(senza) Soluzione di continuità

C'è un presupposto da cui partire, ossia che se la seconda stagione di Westworld fosse un disco, sarebbe The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd, e lo sarebbe per un motivo molto semplice, cioè perché è bellissimo ma è altrettanto difficile indagarne i motivi con piena cognizione di causa. E tutto questo somiglia molto ai miei ultimi mesi.


A volte vorrei essere come Bernard Lowe per avere un Anthony Hopkins/Robert Ford che mi spiega le cose



Internet è stracolmo di quotes della fortunata serie HBO ma ovviamente quella che è rimasta più in testa a me, e forse anche la sola che davvero rende l'idea della trama di Westworld II nonché il topic del post, non c'è, non si trova da nessuna parte, probabilmente nemmeno nel deep web. Ad ogni modo riguarda un dialogo -spoiler alert- tra alcuni membri della squadra di controllo che prende in custodia Bernard dopo un bordello di livello biblico, nel quale uno dei due riferisce all'altro che nella mente del protagonista sono sepolti vent'anni di memorie disallineate. Quando il secondo chiede al primo quanto tempo occorra per riallinearle, quest'ultimo gli risponde di non saperlo, e stima che probabilmente possano occorrere altri vent'anni.
Io mi trovo in questa stessa identica situazione non solo nelle mattinate di hangover in cui riesco a ricostruire il mio passato più prossimo solamente dopo aver verificato le chiamate effettuate, i whatsapp inviati, le chats archiviate, i commenti polemici non richiesti che ho rilasciato su Facebook tra un bicchiere e un altro, le notes prese, ma anche quando sto per "chiudere l'ultimo taccuino", quello che mi ha accompagnato negli ultimi mesi, da cui spesso nascono i post del blog. Ed è curioso perché se all'inizio della compilazione, proprio poco dopo avervi vergato sopra "Dal GG/MM/AAAA al..." non vedo l'ora che si riempia di appunti e carta varia, verso la fine mi spiace quasi dover segnar la data di conclusione della raccolta.

A volte le riflessioni che si dipanano tra le pagine dei miei libercoli vanno incastrate tra loro come tessere di un puzzle, come se avessero un filo logico invisibile, altre volte invece stanno tutte sotto lo stesso ombrello seppur più spaiate e sghembe, riflettendosi della loro stessa luce. È chiaro che per necessità di catalogazione sarebbe bene aver un thread sotto cui incasellarle ma in questo caso, con un disallineamento di memorie così acceso, è molto più complicato.
In un certo modo mi è venuta incontro L'Accademia della Crusca (istituzione che dovrebbe costituire un'organizzazione legale di censura statale, così da evitare che sempre più imbecilli prendano la parola quando non sono nemmeno in grado di scrivere le proprie generalità) perché, e mi addentro nello specifico della questione, ho trovato illuminante la descrizione della locuzione "Senza soluzione di continuità", non a caso quella che dà il nome all'articolo, che viene magistralmente spiegata qui, che davvero vale la pena leggere, e che può essere molto semplicemente riassunta in due parole "Con continuità".
La doppia accezione negativa mi ha sempre tratto in inganno, non ho mai realmente capito se "Senza soluzione di continuità" significasse "con" o "senza" continuità; ciò che non era chiaro a me, e che forse non è nemmeno così lampante ai molti che ne hanno adottato l'uso idiomatico, è che il termine "soluzione" mutua il proprio senso da un ambito specialistico all'interno del quale era ed è negativo. Per cui le parole "senza" e "soluzione" è come se fossero due "non", e due "non" in matematica e in italiano si annullano; per comodità si può sostituire la congiunzione "con" alla "di" residua e il gioco è fatto.

Le parentesi che chiudono la prima parola "senza" nascono per sospendere il giudizio perché in realtà non so nemmeno io se le riflessioni spurie di questo mio post viaggino sole o accompagnate. Lo so, sembra che io sia fuori come un missile ma, fortunatamente, oltre all'Accademia, vengono in soccorso del mio ragionamento tutt'altro che libellulesco sia Cosmo che Berta, rispettivamente proprietario e possessore delle lyrics riepilogate in calce.


