresciuti come me, insieme a me.
Tuttavia su questo tornerò più avanti e con dovizia di particolari.


Here we are again

Annovi, trascuro il nome di battesimo, è stato uno dei primi responsabili che abbia mai avuto.
Era solo uno stage universitario presso una struttura pubblica del Distretto Ceramico, e non furono più di due mesi, ma la sua figura, molto più di quelle delle persone che mi seguivano direttamente, mi è sempre rimasta in testa. E più ci penso, più mi meraviglio di quanto.
Tanto per capirci: è da lui che ho sentito l'uso del gergale sbabbelare, parola che ora, con orgoglio e contentezza sento ripetere da molti miei amici.

What you see for remember
Remember what you see

Era un uomo sulla quarantina scarsa, una specie di Renzi ante-litteram, camicia bianca senza cravatta, qualche chilo in più ma contenuto, capello ordinario, viso pulito e piacente. Parlava poco ma quando lo faceva c'era da pigliare appunti.
Qualche volta ci scambiavano due chiacchiere fuori dagli uffici, durante le pause-sigarette, per lo più su argomenti circostanziali.
Ebbene, ricordo che una mattina diversa dalle altre mi guardò attentamente e, con ghigno sornione ma senza immaginare che la sera prima avessi avuto una cena ribalda con la squadra di calcio, mi chiese:"Magnè e bù trop, eh?". Capii di avere davanti qualcuno che non potevo cercare di fregare, qualcuno con cui non avrei potuto ricorrere a scuse perché lui, quelle che conoscevo io, le aveva già usate tutte. Forse in un'altra vita, certo, ma facevano grado e m'imponevano di stare sull'attenti.
Le poche volte che mi capitava in mano qualcosa scritto di suo pugno lo leggevo e lo investigavo avidamente, quasi potessi sviscerare dalla sua grafia e dalle sue parole qualcosa di lui, rubare scampoli della sua personalità, fare miei tratti del suo carattere.

Un po' dopo "Annovi", molto prima dei Linea di Rottura e di Adesso.
Una storica foto scattata dalla salita del Tirassegno, dove un giovanissimo Cavani espose Urbi et Orbi un'immensa verità:"La cosa più bella di Sassuolo è l'ospedale". Vero ma anche il ricordo che conservo io dell'esperienza di stagista in Viale XX Settembre.  

Ecco, in alcune cose del mio "adesso" è uguale.
Ho colleghi e colleghe più giovani che adottano i miei stilemi, utilizzano le mie abbreviazioni, copincollano le mie mail, si muovono come me. Se da un lato è una cosa che mi riempie di orgoglio, dall'altro è una sorta di campanello di allarme, qualcosa che mi fa pensare a come io sia diventato o stia diventando un novello Annovi, un personaggio sfuggente che di sé stesso lascia più di quanto non vorrebbe e di quanto, soprattutto, non sappia.
Mi piacerebbe credere sia solo un fenomeno di "lead by example" o, per usare una perifrasi più elaborata, sia "dare l'esempio come migliore forma di insegnamento". Tuttavia, anche in questo caso, è altro: è un capo fresco di sartoria che non ho ancora imparato a indossare. Sto precorrendo i tempi, oppure questi mi stanno leggermente anticipando: delle due, l'una.
In ogni caso non sono in orario.


Nebbia

Quel che rimane, at the end of the day, è un senso di inadeguatezza generale, una percezione di smarrimento, il non riuscire a vedere oltre.
Come terapia, non so quanto performante, ho pensato potesse essere funzionale scomparire, eclissarsi, da qui la riscoperta di "Outshined" dei Soundgarden che ha scardinato diverse porte della mia memoria e della mia esistenza.
Per prima cosa mi sono tolto da Twitter (facile), poi ho rinunciato a Facebook (meno facile) prima pulendo i contatti, poi cancellando l'app dal telefono e decidendo di tenerlo solo per poter pubblicare gli articoli del blog e altre robe in via del tutto eccezionale. Dopodiché ho cominciato a staccare la spina a Whatsapp, silenziando le notifiche dei gruppi, archiviando alcune chat, ascoltando i vocals solo sui tratti dell'Estense dove Radio 3 non prende, rispondendo alle caterve di messaggi al sabato mattina, quasi fosse la rubrica postale dei mensili di una volta.

