Doverose premesse.
Mi son detto: "Perché no?"
Si tratta pur sempre di una canzone popolare che ha superato le prove più ardue perché potesse diventare memorabile, quelle del tempo e dello spazio, e che ancora oggi riesce a lasciare di stucco, come se un tempo e uno spazio propri dove esaurire le emozioni non li avesse mai avuti. Ho scelto questa perché è la più famosa, la più evocativa, quella che ha avuto più visibilità (se così si può dire) e modo di farsi conoscere, nel bene come nel male, ma della quale, allo stesso tempo, se ne ignora la genesi. Ce ne sarebbero state altre di cui poter parlare, non dico "migliori" o "più esemplari", ma di uguale tiro, la cui storia, forse, è addirittura più interessante, perché intrecciata con fenomeni sociali difficili e movimenti musicali pop e punk "minori", ma non per questo meno affascinanti di quelli più noti (roba che, per chi è patito di musica inglese come me, è manna).
Tuttavia, se proprio devo scegliere, scelgo questa.
Si tratta pur sempre di una canzone popolare che ha superato le prove più ardue perché potesse diventare memorabile, quelle del tempo e dello spazio, e che ancora oggi riesce a lasciare di stucco, come se un tempo e uno spazio propri dove esaurire le emozioni non li avesse mai avuti. Ho scelto questa perché è la più famosa, la più evocativa, quella che ha avuto più visibilità (se così si può dire) e modo di farsi conoscere, nel bene come nel male, ma della quale, allo stesso tempo, se ne ignora la genesi. Ce ne sarebbero state altre di cui poter parlare, non dico "migliori" o "più esemplari", ma di uguale tiro, la cui storia, forse, è addirittura più interessante, perché intrecciata con fenomeni sociali difficili e movimenti musicali pop e punk "minori", ma non per questo meno affascinanti di quelli più noti (roba che, per chi è patito di musica inglese come me, è manna).
Tuttavia, se proprio devo scegliere, scelgo questa.
Ulteriore precisazione.
Credo che San Siro addobbato a festa nelle trionfali e piovose notti di Champions sia qualcosa di insuperabile, specie se vissuto dal secondo-blu; mi riesce difficile ogni paragone, non provo invidia per nessun altro stadio, nessun'altra tifoseria, nessun'altra tradizione calcistica: in quei momenti è il non plus ultra, è il modello da imitare, da ammirare con stupore e deferenza.
Credo che San Siro addobbato a festa nelle trionfali e piovose notti di Champions sia qualcosa di insuperabile, specie se vissuto dal secondo-blu; mi riesce difficile ogni paragone, non provo invidia per nessun altro stadio, nessun'altra tifoseria, nessun'altra tradizione calcistica: in quei momenti è il non plus ultra, è il modello da imitare, da ammirare con stupore e deferenza.
Eppure quando, poco prima delle 7.45 pomeridiane local time, sento inneggiare questa canzone, mi fermo, l'ascolto rapito, e un paragone lo trovo.
Sì, ci sono cose che fanno ancora venire i brividi.
Questa è la versione migliore che ho trovato. Da notare il fatto che cantino anche i tifosi del Barça... Il top sarebbe stato trovarne una commentata da uno dei tre migliori telecronisti di Sky: Foroni, Marianella e Compagnoni. Già, forse Foroni, che non appena sente partire la Kop, si blocca e declama:"Sentiamo Anfield!".
Si può non essere malati di calcio, e conseguentemente credere di non vedere niente più di uno stadio inglese con curve e tribune a picco sul campo. C'è chi lo definirebbe un tempio, e non a caso una targa, appesa sul muro della stretta scalinata che porta i giocatori sul pitch, intima e ricorda loro: "This is Anfield"; un monito al rispetto della "sacralità" del luogo. Da profani possiamo ignorare da quale settore della fortezza scouse parta il coro inneggiato prima e dopo ogni match: Kop può essere un termine che non ci dice nulla, né sappiamo da cosa possa derivare. Infine, magari non riconosciamo neppure nell'orgoglioso ragazzo con la maglia rossa e la fascia gialla "cucita" sulla manica sinistra uno dei capitani più carismatici di ogni tempo calcistico.
Eppure questo stadio, questa tifoseria e questo coro mettono paura e soggezione a chiunque.
Emozionano, fanno rabbrividire, impressionano.
Decine di migliaia di sciarpe biancorosse stirate al cielo e una sola voce: "You'll never walk alone".
Liverpool, sponda Reds, è questo: un canto.
Per quanto si contino ovunque in giro per l'Europa britannica e continentale numerosi tentativi di imitazione, il mito, di cui sembra essersi smarrita l'origine, vede questa canzone vincolata ad Anfield.
Ma dietro la gloria?
La storia dice che "You'll never walk alone" è una canzone composta da Richard Rodgers e Oscar Hammerstein II nel 1945 per una scena di un musical di Broadway intitolato "Carousel" e che nel 1961, nel pieno del movimento "Mersey Sound", venne reincisa, tra le altre, da una beat band chiamata Gerry and the Peacemakers. Se però è facile risalire, grazie a documentazioni e fonti storiche, agli artefici della canzone, non lo è altrettanto capire come questa sia entrata ad Anfield, se non battendo i meno accreditati ma decisamente più suggestivi due sentieri della leggenda.