Non capisci perchè? Seguimi un secondo

Ancoua la cancione della Benny

Spesso prima di spiegare come funziona un orologio, bisognerebbe accontentarsi di saper leggere l'ora, ed è questo il caso. A partire dall'Addio al celibato di Bambino, ossia da quando ho cominciato ad appuntare note sul mio ultimo taccuino, sono successe davvero troppe cose, la cui unica soluzione comune è stato l'essersi susseguite senza che io quasi me ne capacitassi, come se fossi completamente in balia degli eventi e continuassi a ballare una musica che però non sapevo di aver scelto, o che comunque non mi era così nota.
E se ci penso, è esattamente come dice il Dottor Kreizler nella serie "The Alienist", ossia che chi balla sembra matto solo per coloro che non sentono la musica, quindi potrebbe essere utile cercare un fil rouge con cui agganciare tutto.

Appunto messo agli atti.
I believe we all possess the raw material required to commict horrible acts. 
We just need the right or wrong combination of events to make the raw material combustible.

Mi fa ridere pensare che una delle prime cose che ho sbobinato dal mio piccolo "lunario" senza date sia stata una riflessione di Sandro a Cervia, a proposito dell'organizzazione lassista della festa di Bambino:"Non capisco se ci sia contenuto senza strategia o strategia senza contenuto".
Rileggendola ora, credo sia il miglior incipit possibile perché avrei davvero un sacco di robe da scrivere ma non ho la benché minima idea di come strutturare il tutto, o meglio, non ce l'avevo, non ce l'ho avuta fino a quando non sono tornato da Cervia dopo le ferie agostane. Una volta là ho infatti individuato un punto e a capo, una fine, ho capito che la massa critica degli argomenti non poteva essere tenuta insieme da lacci e laccioli, e nemmeno venir disvelata con un qualsivoglia criterio; occorreva semplicemente svuotare la testa senza riempirla per un po', evitare un corto circuito dei pensieri facendo una sorta di lista dei miei moments in the sun, sperando di cogliere profondità nascoste tra banali notabene. Nessun fil rouge, dunque, con cui collegare tutto, né alcun riallineamento di memorie o colonna sonora precisa, bensì l'unico tentativo di provare a descrivere quanto più possibile -senza- alcuna o presunta soluzione di continuità.

La meglio gente del Fantini Club Cervia


Fatboy Slim is fucking in heaven

Ascoltata giusto quelle duemila volte

Sulle prime ero un po' dubbioso circa l'idea di festeggiare un addio al celibato a Cervia. Non tanto perché non mi ispirasse l'idea trita, ritrita e riciclata della Riviera, quanto piuttosto perché mi scocciava s'andasse in uno dei miei domicili eletti, della cui conoscenza posso menar privato vanto, perché quel luogo lo frequento, lo vivo e lo sento mio anche e soprattutto nei momenti di assenza di vento turistico.
Se a livello di spensieratezza sono stato prontamente smentito una volta preso possesso del favoloso appartamento trovato da Berta, per la mia para mentale del senso di appartenenza "putativo" avrei dovuto aspettare qualche mese, perché ancora non sapevo che l'unico innesco possibile di una nuova storia non poteva che avere inizio proprio a Cervia, specie perchè da lì in poi sarebbero successe tante cose e solamente una sorta di giustizia poetica le avrebbe ricomposte.