La serie di contingenze è stato aver stabilito tutto questo mentre non riuscivo a togliere dal lettore "Nebbia" dei Gazebo Penguins, canzone straordinaria che mi è irresistibilmente entrata dentro.

Ho l'irrefrenabile fotta di comprare solo delle Fender Jaguar, aiuto.

Le circostanze sono state principalmente tre.
La prima è stato accorgersi di come l'idea di "zero" giri, rigiri e torni sempre. Live Zero e Livello Zero: c'è poca differenza, isn't it?
La seconda è stata la casualità dell'approfondire la conoscenza di questa band proprio quando veniva organizzato un evento dedicato a Jean, al quale io non sono riuscito a prendere parte. La coincidenza? Il fatto che, se non ricordo male, uno dei primi video dei Gazebo Penguins fosse stato girato proprio da lui, e ce ne avesse anticipato la "proiezione" sulle pagine dello storico Forum MEF.

Come scritto, non sono riuscito a presenziare all'evento ma mi piacerebbe, anche se in ritardo, dare un contributo, postando questo video, nella speranza che chi si interessi di Nicolò Gianelli possa capitare anche su queste colonne e gli possano essere utili come collettore di notizie.

La terza, ultima e forse più importante, è stata che, nel prendere cognizione di quanto comunicare facesse male e creasse ulteriori e ingestibili pressioni, diventasse concettualmente imprescindibile un verso di questo brano, nella fattispecie quando i pinguini cantano:"Hai scelto di non farti più trovare ma gli altri restano tutto quel che hai", quadro e cornice di relazioni che hanno superato lo status di "complicate". Ripartire dalle basi, decidere che non frequentarsi (anche se solo virtualmente) fosse un ottimo sistema per andare d'accordo con almeno il 90% della popolazione mondiale e fosse un buon inizio per rassettare casa, fare del chiaro e vederci meglio.

Emilianità e hipsterismo

Avrò ascoltato questa canzone centomila volte e ogni volta ne colgo una sfumatura diversa.
Il disco, omonimo, mi sembra un omaggio alla padanità di cui questi ragazzi si alimentano e allo stesso tempo vengono risucchiati, essendo tuttavia in grado di ricavarne qualcosa di cui parlare, come se la loro apnea non fosse liquida ma eterea. Non riesco a dire che cantino di cose opprimenti, anche perché io stesso non sono cresciuto così lontano e so di cosa si parla, ma intendo cosa significhi sopportare la nebbia, quella fisica, e quanto sia difficile scansare quella dei pensieri, emergerne, spuntare oltre, buttare fuori la faccia e lasciarsi tutto alle spalle.
Perchè "è questione di un attimo e ci si perde davvero".


Il Livello Zero

Nel tornare da Padova, nel rivivere il gelicidio sulle strade, stessa esperienza di un'esistenza fa, è come se avessi rivisto e rivissuto (anche se solo nella mia mente e nel mio cuore) le tribolazioni dei tempi passati in quella ditta scalercia dove lavoravo prima.
Non so, se dovessi assegnare a quegli anni una stagione e una temperatura, aggiudicherei ad essi l'inverno del 2009 e il freddo brutale di quel Febbraio. Ebbene, è come se, in un preciso istante durante il ritorno dal concerto di Liam, quei tempi mi si fossero rimaterializzati davanti, e tutto ciò di cui ho provato a scrivere in questo post-fiume si fosse improvvisamente collegato ad Adesso, nel senso della canzone, ma anche al mio, di adesso.

