Bachelite - OFFLAGA DISCO PAX



Ascoltato il nuovo lavoro degli "Offlaghi", intitolato BACHELITE.
Il primo album mi aveva letteralmente steso, ne ero rimasto entusiasta; fossi stato un musicista (non un simil-cazzone come sono stato), avrei invidiato di non averlo realizzato io, SOCIALISMO TASCABILE.
Fresco, genuino, provinciale.
Da questo non sapevo cosa aspettarmi, eguagliare o superare pezzi come TONO METALLICO STANDARD, KAPPLER, DE FONSECA, ma soprattutto come ROBESPIERRE non era per nulla facile.

BACHELITE contiene pezzi che sarebbero stati all'altezza del primo album, e parlo di LUNGIMIRANZA, CIOCCOLATO I.A.C.P. e VENTI MINUTI. Solo che, se in SOCIALISMO TASCABILE l'album dei ricordi veniva sfogliato con ricchezza di dettagli e fantasia, ora le foto appaiono sbiadite e le didascalie piuttosto sforzate.
La stessa CIOCCOLATO I.A.C.P., divertente quanto triste immagine di economia alternativa del tempo non è che l'appendice di ROBESPIERRE.

Le altre trace però non mi convincono più di tanto, sono senza arte né parte.
Voto: 5,5 di incoraggiamento a riprendersi alla svelta.

Diventa MEFFER, cosa aspetti?

entra a far parte del FORUM MEF!!!





Jean ne parla così:


"Il forum è retto da un umorismo becero e tagliente.
E' normale insultare le proprie madri
e dare del testa di cazzo a destra e a manca.
Ci si prende in giro su più livelli,
i moralismi non sono di casa
e c'è una forte vena misogina"


Poi, aggiungo io: Calcio e Fantacalcio, NBA e fantaNBA.
Musica di qualità, per chi si è rotto il cazzo dell'indie-rock.
Spazio per libri, corti cinematografici, film, fotografia.
Organizzazione di calcetti, basket, cene e quant'altro.



Come dice Checco:

"Perchè i Meffers saranno anche Beceri
ma non sono certo dei caproni"


Reduce, Giovanni Lindo Ferretti


A distanza di quasi un ann
o ho ripreso in mano
REDUCE e l’ho riletto.
Mi capita poche volte di rileggere libri o riguardare film, ma per il libro di Giovanni Lindo dovevo farlo, una cosa diversa, uno stile unico, il sapore di qualcosa di autentico. Ricordo di averlo difeso a più riprese nei forum sinistrorsi di mezz’Emilia: lo rifarei, e alla grande.
Quella puntata di “Otto e mezzo” dove presentava
REDUCE aveva irritato i presunti intellettuali di sinistra e io non m’ero mai divertito così tanto a sverniciare le loro teorie del cazzo che non stavano assieme neanche con la colla.

“Votavamo il P.C.I. perché ci governava bene”.
In questa frase c’è tutto, c’è tutto il declino della sinistra emiliana, della nostra amata storia.
L’imperfetto dei verbi, l’idea del passato, vicino ma finito, inesorabilmente tramontat
o.
La rievocazione del P.C.I., come a voler dire che tutto quello venuto dopo, sebbene di nome diverso, è stato, ed è, solo decadenza, resti, avanzi, poca roba.
Un affermazione che ha il valore di una negazione, suona come:
”Ora non lo fa più”. Riconoscerlo non è sufficiente, uscirsene con frasi “sì, va bene ma non do il voto agli altri” è come ostinarsi a chiamare il maschio senza avere femmina, re e cavallo.
Ne vale la pena?
Se poi il sentimento è schietto, se quel
“Sono tornato a casa” è, come davvero è, trasparente e sincero, allora io sto dalla sua parte, non lo rinnego, mi dispiace, anzi.
Che voti Berlusconi, vada da Ferrara, si faccia pubblicare da Mondatori, m’importa ‘na sega.
L'incoerenza di cui è stato tacciato dai sedicenti uomini di sinistra dalle belle case, i macchinoni, il colletto bianco, la barca in Sardegna e il portafoglio sempre rimpinzato da papà è quanto di più grottesco possa immaginare.
Quelli sì, li innaffierei di sperma, meglio se hanno un bel paio di occhiali su cui poter sbrodolarmelo.