In carenza di avvocati, degli Addii al Celibato bisognerebbe sempre parlare il meno possibile ma noi siamo gente molto lineare e non abbiamo niente da nascondere, vale a dire che partiamo con le intenzioni peggiori ma dopo un'ora siamo al quarto gin tonic e buonanotte suonatori.
A referto vanno però alcune robe, come la secchiata d'acqua notturna, il contromano-i vocalz-il granvarietà di Gibbo, il vestito del mago ciccione, la valigia volante di Cato, il pulmino dei nazisti di Rovigo, il bagno a Maggio con Colla e Max, l'entrata di Berta al Pineta (definita come "La presa del Palazzo di Inverno"), e il magnifico chiosco di Castel San Pietro Terme dove abbiamo riparato in seguito al fermo-macchine.

Alla fine del film, scegliere il mare come destinazione e luogo ove festeggiare il festeggiabile non s'è rivelata poi una roba scalercia come temevo, tutt'altro. Ed è stato bello ritrovare i ragazzi all'Enoteca Romana qualche tempo dopo ma, soprattutto, al matrimonio di Bambino, dove ci siam rivisti al nostro peggio e abbiam perso il segno direttamente da Freccia a Piumazzo, prima ancora di recarci alla villa, di condividere il tavolo con la linea mediana del Real di inizio secolo ("C'eravamo io, Mulaz, Redondo, Seedorf e McManaman: impossibile toglierci la palla") e di chiedere al DJ di metter su Wonderwall.

In mezzo, se non proprio prima durante e dopo o, per meglio dire "senza alcuna soluzione di continuità" c'è stato il mese a Cattolica, e tutto ciò che ha voluto dire in termini di organizzazione, logistica, tempi, coppe e danari.
In un post del mio Facebook datato 19/06/18, riassumevo in dieci punti gli highlights tardo-primaverili del soggiorno catulghino.


Tuttavia, per quanto sia affezionato al suddetto elenco, se non altro perché è uno dei pochi inventari di memorie allineate che ho del mio magazzino mentale, il Giugno di via-vai tra Cattolica e Pavullo ha generato altri riverberi di ricordi e pensieri, i quali meritano un papello a parte.


Off records

L'ennesima foto senza tempo della Romagna

Va premessa una cosa, ossia che nel 2017 avevamo affittato un appartamentino a Cattolica per una sola settimana, e io v'ero andato esclusivamente nei giorni di week end, armato alla trentadue ed equipaggiato alla bersagliera, con la scatola delle New Balance riconvertita in e riqualificata a valigia. Quest'anno abbiamo esteso la permanenza a tutto Giugno, così da lasciar la bimba al mare per quasi un mese intero, alternando le presenze mie e di donna Ilenia nei soli fine-settimana, alle presenze feriali di nonni materni e paterni, zii e benefattori vari.
Da un lato, ed è la cosa che più grandemente mi auguro, è che la nostra piccola puella possa -raggiunta una maggiore consapevolezza di sè- ricostruire i ricordi di un mese meraviglioso grazie alle foto e ai video che non abbiamo di sicuro centellinato, e in un certo qual modo rivivere sensazioni e stati d'animo di pura felicità; dall'altro, il cambiamento organizzativo rispetto all'anno scorso ha molto pesato, in alcuni casi mi "ha ansiato", e per me è stato come se fossi passato da una vacanza di stampo artigianale e genuino ad una di livello industriale e dal ritmo più serrato, senza soluzione di continuità tra l'ufficio, l'autostrada, il parcheggio e il bar di Guido (che era la prima tappa una volta sceso dalla macchina: Ceres e scampolo di una qualche partita del Mondiale).
Mi vien male se ripenso ai lunedì con la sveglia all'alba per partire dall'ultimo paese della Romagna alla volta di Spezzangeles - muscolo centrale e cuore pulsante dell'Emilia Paranoica, passare davanti ai corrieri che ogni mattina alla stessa ora scaricavano la frutta al grossista del centro commerciale di Cattolica, attraversare i raccordi-gabbia di Bologna, smarcarsi dal casello di Modena Sud, andare al lavoro, affrontare tutte le casinistiche del giorno (casinistiche, parola di mia invenzione: crasi fra casini e casistiche), far finta d'essere fresco come una rosa e vincere l'abbiocco del primo pomeriggio.