Canzone che non c'entra un cazzo ma che ci sta sempre bene

Non posso in alcun modo accomunare la situazione di allora a quella di oggi: moltissime cose sono cambiate e lo hanno fatto in meglio ma allo stesso tempo rimane vero che ora si stanno presentando tratti con parvenze simili ad alcuni del passato e altri si sono aggiunti, facendo nuovamente scorrere la puntina su una falsariga simile.

Mi riferisco al frullare dei pensieri che rimbombano così forte nelle casse di risonanza di questa mia nuova età di mezzo da non permettermi più né di sentirli né di ordinarli, se non di notte quando tutto è più silenzioso e rarefatto, con l'effetto collaterale, tuttavia, di privarmi del sonno e garantirmi in cambio un'insonnia esasperante e una narcolessia che inesorabilmente striscia durante la giornata successiva. Torna la ricerca di silenzio, che oggi si declina nella necessità di uno stop alle telefonate nervose e ai verbosi messaggi whatsapp, e torna anche l'urgenza di ridurre le distanze spaziali e dilatare i tempi fisici e mentali, il bisogno di un Livello Zero di cui accuso sempre più nostalgia, la mancanza di uno strato che non sia canaglia come quello che vivo immediatamente al di sotto della superficie, quello dell'apnea, della completa assenza di ossigeno.

Non penso che sentirsi bene fra i banchi di una chiesa o aver la pazienza di veder germogliare piante di cui non mi è mai fregato un cazzo nella vita siano segni senza valore o importanza, anzi. Tutto ciò che richiede calma "fa brodo", perché ciò che risponde a un ordine precostituito e/o naturale impone priorità ineluttabili, ristabilisce un equilibrio primordiale, archivia ogni tattica di respirazione forzata e permette di recuperare la regolare pressione del sangue, "quello che pompa in testa, adesso".

Comprare cose inutili ma belle o, come direbbe Tommy:"Quand'è che siete tutti diventati eterosessuali e Tiger è diventato un negozio di riferimento?"

Si può essere "outshined" per motivi ambivalenti. Sia perché l'eclissi di sé stessi è volontaria, sia perché ci si ritrova in apnea a causa delle convenzioni del mondo esterno, e, tanto per fare un crossover -che a qualcuno suonerà blasfemo, e quel qualcuno è Santu- con le lyrics del pezzo con cui Liam ha aperto a Padova (Rock'n'Roll Star, ndr), "there's no easy way out" verso il Livello Zero, perché è come cantava Chris Cornell, ossia "I can't get any lower, still I feel I'm sinking".


Tregua

Intorno a Marzo m'era venuto un rigurgito sturmunddranghiano, m'era venuta la romantica sbrusia di scrivere di "Tregua", altro pezzo che, se fosse mai stato prodotto un EP degli Iræquiete, non solo ne avrebbe fatto certamente parte, ma sarebbe comparso al primo posto della tracklist dell'immagine-copertina di cui sotto.


Ira e quiete, dentro e fuori: Upnea

Ho riflettuto molto circa l'importanza di assecondare questo capriccio di malinconia e raccontarne qualcosa in questo articolo, anche fosse solo uno spin-off o una fortuita postfazione, se non altro per tenerne traccia e mettere agli atti.
Poco a poco che il bandolo della matassa andava dipanandosi, mi è sembrato sempre più opportuno scriverne, quasi fosse stato deciso da sempre che l'idea originaria diventasse la chiosa finale.

Foto che diceva moltissimo allora e dice moltissimo oggi.
Al tempo commentai su fb:"Facciamo un bilancio, Checco. Io mi vesto con una maglietta rosa, un foulard da finocchio, un cappello da cowboy e Ray Ban da sbirro texano. Tu sei diventato padre. Uno di noi è bellamente fuori strada". Oggi aggiungerei che forse quello fuori strada, per lo meno per come/dove tiene le birre in frigo, è il monaco trappista in secondo piano.