Ma questo è quello che ho pensato l’anno scorso.

Rileggendolo mi sono soffermato su altre cose, sulla descrizione dei suoi luoghi, per esempio, quelli abitati, lasciati, riabbracciati (Cerreto Alpi, la montagna reggiana, Reggio Emilia) e quelli visitati, v
issuti da ospite (Berlino Est, Mosca, Leningrado, Ulaan Bataar, Sarajevo, Medjugorie, Algeri, Cape Town, Durban).
La descrizione di luoghi surreali, veramente a margine della storia e della geografia, irripetibili, unici. Ora chiunque va in capitali, paesi, regioni, dove potrà tornare, che potrà rivedere, di cui racconterà il tutto e il niente che qualcuno ha già raccontato o racconterà ancora. Ferretti parla di posti che sembrano lontani nel tempo e sembrano fittizi, artefatti, ma esistevano non più di vent'anni fa. Se uno ci pensa non ci può credere. Peppone diceva di preferire la "Russia che aveva in testa", alla "Russia vera e propria"; Ferretti, per puro gusto ESTetico, ha vissuto in una comune a Berlino Est ed è andato più volte in Russia, la "Russia vera e propria"Gli intellettualoidi di sinistra possono mettersi in fila ed ascoltarlo, prima di dargli dei nomi. Lui ha scelto, ha visto, ha vissuto. Loro, no: loro hanno letto i libri nelle loro belle case, è una cosa diversa, profondamente.

E poi il modo di descrivere il Crinale e la sua gente, l’amore per la montagna, l’orgoglio d’essere montanaro. La voce di chi doveva andarsene per capire di dover tornare, una moderna transumanza da domani a ieri. Il Crinale, le cime, le chiese, le architetture povere, i passi, i valichi, l'acqua, il vento, i camini, i cavalli, le tradizioni, i dialetti: in una parola, la Montagna, l'Appennino. Ciò che resiste (per davvero), ciò che è reduce.

Bon, basta, lascio di seguito una (un po’ lunga, a dire il vero) spiegazione dell’affaire Ferretti secondo me, ovviamente.

Ferretti Lindo Giovanni era stato ritenuto colpevole dalla peggiore delle giurie -quella del popolo generalista- di aver più volte professato l’abbandono della retta via e di avere votato a destra, di “essere tornato a casa”. Ferretti era il punk filo-sovietico, era i C.C.C.P., la voce in musica dell’Emilia, l’italica roccaforte rossa, primo e ultimo incrollabile baluardo del comunismo europeo. S’era costruito l’immagine del compagno oltranzista, a tratti -apparentemente- stupido, fedele alla linea anche quando la linea non c’è.
Chi non l’ho mai ascoltato attentamente lo ha sempre giudicato per le falci e i martelli che riempivano i dischi dei C.C.C.P., per gli slogan paradigmatici («Produci, consuma, crepa») e per diversi suoi comportamenti dal piglio provocatorio, tipici di quella sinistra che nega sé stessa, di quella sinistra che: «Così com’è non va, la vera sinistra è più a sinistra!».
Fin da tempi non sospetti, a me, specie la canzone Madre e l’album Canzoni, preghiere, danze del II millennio. Sezione Europa avevano sempre dato da fare; non mi avevano mai convinto di un partito piuttosto che un altro, anzi.
Avevo il sospetto (si dice: «chi ha il sospetto ha il difetto» e io quel difetto lo covavo) che Giovanni così di sinistra non lo fosse mai stato e che non avesse mai volutamente sponsorizzato nulla e nessuno, ma si fosse semplicemente limitato a raccontare quello che gli passava per la testa facendolo come meglio gli garbava in quel determinato periodo.
Che la gente intendesse una cosa al posto di un’altra o pigliasse sistematicamente lucciole per lanterne non era mai stato un suo problema.
Il mio sospetto veniva poi suffragato da una vecchia intervista fatta a Massimo Zamboni (l’altra indispensabile anima dei C.C.C.P.) il quale affermava che non abbracciassero deliberatamente alcuna ideologia ma cercassero semplicemente di descrivere ciò che vedevano guardandosi intorno, indipendentemente da quale ne fosse la facciata e da cosa vi fosse dietro. Era stato proprio questo aspetto a far sì che m’interessassi ai C.C.C.P., ai C.S.I. e ai P.G.R., non mi facevo scrupoli del loro voto, non me ne fregava un cazzo.
Inoltre, ad ulteriore riprova dell’affrettato e superficiale giudizio dell’intellighenzia locale, dei duri e puri di paese, era già qualche anno che Ferretti portava in giro per l’Italia spettacoli che affrontavano in maniera più approfondita anche temi religiosi, non proprio vicini ai partiti di sinistra, temi per la verità non inediti, ma che forse, al tempo dei C.C.C.P. erano passati in sordina.
Se la colpa era quella di “essersi convertito” allora la colpa non sussisteva, non c’era stata nessuna conversione, ma solamente un processo graduale i cui accenti erano stati spostati a seconda dei tempi e delle convinzioni. Un processo invisibile e impercettibile solo a occhi e orecchie disattenti, un processo comune a tante vite, ma illecito se compiuto da un’icona di sinistra.