Tuttavia, fin dal Liceo, io mi sono persuaso da una convinzione, ossia che si viva più intensamente quando il tempo a propria disposizione scarseggia, ed è un'equazione molto semplice, se ci si pensa, perché lo si razionalizza in maniera più efficiente, si distribuiscono meglio gli impegni, si gode di ogni momento vuoto cogliendo quell'attimo di pieno che altrimenti andrebbe perso o s'appannerebbe.

La canzone che più di ogni altra ha scandito i tempi della mia vacanza catulghina. 
Ha ragione Santu, non è niente di speciale ma fa sangue.

Per esempio, non potrei dire nulla di tutto ciò che segue se non avessi dovuto pianificare i dettagli di ogni giornata. Ne va quindi che son stato contento di aver condiviso un viaggio in treno con una mia collega che percorreva la stessa tratta, per certi versi è stato arricchente bucare a piedi e nottetempo le vie della città conoscendola nel minuto dei suoi passæggi (un refrain che mi ripetevo spesso per ricordare a quale traversa voltare gallone era:"Non la prima, non la seconda... la terza", che per tanto così non è stato il titolo del post), ancora, intercettare rocambolescamente i miei mentre escono dal cavalcavia senza ch'abbiano la minima idea di che terra li regga, il sensazionale guazzetto del Gambero Rozzo, correre fino alla Piazza del Tramonto e sul pontile del Gente di Mare, vedere le bimbe mie e di Berta che giocano con le fontane d'acqua e incastrare una scappata al Romagna Shopping Center per incontrare Santu intento a gestire l'evento dedicato al Pirata.
Insomma, sono state tante le linee di contorno che hanno delimitato le memorie elencate nel capture del post di cui sopra, e non solo non sono meno importanti e/o significative di quelle, ma rappresentano la cornice che fa bello il quadro o che, comunque lo si voglia vedere, lo rende più completo, lo perfeziona.
Ultimo ma non ultimo, e ci tengo a dirlo, al di là delle Messe prese a Cattolica, m'è rimasta dentro quella celebrata da un prete di Bergamo in occasione della festa di San Pietro e Paolo, nella chiesa di Gabicce Mare, cui io sono particolarmente legato perché proprio lì facemmo la nostra prima vacanza come famiglia -sempre se si esclude Cervia- nel Settembre del 2016.
Parafrasando Giovanni Lindo Ferretti, ogni chiesa, apro e chiudo una parentesi, ha una dimensione verticale che sovrasta, inglobandola, quella orizzontale; e al mare, un discorso di limiti, coordinate e prospettive acquisisce un ulteriore peso specifico che non può venire tralasciato.


Gli algoritmi di Google sono la cosa che più assomigli alla magia.

Sempre se si esclude Cervia, dicevo.
Sembra una sorta di eterno ritorno allo stesso orizzonte, un inesorabile punto nevralgico rispetto cui fanno sponda tutte le storie e le memorie del mio ultimo taccuino, il quale, e non è di certo un caso, si chiude con il biglietto da visita di chi mi ha venduto la prima automobile che io abbia mai comprato: una Hyundai I20.

Photoshop fa miracoli


Luglio

Facciamo un passo indietro.
Non so esistano canzoni che parlano di Luglio così bene come invece altre descrivono Agosto o Settembre, per lo meno a me non ne vengono in mente o comunque non ce ne sono che mostrano come sia solitamente il mio, di Luglio.
Per quanto il compleanno della bimba alleggerisca ogni fattore di stress che può essere creato dall'ordinario e dallo straordinario quotidiano, per me sono e rimangono i trentuno giorni più complicati dell'anno: mattine, pomeriggi, sere e notti di vera passione. L'Estense si affolla perché il traffico subisce l'orda dei villeggianti che schiattano del caldo della pianura e scappano nelle seconde casa di montagna, il sole assassina le lande ceramiche e i parcheggi dei supermercati mettendo a dura prova fisico e psiche, la job rotation è più intensa per le ferie dei colleghi, e il lavoro diventa frenetico perché è come se il venerdì prima di Ferragosto finisse il mondo e tutta Italia chiudesse bottega per sempre.
Da par mio ho imparato a portare tanta pazienza, a stare sulla palla dove possibile, a calciarla in avanti quando troppo difficile, e ad evitare di dare il destro anche se preso da sfinimento.Tuttavia, nonostante abbia fatto di tutto per ottenere un gioco -per lo meno- a somma zero, il mio ultimo Luglio è stata una fucina di stress tests e, come se non bastasse, una lettera scarlatta ha colpito anche la mia Punto.

