Viaggio al centro della disoccupazione

Tornassi indietro terrei un diario di bordo, con tanto di data, e prima di ogni memoria ricorderei tutto scrivendo qualcosa come “17 Dicembre 2010, 1 anno dopo la Grande Crisi, 1 mese dopo le dimissioni”.

Qualche tempo fa ho letto lo status di una mia amica di Facebook. Diceva pressapoco che la bellezza di un futuro nero è che va bene con tutto. Vero.
Fortuna che questo futuro è alle spalle, fortuna che presto inizierò una nuova professione, forse, e dico FORSE, quella che avrei sempre dovuto svolgere. Rimane vero il fatto che a un tempo nero gli sta veramente bene tutto di cucito addosso, indipendentemente che sia un passato prossimo un presente continuo o un futuro remoto.
Avrei dovuto tenerne ricordo di volta in volta, avrei dovuto scrivere di ogni abito che il mio passato ha indossato, ma ci ho pensato solo adesso, adesso che è tutto finito, che è passata la burana.
In ogni caso voglio provare a raccontare questo tempo, questo viaggio, un po' a mo' di liberazione, un po' perché credo che chi si trovi nella mia stessa situazione abbia bisogno di sapere come è stato quello che spera di esserci riuscito.

E' stata veramente dura.
Ma del resto NO PAIN, NO GAIN, come dicono in America. Non c'è guadagno se non c'è sofferenza.
Ho visto i volti della disoccupazione in tutte le sue forme, i peggiori ghigni, quelli più rassicuranti, quelli più subdoli, quelli più stupidi.
Ne ho per tutti, per il bue e anche per l'asino.