2007 Personal Selection


Non ho ancora le idee chiare riguardo alla consueta classifica di fine anno. O meglio, so chi metterò per primo, i Verdena, per mille mila motivi, e so chi non metterò, i Radiohead, perché, ziocane, tanto rumore per nulla di memorabile se non la strategia commerciale.

Intanto compilo una selezione, diciannove brani di singole band e singoli artisti, estratti da diciotto diversi lavori ascoltati quest’anno. Due provengono dallo stesso album e si tratta di SGT PEPPERS LONELY HEARTS CLUB BAND, registrato per il quarantesimo anniversario dall’uscita del capolavoro dei Beatles, da artisti vari. L’album, non essendo inedito, non rientrerà nella classifica finale, ma i due pezzi estratti ci stavano nella compila, e ci stavano alla grande!




Via! (inserisco un video come link al pezzo)

01) Sgt. Peppers Lonely Hearts Club Band (REPRISE) - Stereophonics Un’intro leggero e fuori luogo come piace a noi giocatori di texas hold’em. Il prossimo gruppo che farò, se mai ne farò uno, sarà una cover band dei Beatles; voglio suonarle tutte, da I am the Walrus a Everybody's got something to hide except for me and my monkey.
02) Pioneer to the falls – Interpol. Ecco, il vero primo pezzo per come lo intendo io. Discretamente lungo, intenso, elaborato, quieto, andante, spiazzante, coinvolgente.
03) Don Calisto – Verdena. DISCONTINUI...CAOTICI...DIFFICILI...Per questa canzone ho sprecato gli aggettivi. Sembra una registrazione dozzinale e sembra banale, però è di un trascinante spaventoso, trasmette una carica irresistibile e la si canta (più che altro “la si sbraita”) sempre volentieri."E va bene così, bene cooooooooo... LOOOOONTAAAAAAANOOOOOO!!!"
04) Hunting for witches – Bloc Party. Molto indeciso con Kreuzberg, poi ho puntato su questa perchè più immediata, sebbene un po’ troppo sorella delle canzoni di Silent Alarm. Bona lè comunque, cazla via….
05) Brianstorm - Arctic Monkeys. Che tiro ha questa? Belli anche gli altri singoli, bella anche Do me a favour, ma Brian è quasi ai livelli di A Certain Romance, o no? (e non ho detto "Pizza e fichi"...)
06) The Penalty – Beirut. Postcards from Italy era un’altra cosa, ma questo pezzo non è male, e poi, dopo la potenza delle scimmiette artiche una ballatina un po’ californiana un po’ balcanica ci sta da Dio. Beccatevi il video! Cazzo, dopo averlo visto sto seriamente pensando di inserirli in classifica; che talento ha? Sì, ok, e poi un po' balcanico lo sono (e non mancate certo voi di ricordarmelo), californiano lo può essere chiunque, basti pensare al buon Arnold, per cui, sì, ci penserò.
07) Skeleton Song – Kate Nash. O questa o Foundations, ma quest’ultima gira un po’ troppo spesso su MTV per non avermi scassatu u’cazz.
08) Smokers outside the hospital doors – The Editors. Saranno melensi, ricorderanno un po’ troppo i Coldplay ma questo motivetto semplice e carino l’ho ascoltato sempre dall’inizio alla fine. Sembra poco, non lo è.