Forse non dovrei dare la colpa al calendario, più verosimilmente ha ragione Max quando dice che io le macchine le distruggo, che manuali così forse non li potrei mai scrivere ma di certo li potrei correggere tutti.

Tra sabati mattina passati in concessionarie varie, permessi per test drive e spole tra la BPER e Via Emilia Est, son diventato proprietario della mia prima automobile a 36 anni suonati. Non so se sia un record mondiale ma poco ci manca. Resta il fatto che la conseguenza dell'improvviso acquisto ci ha costretto a ricalcolare le spese, e le ferie previste in Croazia son state ridirezionate in Riviera, nel nostro buen retiro cervese. Che ci mancherebbe altro, bella fortuna avere questa possibilità; tuttavia ci è dispiaciuto e se in un primo momento siamo stati quasi tentati di stare a casa o abbiamo avuto paura di non svagarci una volta via, dopo ci siam buttati nel clima rivierasco con gli infradito e tutto, godendoci spiagge, visite turistiche e buon pesce, contestualmente divertiti dalla bimba che nuotava in mare, si gustava i suoi cioccocremolati-delizia-Wonka-al-triplosupergusto (lo "schiumino" ndr) inseguiva gli animali nei parchi e ballava come Billy Elliot.

Torre di San Michele

Qualche giorno prima di partire son passato da Pavullo e la frequenza della macchina era sintonizzata (retaggio delle mattine lavorative) su Radio 3. Trattandosi di un'emittente radiofonica autoreferenziale che si pone come baluardo ultimo della cultura (oggi va di moda dire radical-chic, ma per me musica, arte, filosofia non vestono casacche se non quelle di coloro che ne raccontano), trasmette programmi di approfondimento vario, e quella mattina si dibatteva del tema della scoperta. M'è rimasta dentro una definizione, che suonava più o meno così:"Scoprire significa accorgersi di qualcosa che c'è sempre stato ma che non si è mai visto prima". Per quanto abbia immediatamente colto la genialità della spiegazione, non sapevo ancora mi sarebbe servita per chiudere un cerchio, e non uno qualunque, bensì quello che avrebbe costituito l'anello più importante di una catena di eventi senza né capo né coda, disallineati, senza soluzione di continuità.


