L'oro non prende macchia - Fedele alla linea, Giovanni Lindo Ferretti

Suor Aurelia Strozzi disse:"Mal che vada ne faremo un cantante". 
Dev'essere andata male, ma molto male. 

La mia idea iniziale era quella di pubblicare un post su facebook inserendo il trailer del film e sbobinandone le migliori sequenze, tra cui, appunto, questa. Insomma, avrei comunque dovuto dirne qualcosa, parlarne, ma non avrei voluto spingermi oltre qualche suggestione: giusto un "questi sono i suoi gioielli...", tanto per rimanere in tema "...e, se vi va, potete approfondire". Avrei fatto come una bella donna che, nel fiore della sua gioventù e della sua grazia, agita la stanella dando a intravedere quello che a sé stessa non nasconde più da chissà quanto.



Non volevo cimentarmi in una recensione di genere in cui declamare cosa m'era piaciuto, cosa no, cosa avrei voluto vedere/sentire e cosa ritenevo superfluo. La rete è piena di critici, presunti o sedicenti tali, che parlano di tutto come se fossero musicisti, registi, fotografi o scrittori quando l'unica fortuna che hanno è avere una connessione internet: tutti personaggi che mi hanno bellamente rotto i coglioni e che usano paroloni imparati al liceo perché la gente di provincia è così.
Sfogo inutile, vero, ma ne avvertivo il bisogno specie perché di Ferretti ho troppe volte letto hipster, indie rockers di ‘sta beata minchia e affini, uscirsene con cagate di comodo o puttanate senza capo né coda.

Poi c'è da dire un'altra cosa. Un mestiere è parlare di un libro o di un album musicale, altra questione è vedere un film, partecipare ad un concerto o assistere ad uno spettacolo; in questi casi subentrano altre condizioni di giudizio, una cosa che a me piace definire, come scritto in diverse sedi: "la memoria delle sensazioni".
Si tratta di emozioni differenti, sono quelle che rimangono oltre lo stile o la tecnica, che vanno al di là del messaggio o dello scopo, sono quelle cose che colpiscono l'anima, disegnando un ricordo indelebile nel cuore e/o nella mente, commuovendo, facendo ridere o incazzare, lasciando a bocca aperta e costringendo a raccontare quello che si ha avuto la fortuna di apprezzare. Che, se uno ci pensa bene, è il vecchio concetto di "art for art's sake", perché l'unica vera arte è quella che non ha bisogno di spiegazioni.

Per cui, anche se mentre guardavo FEDELE ALLA LINEA ho riempito almeno sette pagine del mio taccuino del Canile di Pavullo, e anche se m'ero ripromesso di riguardarlo (il documentario, dico, non il taccuino) almeno altre quaranta volte nel giro delle successive ventiquattro ore, non voglio tradire quanto appena detto gettando le mie parole nel calderone di una recensione, ma preferisco lasciare qui alcuni commenti spassionati con una qualche postilla a margine, affinché le sensazioni che ho percepito non siano custodite solo dalla mia memoria, ma ne abbiano anche una scritta da poter condividere con chi le leggerà, o con me stesso qualora dovessi smarrirne il ricordo.



Laughin’n’jokin
Giovanni è spassosissimo quando parla della psicoterapeuta che gli affiancarono durante l'operazione per rimuovergli il tumore, il cui scopo era quello di convincerlo a smettere di fumare:"Era una persona di una così buona volontà e che diceva cose così giudiziose che ad un certo punto le ho detto:'o la smetti o ti strozzo'", concludendo che:"C'è un 25% di persone al mondo cui fumare fa bene", tesi supportata dal fatto che la sua broncoscopia, a detta dei medici, fosse la migliore che avessero mai visto. Del resto, come dice lui stesso:"Oh, ma io credo in Dio, voi nella vostra scienza, che problema c'è?"


Ma anche quando racconta dell'anziana nonna di Cerreto Alpi che lo andava a trovare a Reggio Emilia-città quand'era poco più di un ragazzino, lui che viveva in un posto a trecento metri dalle puttane e a trecento metri dai comunisti. "Mi diceva di non guardare le puttane, 'sono signore anche loro, non giudicare!' mentre era spaventata dai comunisti". Lungimirante!

Think ‘bout it
Le sequenze in cui parla della malattia sono magnetiche.
Ferretti e Iggy Pop si somigliano molto, e si somigliano perché entrambi, per aver vite infinite come nei videogiochi, sono scesi a patti con contractors di livello: Dio il primo, il Diavolo il secondo.
Tuttavia, se è vero che Iggy non ha mai avuto nemmeno un giradito o un colpo di tosse, Giovanni Lindo deve aver conosciuto tutti i medici della provincia di Reggio.
"Ferretti, lei ha un tumore di 12 centimetri" e lui, che avvertiva un malessere ma non sapeva dire da cosa derivasse né da dove provenisse, quasi fosse un male esterno, una sorta di maledizione, si sentì sollevato:"Ah beh, allora se è dentro possiamo pensare di toglierlo!", a voler dire che una volta circoscritto il male, il più fosse fatto.

E poi vado a braccio che non mi ricordo per filo e per segno, ma quando approfondisce i dettagli della malattia è incredibile, e "incredibile" è l'aggettivo giusto perché "non gli si può credere" mentre descrive la sua esperienza col sorriso sulla bocca, gli occhi sereni e come se stesse raccontando cosa aveva mangiato alla festa.
"La prima volta che sono entrato nel reparto di medicina nucleare sono rimasto sconvolto, ho pensato fosse l'unico tempio di questa città a parte le chiese, l'unico spazio religioso. La vita e la morte erano lì, davanti a me."

L'Appennino va benissimo finché vivi in pianura (è un eufemismo).
Una parte che mi è piaciuta da matti è quando indica un borgo abbandonato dell'Appennino Reggiano (credo) definendolo bellissimo e dicendo che il 90% delle persone che lo hanno lasciato sono andate in città, convinte di fare un passo verso il benessere.
"Vaglielo a dire che prima erano poveri ma liberi mentre ora sono poveri ma schiavi... Però è più facile".



Back to essentials
Tempo fa su fb ho letto lo status di una persona che raccontava di cosa significasse, ai giorni nostri, lavorare la terra o allevare le bestie, di che importanza e che valore avessero, e quali emozioni potessero trasmettere queste esperienze.
Avevo messo un "mi piace" perchè riconoscevo in quelle parole la più piena sincerità, ma fondamentalmente le avevo colte solo di striscio. Ebbene, quando ho visto nel documentario di Ferretti la scena del piccolo puledro a fianco della cavalla, non ho potuto far altro che guardarla ammirato, in silenzio e con un rispetto totale. Non ci ho capito un cazzo ma ho sentito tutto, e forse ce l'ho cavata ad avvicinarmi ai pensieri di quella persona.

Mio padre pensa che Giovanni Lindo Ferretti sia uno scappato di casa che veste alla zuava, mentre mia madre lo chiama Velindo FeRetti, rigorosamente con una sola R. Per quanto il comune abusare delle citazioni di Oscar Wilde le abbia rese alla stregua dei pensieri di FaVio Bolo, penso che una di queste -seppur ad addendi invertiti- gli stia bene come un vestito nuovo, ossia che "every sinner has a future, every saint has a past".

La mia morale è che Ferretti lo abbiano messo sul carrello dei bolliti più e più volte, ma con ogni cosa nuova che fa dimostra non solo che l'oro non prende macchia ma anche che ci sono persone che sanno ancora scaldare il cuore, per lo meno a me.
Hats off, Sirs.



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