Ricordo ogni passo del pezzo: il riff intuito e abbozzato durante il battesimo laico di Nicola mentre ormai faceva sera nella campagna di Panzano, la costruzione della struttura in vacanza a Barigo con Berta, le prove alla Campanella con il Moro ed Enzolorenzo, e, ultime ma non ultime, le splendide registrazioni amatoriali di Checco, che non so cosa lo spingesse a venirci a vederci suonare a Pavullo fra la settimana ma che ebbe modo -per nostra fortuna- di riprenderci durante un solenne stato di grazia, permettendoci (ma soprattutto permettendoMI) di godere ancora oggi di quell'avventura in musica e di ricordare una storia che ogni tanto torna a bussare alle porte della mia memoria.

Nell'esistenza di ognuno di noi si trovano episodi che, pur fissando precisi momenti, si manifestano periodicamente, sfiorandone continuamente altri, come fossero benchmarx ("marx" nel senso di "marks" e non nel senso di Karl Marx, purtroppo. Ad ogni modo sempre Evviva il Socialismo, ndr) da cui non è possibile prescindere.
Per esempio "Tregua" unisce i puntini tra me, "Nebbia" dei Gazebo Penguins e Jean, perché la sera dell'inaugurazione di Emilia Ruvida, attaccata alla parete della bottega d'arte in Carteria v'era una polaroid che riproduceva un verso della mia canzone.

Deciso e costretto a far parte per me stesso.
Il solo mondo che conosco, il solo che non riconosco più.

Ma non è solo questo.
È il "peccato originale" da cui muove tutto, una canzone di dentro e fuori dei suoni, di luci e ombre nel testo, di aria ed acqua, di silenzio e grida, di ira e quiete. In una sola parola: Upnea, l'ultima chiamata per il Livello Zero prima di arrivare all'inesorabile "Adesso".

Tregua come sospensione, come interruzione momentanea delle ostilità cui tendere e come obiettivo da raggiungere, perché una soluzione definitiva non c'è, non è previsto un cambio del manico ma solamente una gita fuori porta o un concerto. Cose che di base non sono nemmeno così male perché le canzoni e gli incontri, come i casi della vita, non dovrebbero confondere le idee o oscurarle, ma solo fare ballare: un po' come essere felici.


Chi viene con me?

No spoiler

Infine, tanto per rimanere sul trend topic del post ma soprattutto perché quando i pianeti decidono di allinearsi non avvisano nessuno prima, ho quasi finito di vedere "The Shape of Water", film vincitore di quattro premi Oscar, e ci sono due valide ragioni per cui c'entra con questo articolo.
La prima è per una battuta del vecchio:"If I'd go back when I was eighteen, I'd give myself a piece of advice: take very care of your teeth and fuck a lot more" da cui mi son sentito descritto perfettamente; perché sì, è bello che qualcuno mi veda come io vedevo Annovi anni fa, ma la verità è che se potessi tornare indietro, mangerei molti meno orsetti gommosi e dedicherei qualche serata in meno al calcetto. La seconda è che, tralasciando "l'acqua", è il concetto di "forma" che colpisce nel segno, specie perché più ci penso e più associo a questo un'idea molto comune quando vi si riferisce, ossia quella di specchio.

Uno specchio d'acqua, qualcosa in cui riflettere, qualcosa che non si sa cosa nasconda dentro e dietro.


Dell'ultimo album di Cosmo "Attraverso lo Specchio" è la mia preferita.
Poche parole ma chiare, tanta musica per ballare e mandare i pensieri in soffitta.

Una sera a casa di amici, un po' patocco, continuavo a cantare i pochi versi di "Attraverso lo specchio", senza accorgermi che il bimbo di Bonetti (anni tre) mi stava girando intorno. Quando sono arrivato a chiedere:"Chi viene con me?", mi son sentito rispondere:"Io! Io vengo con te!". 
Ti prometto, caro mio, che se trovo qualcosa, se trovo un passaggio attraverso lo specchio, non sei il primo a cui lo dico solo perché la mia bimba che ride ha diritto di prelazione, ma tu hai un posto assicurato fuori dall'acqua, in superficie, al Livello Zero.

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