  • Agenzie del lavoro che non si riuscivano mai a trovare aperte.
  • Agenzie del lavoro che appena entrato mi hanno proposto un lavoro, dicendomi che mi avrebbero segnalato ad una ditta importante, per poi non farsi più risentire.
  • Agenzie del lavoro che mi hanno tenuto al telefono mezzora per chiedermi se per caso fossi interessato ad una posizione per cui, in caso affermativo, mi avrebbero segnalato. Alla mia risposta affermativa concludevano dicendo che si sarebbero fatti sentire l'indomani. Mai più sentito niente.
  • Agenzie del lavoro che mi hanno portato direttamente in azienda, mi hanno fatto avere un colloquio, per poi dimenticarsi di me dopo tre ore.
  • Agenzie del lavoro che mi hanno chiamato la sera per dirmi che il giorno dopo mi sarei dovuto presentare a Forlì alle 8.30 per un colloquio in una Banca.
  • Centri per l'impiego che non mi hanno assistito per niente.
  • Sindacalisti che hanno avuto solo interesse a fare in modo che io dessi ragione a loro e torto ai padroni, e che non sapevano un cazzo di quello che mi stava succedendo.
  • Patronati che non-si-sa-bene-perché esistono.
  • Strade piene di ceramiche e di ditte basta-fossero percorse a piedi in pomeriggi di pioggia e un freddo boia.
  • Colloqui di gruppo dove son riuscito a vedere un tremolante quarantacinquenne affermare:”Sono celibe per scelta”. (No, sei celibe perché sei brutto e, cazzo, tremi in continuazione, fai paura anche a me!)
  • Colloqui singoli di più di un'ora che si concludevano qualche telefonata più tardi con un:”Abbiamo pensato di ripiegare su una risorsa interna”. Andate a morire, mongoloidi.
  • Aziende i cui titolari hanno declamato:”Questo è un prodotto che abbiamo solo noi”. Essendo del ramo, mi sbilanciavo nella prima domanda intelligente che mi veniva in mente al riguardo della bontà del prodotto stesso, e questi zitti, non sapevano rispondere.
  • Aziende che mi hanno detto:”Ci faremo risentire presto, siamo persone oneste e serie, noi. Non più tardi di venerdì la chiamiamo”. Mai più risentiti.
  • Aziende che mi hanno rassicurato:”Per tre mesi staresti con noi, poi non ti garantiamo niente. Però, sai, io conosco questo, quello, quell'altro, magari liberiamo un posto a Modena...magari tra tre mesi ne riparliamo. Cosa dici? Sei dei nostri?”
  • Aziende che mi han chiamato per un colloquio e mi hanno detto:”Sì, la sede è a Vignola, ma se ci fosse da andare a Zocca una volta a settimana, magari al sabato mattina, per te sarebbe un problema?”
  • Aziende che tenevano colloqui di gruppo all'interno dei quali comparivano tutte le razze di disoccupati possibili: studenti con l'eskimo, neolaureati in giacca e cravatta, ragazzi come me, laureandi in economia, parvenu che provavano a fare gli arrivisti, ecc...
  • Aziende i cui responsabili delle risorse umane si son fatti negare ogni giorno, per poi telefonare tre settimane dopo chiedendomi se ero ancora interessato.
  • Aziende che mi hanno telefonato a casa, senza che io avessi mandato loro alcun curriculum. Una volta presentato là mi dicevano di aver bisogno di un operaio e che si erano sbagliate a contattarmi. Dai?
  • Aziende che mi hanno cercato al cellulare annunciandosi così:”Salve sono Tizio Caio Sempronio, cercavo Simone Ferrari”. Genio della lampada, hai mica fatto caso che hai digitato un numero mobile e non un fisso?
  • Aziende che mi hanno contattato chiedendomi se fossi interessato a fare le denunce dei redditi:”Abbiam letto sul suo curriculum che le ha già fatte!”, “Guardi, vi dovete essere sbagliati, io non le ho mai fatte e, soprattutto non l'ho scritto sul curriculum!”; “Ah, davvero? Beh, s'impara tutto!”.
  • Aziende che non hanno creduto al fatto che io fossi in mobilità e mi hanno richiesto tutti i documenti, altrimenti non avremmo potuto andare avanti. Una volta fatti loro avere, non si sono più fatte sentire.
  • Aziende che mi hanno detto:”Siamo una grande famiglia qui. Siamo gente cui preme andare d'accordo. Noi spesso usciamo a pranzo e a cena”. Continuate pur a farlo da senza di me.
  • Persone che mi hanno contattato per tenermi tre ore in un bar raccontandomi della loro travirgoletteazienda e della loro infallibile tecnica di vendita a mo' di catena di Sant'Antonio.
  • Persone che mi hanno contattato per tenermi cinque minuti (perché nel frattempo avevo capito l'antifona) alla Baia del Re a Modena Sud per parlarmi della loro travirgoletteazienda e della loro infallibile tecnica di vendita a mo' di catena di Sant'Antonio.
  • Selezionatori del personale che dopo avermi parlato un minuto e mezzo mi chiedevano se fossi interessato a iniziare dal lunedì successivo. Così scontati da non chiedere neppure dove fosse il trucco e dire:”No, grazie. Come se avessi accettato”.
  • “Gente conosciuta” che mi sponsorizzava ad altra “gente conosciuta” senza dir loro chi fossi, cosa avessi fatto e cosa stessi cercando. Io spero vi facciate del male, che vi capiti qualcosa di brutto, non di troppo brutto, ma che vi facciate male all'alluce, ecco, una cosa così.
Ne ho viste davvero di tutti i colori.
Son stato preso dalla delusione un casino di volte.
Non è stata tanto la paura dei soldi o quella di essere solo.
Ho ricevuto la disoccupazione, sussidio dovuto essendomi licenziato per giusta causa. E ho sempre avuto persone che mi hanno aiutato, i miei genitori su tutti, senza i quali mai avrei nemmeno pensato di andarmene da dov'ero prima, ma senza il consiglio dei quali i miei capelli ora sarebbero tutti (cioè, quelli che ho) completamente bianchi.
Son stato preso dalla delusione perché non capivo a cosa dovessi puntare, a chi credere, quanto ancora darmi tempo.

Mi ha fatto bene stare con il culo per aria per cinque mesi.
Ho rivisto e rivissuto cosa vuol dire essere senza un lavoro, che valore abbiano i soldi, cosa davo per scontato e cosa no, come bisogna trattare le persone che non ce l'hanno, che valore abbia l'amicizia, che valore abbiano i giudizi della gente.

Ad Aprile inizio.
Vicino a casa, a Spezzano, in un bell'ufficio, con due persone che mi insegnano, in una grande ditta, con prospettive di crescita che spero di non disattendere.
Sono contentissimo.

E' stata l'unica Azienda tra quelle cui ho consegnato un curriculum a mano ad avermi chiamato.

Sono andato lì a fare il colloquio senza crederci troppo, m'han telefonato, poi mi han richiamato perché parlassi con il capo e quindi le persone con cui andrò a lavorare mi hanno tenuto lì 4 ore a vedere il lavoro e a spiegarmelo.
Sono stato contento perché hanno valutato, in egual misura, quel che dovevano valutare: esperienza lavorativa, voto di laurea, ambizioni, referenze.
Speriamo bene, ora dipende da me.

1 commento:

Emanuel Gavioli ha detto...

Si ok, ora dipende da te.
Ma c'è un rito che bisogna rispettare adesso: devi pagare da bere.

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