Premessa inutile.
Da piccolissimo, durante un pranzo di quelli importanti, me ne uscii con uno sfondone dialettale. Venni rimbrottato da mia madre che mi urlò di non parlare in dialetto, di non usarlo, di non usarlo in casa, fuori di casa, con persone che non conoscevo e che dovevo rispettare.
Avrò avuto 6 anni.
A dire la verità risero tutti quel giorno, solo mia madre non rise.
Resta che non usai mai più il dialetto, nemmeno con gli amici, nemmeno con i membri della mia famiglia che ignoravano l'antipatia di mia madre verso la nostra lingua "volgare".
Poi un giorno, sempre a pranzo, durante un battibecco furioso con mio padre gli risposi malissimo. Gli risposi, però, in dialetto. Mio padre cambiò umore, non gli importava essersi beccato i più brutti cancheri con tanto di contorno folkloristico dall'unico figlio che aveva, si mise a ridere e disse:"Mi piace quando parli in dialetto".
Da allora lo alterno all'italiano. A lavorare parlo praticamente solo in dialetto.
Scena.
Qualche tempo fa ho chiesto a mio padre come si dicesse una cosa che non avevo mai sentito pronunciare. Il passato remoto di dire, terza persona singolare, "lui disse".
Z: Zeman; D: Domine.
Z: Pà, come si dice "disse" in dialetto?
D: Chi?
Z: "Disse", Pà, "disse". Lui disse.
D: Le-lò al dis.
Z: Non "dice", "disse"!
D: Aaaaaaaah! Adesa a-i-ho capì, a-i-ho capì.
D: Le-lò al giva.
Z: No, quello è "lui diceva"
D: Allora: le-lò a-hal det.
Z: No, quello è passato prossimo, a me serve il passato remoto.
D: Chi?
Z: "Disse", voglio sapere "disse".
D: Sè bein, e mè s-a-t'ho-i-a-det?
Z: Mi hai detto il dialetto di "Ha detto".
D: T'et ghet ragiaun.
Z: ...
D: Le-lò a l'iva det
Z: Eh no. Questo è il trapassato prossimo.
D: Scolta ve'. Sa vot c'at dega?
Z: "Disse".
D: No. Non esiste in dialetto.
Z: E' impossibile. E' lo stesso tempo di "Fui". Come dici "Fui" in dialetto?
D: Non si dice. Non si dice quasi mai.
Z: Però si dice!
Dopo aver pensato un po', riprende.
D: Set cum as dis "disse"?
Z: Eh?
D: Le-lò a l'iva det!
Z: L'hai già detto, ma non è quello.
E poi pura accademia.
Alzando la mano col palmo rivolto all'indietro e muovendola più volte dietro all'orecchio, come a richiamare col gesto il tempo remoto, sentenzia: "Le-lò a l'iva det".
Non ce l'ho fatta a non ridergli addosso.
Fantastico.
Per la cronaca, dopo un'altra mezzora buona è riuscito a dirmelo.
Lui disse: le-lò al d'gé.
Da piccolissimo, durante un pranzo di quelli importanti, me ne uscii con uno sfondone dialettale. Venni rimbrottato da mia madre che mi urlò di non parlare in dialetto, di non usarlo, di non usarlo in casa, fuori di casa, con persone che non conoscevo e che dovevo rispettare.
Avrò avuto 6 anni.
A dire la verità risero tutti quel giorno, solo mia madre non rise.
Resta che non usai mai più il dialetto, nemmeno con gli amici, nemmeno con i membri della mia famiglia che ignoravano l'antipatia di mia madre verso la nostra lingua "volgare".
Poi un giorno, sempre a pranzo, durante un battibecco furioso con mio padre gli risposi malissimo. Gli risposi, però, in dialetto. Mio padre cambiò umore, non gli importava essersi beccato i più brutti cancheri con tanto di contorno folkloristico dall'unico figlio che aveva, si mise a ridere e disse:"Mi piace quando parli in dialetto".
Da allora lo alterno all'italiano. A lavorare parlo praticamente solo in dialetto.
Scena.
Qualche tempo fa ho chiesto a mio padre come si dicesse una cosa che non avevo mai sentito pronunciare. Il passato remoto di dire, terza persona singolare, "lui disse".
Z: Zeman; D: Domine.
Z: Pà, come si dice "disse" in dialetto?
D: Chi?
Z: "Disse", Pà, "disse". Lui disse.
D: Le-lò al dis.
Z: Non "dice", "disse"!
D: Aaaaaaaah! Adesa a-i-ho capì, a-i-ho capì.
D: Le-lò al giva.
Z: No, quello è "lui diceva"
D: Allora: le-lò a-hal det.
Z: No, quello è passato prossimo, a me serve il passato remoto.
D: Chi?
Z: "Disse", voglio sapere "disse".
D: Sè bein, e mè s-a-t'ho-i-a-det?
Z: Mi hai detto il dialetto di "Ha detto".
D: T'et ghet ragiaun.
Z: ...
D: Le-lò a l'iva det
Z: Eh no. Questo è il trapassato prossimo.
D: Scolta ve'. Sa vot c'at dega?
Z: "Disse".
D: No. Non esiste in dialetto.
Z: E' impossibile. E' lo stesso tempo di "Fui". Come dici "Fui" in dialetto?
D: Non si dice. Non si dice quasi mai.
Z: Però si dice!
Dopo aver pensato un po', riprende.
D: Set cum as dis "disse"?
Z: Eh?
D: Le-lò a l'iva det!
Z: L'hai già detto, ma non è quello.
E poi pura accademia.
Alzando la mano col palmo rivolto all'indietro e muovendola più volte dietro all'orecchio, come a richiamare col gesto il tempo remoto, sentenzia: "Le-lò a l'iva det".
Non ce l'ho fatta a non ridergli addosso.
Fantastico.
Per la cronaca, dopo un'altra mezzora buona è riuscito a dirmelo.
Lui disse: le-lò al d'gé.
4 commenti:
Ma scusa, lo sanno tutti che il passato remoto lo usano solo da Roma in giù... è chiaro che in dialetto non esiste!
al gè, al gè, grande!!!si usa proprio nel raccontare storielle!
mio nonno in una delle più esilaranti, narra di un tizio che raccolse un pulcino per strada, e se lo portava in giro in mano dicendo di aver trovato una gallina.
poi in bar uno guardandolo meglio sentenziò anzì al gè:
"me per me l'è un TOC!"
AHAHA!
grazie zeman, ho riso!
ce n'è bisogno!
ciao!
la premessa è tutt'altro che inutile!
Anche io mentre leggevo il post pensavo che non esistesse perchè il passato remoto al centro-nord non si usa, invece il magnifico Domine si è ricordato anche come si dice 'disse'. che grande!
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