Milano Marittima e il Palazzo di Inverno - Edit Version

Pineta Pineta un altro Pianeta

Quando avevo quasi accantonato l'idea di tradurre in post gli appunti e le riflessioni degli ultimi tre mesi, incontro a Milano Marittima una vecchia conoscenza che m'ero ripromesso più volte di vedere senza però dar mai seguito ai miei impegni. Non avevo però considerato che "ain't over 'til is over", o anche che da un appuntamento sforzato potesse nascere una sorpresa inaspettata. La persona in questione mi consiglia un percorso adatto al running e il giorno successivo lo inauguro e me lo godo tantissimo; correre lungo i sentieri della pineta di Mi.Ma., disseminati di trabocchi che fiancheggiano i canali che dalle saline portano l'acqua al mare, non solo è una scoperta bellissima, ma è ciò che mette un punto a tante cose, se non proprio a tutte.
Nonostante le diverse occasioni avute da quando veniamo a Cervia, questa è la prima volta che mi imbatto lungo queste vie di verde, e rimpiango di non averne sfruttato la possibilità in precedenza. Tuttavia capisco che dietro questa piccola grande rivelazione si nasconde una logica, ossia che non potesse che andare così, che dovessi trovarmi in questa pineta l'ultimo giorno e alla fine della vacanza, così da fare i conti con un taccuino che non ne sapeva di finire nonché con il suo Volume II, perché sì, nel frattempo ne avevo cominciato un altro.
Ripenso dunque a Sandro e al suo interrogativo circa l'ambivalenza tra contenuto e strategia: all'Addio al Celibato di Bambino mancava uno o l'altra?
Forse è proprio tra queste frasche che riesco a darmi una risposta, forse la strategia si sarebbe mostrata solamente una volta svelato il contenuto nella sua interezza, indipendentemente che le memorie si fossero o meno riallineate. E considero tutto ciò mentre nelle cuffie passa la straordinaria Menton dei Palace Winter, e nemmeno questo è un caso o comunque a me piace pensare non lo sia; perché se anche la traduzione è impropria, per non dire che è grammaticamente sbagliata, le parole Palace e Winter suonano bene se trasposte nell'unico "il Palazzo di Inverno", la cui presa era figurativamente stata replicata da Berta durante il suo ingresso al Pineta, quella sera in cui aveva rubato il fuoco agli dei.

L'ennesima strepitosa imbeccata del Bret

L'aver festeggiato Bambino a Cervia, un contesto che io avevo percepito quasi come un abuso privato, viene infine a quietarsi in un'altra pineta, una che Berta non ha ancora visto, molto più tranquilla e serena, dove riesco finalmente a riappacificarmi con i miei pensieri e con tutto il trascorso recente: l'Addio, la campagna  logistico-organizzativa di Cattolica, il tremendo mese di Luglio e il mio burrascoso ingresso nel mondo dell'automotive. Non solo ho ancora molto da scovare e da avvertire come mio, ma ho fatto pulizia tra i pensieri interrompendo la soluzione di continuità, realizzando che a volte le cose si sistemano da sole, che il tono della musica vien prima delle sue stesse note.

Giardini pubblici di Ravenna

In una specie di mostra dedicata a Giovannino Guareschi, allestita sul lungomare di Cervia, proprio all'altezza del "nostro bagno", ne veniva sponsorizzata una raccolta di racconti che ho acquistato. Mi son segnato un passaggio, in cui uno dei più insigni figli del Grande Fiume scrive:"È la stonatura intonata che fa risultare la perfezione del concertato", ed è la stessa cosa che ho pensato quando, riguardando la foto di cui sopra, mi sono accorto che la luce del sole aveva "eclissato" dal mio scatto il bambino che rincorreva il piccione, inquinando la nitidezza di un'immagine altrimenti felliniana, né la simmetria degli elementi inquadrati risultava perfettamente leonardesca.
Sapete cosa?
Va benissimo così, fa li stess se non c'è più continuità, il disallineamento richiama l'inizio delle vicende qui narrate, si riallaccia alla mia idea di Westworld II, ossia che è tutto bellissimo senza bisogno di interpretare ogni particolare, e che a volte ciò che conta è quel che si sente o, tanto per chiudere l'ultimissimo cerchio, quel che si ascolta, sempre che e purché il disco sia The Dark Side of the Moon.


Punto e a capo

Mi aspetta un Settembre  full gas e nemmeno la prospettiva di giocare una partita alla volta mi tranquillizza. Come cantano i Fine Before You Came:"È una vita che provo a capire Settembre ma non fa per me".



Ci penserò a Ottobre, che se non sarò ancora guarito chiederò a me stesso di portare pazienza e con calma olimpica ricucirò tutti gli strappi, sbobinando il nuovo taccuino che ho iniziato e scoprendo quello che c'è (e ci sarà) ma che ancora non vedo (o non posso vedere) perché (senza) soluzione di continuità.

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