Eppure questo stadio, questa tifoseria e questo coro mettono paura e soggezione a chiunque.
Emozionano, fanno rabbrividire, impressionano.
Decine di migliaia di sciarpe biancorosse stirate al cielo e una sola voce: "You'll never walk alone".
Liverpool, sponda Reds, è questo: un canto.
Per quanto si contino ovunque in giro per l'Europa britannica e continentale numerosi tentativi di imitazione, il mito, di cui sembra essersi smarrita l'origine, vede questa canzone vincolata ad Anfield.
Ma dietro la gloria?
La storia dice che "You'll never walk alone" è una canzone composta da Richard Rodgers e Oscar Hammerstein II nel 1945 per una scena di un musical di Broadway intitolato "Carousel" e che nel 1961, nel pieno del movimento "Mersey Sound", venne reincisa, tra le altre, da una beat band chiamata Gerry and the Peacemakers. Se però è facile risalire, grazie a documentazioni e fonti storiche, agli artefici della canzone, non lo è altrettanto capire come questa sia entrata ad Anfield, se non battendo i meno accreditati ma decisamente più suggestivi due sentieri della leggenda.
- Negli anni sessanta inglesi era abitudine trasmettere all'interno degli stadi la top ten musicale del momento (in modalità countdown) così da interessare il pubblico fino al fischio iniziale. Si narra che "You'll never walk alone", una delle hits del tempo, venne "naturalmente" eletta dai tifosi del Liverpool come proprio inno ed una volta uscita dalla classifica continuò ad essere cantata.
- Si racconta anche però, che durante un concerto tenuto da Jerry and the Peacemakers ad Anfield, causa un guasto dovuto alle difficili condizioni meteorologiche, l'impianto venisse danneggiato e "You'll never Walk Alone" fosse bruscamente interrotta, fin tanto che il pubblico presente, per nulla scoraggiato dall'inconveniente, prese a cantarla, "a cappella" per così dire, dopo pochi istanti, decretandone il futuro inestricabile legame con quel terreno e quella gente.
Indipendentemente da quale sia la leggenda che s'avvicina alla verità, una cosa è certa: sembra che sia stata scritta per loro, per i tifosi, per i giocatori, per lo stadio, insomma: per il Liverpool. Nulla è stato frutto del caso, è stata una scelta reciproca, tanto insolita quanto obbligata. Tuttavia, pensandoci, non sembra né vero né verosimile. Chissà se Richard Rodgers e Oscar Hammerstein II avessero mai immaginato una sorte simile per la colonna sonora del loro musical... E chissà cosa sarebbe successo se fossero stati i Beatles ad incidere questo pezzo! E già, perché per fortuna o purtroppo non sono stati così lontani dal farlo. Ma questa è un'altra storia.
Walk on, walk on with hope in your hearts
and you'll never walk alone...
and you'll never walk alone...
Molto divertente (sebbene a tratti becero) è anche ascoltare le versioni storpiate da tifoserie avverse a quella di casa ad Anfield. Va infatti ricordato come a fronte di una ricca ed intraprendente Londra che domina, dal suo sud, l'Inghilterra, il nord soffra ripetute crisi di benessere sociale ed economico. Il risultato, sempre perché è vero il detto "tutto il mondo è paese", si ripercuote negli stadi con cori di sfottò costruiti sulla falsa riga delle gloriose parole della canzone. Facile sentire tifosi londinesi canzonare gli scousers: "You'll never get a job" o "You'll never work it all"...
Ma i veri professionisti, come era auspicabile aspettarsi, sono a una qualche decina di chilometri di distanza da Liverpool, a Manchester.
Ma i veri professionisti, come era auspicabile aspettarsi, sono a una qualche decina di chilometri di distanza da Liverpool, a Manchester.
Sapete com'è, dato che Anfield verrà presto abbattuto e i templi del calcio caleranno ancora di numero, ho pensato di farci un salto quest'estate. Va visto, magari anche se non ospita il Chelsea per l'euroclassica inglese, il Man Utd per la rivalità più sentita, o i Toffeemen per il derby della Mersey. Va comunque visto: penso che una volta davanti al cancello, sarà più forte di me e comincerò a cantare, indipendentemente dal fatto che lo smacco più grande che abbia mai accusato come tifoso me l'abbiano fatto vivere loro.
Potere della musica. O del calcio. O di entrambi.
Potere della musica. O del calcio. O di entrambi.
Outro.Dovesse interessare questa cosa, ripeto come grande attenzione meritino anche altri cori, se non altro per il background musicale e sociale che intercettano e dal quale sono ricambiati. Io, di mio e per me, scriverò comunque, perché certe cose è sempre meglio appuntarsele, ma dovessi proseguire anche per chi legge, il coro migliore lo terrei per ultimo.
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