09) Herculean – The Good, The Bad & The Queen. L’ho preferita a Kingdom of Doom. Mi piacciono così tanto queste due tracce che rischio di inserire tra i primi dieci album quello del nuovo gruppo di Albarn in virtù di due sole canzoni.
10) No cars go – The Arcade Fire. Non muoio per questi canadesi cui riconosco comunque talento e inventiva, ma questo pezzo ci sta. Il video linkato apre tutti i culi: il frammento dove si vede la ragazza col violino contro il cielo frastagliato di Glasto è veramente molto carino.
11) Photograph – Air. Sì, dai, anche un po’ di elettronica francese.
12) New years end – God is an astronaut. Non ci fossero stati gli Explosions in the Sky a chiudere questa selezione sarebbe stata la mia canzone dell’anno. Ho impiegato dieci minuti a replicarne i riff della chitarra ma una giornata e mezzo a impararne il giro di basso (e se no nc'era Issio col cazzo...), orco càn, stupendo.
13) Silently – Blonde Redhead. Mi garba, mi garba un tot. E poi son quasi italiani. Quasi.
14) A day in the life – Pete Doherty & Carl Barat. Ecco la seconda cover da SGT Peppers. Se Doherty non fosse un drogato patentato e l’altro non andasse in giro a fare puttanate con band che non sono i Libertines sarebbero riconosciuti (da chiunque, intendo) come due fra i più grandi talenti inglesi. E invece no. Va bene lo stesso, i quattro secondi che vanno dal minuto 2.35 al minuto 2.39 valgono la posizione. (Sì, lo so, il video linkato fa cagare, ma non ne ho trovati altri, vèliac)
15) +stile – J Ax & The Styles. Il pezzo d’impiccio! Avete presente quelle canzoni che non c’entrano un cazzo con voi ma che per tutta una serie di ragioni avete ascoltato un casino di volte e vi ci siete affezionati? + stile rientra tra quelle. Poi ci sta alla grande. Finiscono di parlare "Faul" e Ringo che ringraziano tutti gli artisti che hanno partecipato al remake di SGT Peppers e parte J Ax a dire delle puttanate catatoniche.
16) Broken by – Giardini di Mirò. Fantastica questa ballata, non facile da inserire nella selezione ma imprescindibile.
17) White Chalk – PJ Harvey. Porca puttana, quant’è bella ‘sta canzone?
18) All I need – Radiohead. Volente o nolente i Radiohead dovevo inserirli, e questo è l’unico pezzo che salvo.
19) The birth and death of the day – Explosions in the sky. Questa traccia è ultima solo perchè è lunga, ma questa è la mia canzone dell’anno. Veramente meravigliosa, ci ho scritto un racconto sopra!

Lo so, ci manca un coro del Milan e un pezzo degli Oasis.
Vabbè, sarà per il prossimo anno.
Pensando alla classifica finale, per ora la mia compilation del 2007 è questa.

Un post di presentazione, la voglia di cambiare.
Passo dal mio vecchio blog a questo, vediamo come va!

Per i ricordi:
http://zuzuspace1981.spaces.live.com/
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...