Ubi lux ibi tenebra (intro)
A lungo ho pensato a come intitolare questo post. A dire il vero avevo coniato -o così mi piace pensare perché non ho avuto tempo di verificarne un'eventuale origine su IL- un motto latino; del resto lo hanno fatto in Inghilterra per le proprie squadre di calcio, perché non avrei potuto farlo io per una sbabbelata qualsiasi?
Avevo dunque pensato di convertire nella lingua dei nostri patres una locuzione sentita anni fa sui canali tematici del National Geographic:"Dove sono luci, là sono ombre"; in latino verrebbe resa da:"Ubi lux ibi tenebra" che, in effetti, suona cento volte meglio.
Tuttavia nel frattempo m'è capitato di vedere il film Trumbo con Bryan Cranston, proprio lui, quello di Breaking Bad, che, come mi ha detto il mio pusher cinematografico Dom, è riuscito con questa pellicola a emanciparsi dal pesante fardello lasciatogli in dote dall'interpretazione di Walter White, cosa per nulla facile.
A lungo ho pensato a come intitolare questo post. A dire il vero avevo coniato -o così mi piace pensare perché non ho avuto tempo di verificarne un'eventuale origine su IL- un motto latino; del resto lo hanno fatto in Inghilterra per le proprie squadre di calcio, perché non avrei potuto farlo io per una sbabbelata qualsiasi?
Avevo dunque pensato di convertire nella lingua dei nostri patres una locuzione sentita anni fa sui canali tematici del National Geographic:"Dove sono luci, là sono ombre"; in latino verrebbe resa da:"Ubi lux ibi tenebra" che, in effetti, suona cento volte meglio.
Tuttavia nel frattempo m'è capitato di vedere il film Trumbo con Bryan Cranston, proprio lui, quello di Breaking Bad, che, come mi ha detto il mio pusher cinematografico Dom, è riuscito con questa pellicola a emanciparsi dal pesante fardello lasciatogli in dote dall'interpretazione di Walter White, cosa per nulla facile.
Sono rimasto molto colpito dalla visione di questo film. Non solo ho dato ragione a Dom circa la recitazione di Cranston, ma ho raccolto parecchi spunti dalla storia vera cui si ispira, l'ho fatta mia e, più di ogni altra cosa, ho fatto un mio un passaggio, in cui Dalton Trumbo sentenzia nei confronti di un suo collaboratore:"You're overthinking".
Non avendo mai sentito il verbo overthink, ho dovuto evincerne il senso dal discorso generale, un po' come quando nelle versioni di latino occorreva padroneggiare l'argomento che le parole ne sarebbero state naturale conseguenza:"Rem tene, verba sequentur" per dirla con Catone il Censore. Ebbene, intendo che overthink voglia dire "rimuginare", e non potrebbe che essere così perché, letteralmente, la cosa cui s'avvicina di più in italiano sarebbe "Pensare troppo".
Questa cosa mi rimane in testa, ne faccio una sorta di fissazione (come spesso mi capita per quegli argomenti che incuriosiscono solo me) fino a quando mi scappa detto con un amico. Glie ne spiego la genealogia e lui sembra rimanerne interessato. Credo tuttavia che la sua considerazione sia esclusivamente buona educazione, che in realtà non glie ne freghi manco di pezza e che in fondo pensi che io abbia trovato l'ennesima bella parentesi dialettica nella mia inutile vita.
Non avendo mai sentito il verbo overthink, ho dovuto evincerne il senso dal discorso generale, un po' come quando nelle versioni di latino occorreva padroneggiare l'argomento che le parole ne sarebbero state naturale conseguenza:"Rem tene, verba sequentur" per dirla con Catone il Censore. Ebbene, intendo che overthink voglia dire "rimuginare", e non potrebbe che essere così perché, letteralmente, la cosa cui s'avvicina di più in italiano sarebbe "Pensare troppo".
Questa cosa mi rimane in testa, ne faccio una sorta di fissazione (come spesso mi capita per quegli argomenti che incuriosiscono solo me) fino a quando mi scappa detto con un amico. Glie ne spiego la genealogia e lui sembra rimanerne interessato. Credo tuttavia che la sua considerazione sia esclusivamente buona educazione, che in realtà non glie ne freghi manco di pezza e che in fondo pensi che io abbia trovato l'ennesima bella parentesi dialettica nella mia inutile vita.
Invece lo rivedo qualche settimana dopo ad una festa e me lo ritrovo a tavolo nel posto davanti al mio. "Sai che ho pensato a quella parola? Overthinking?". Ne rimango compiaciuto e lo ringrazio per l'attenzione riservatami. Più di ogni altra cosa però riconosco la forza di una parola che è riuscita a scavalcare il mio mero interesse, e quando un termine riesce a dimostrarsi così energico e non necessita di grande pubblicità per divulgare sé stesso, allora funziona e va usato. Con i propri tempi e modi verbali, siam d'accordo, ma va usato.
Dopo grandi tribolazioni mentali ho quindi deciso di accantonare il (seppur bel) motto latino a favore del verbo inglese di recente scoperta, declinandolo però in forma negativa. Perché sì, se c'è una cosa che ho fatto in questa stagione di silenzio radio è stata proprio un'intensa attività di overthinking: pensare troppo attorno alle cose che mi sono accadute, rimuginarci sopra.
C'è però una rassicurante certezza nelle vicende esistenziali, ossia che presto o tardi trovano una fine, e a volte diventa l'unica cosa cui aggrapparsi. È quindi il momento di stop overthinking o, di come mi ha detto una volta la Mi, smetterla di "intricarmi la vita".
È stato un tempo il mondo giovane, forte.
Sorride confidente il giovane guerriero, in una vecchia foto, tra le mani una treccia.
Ora, cranio rasato, celebra la sua prima sconfitta.
Prezioso il luogo, il tempo dovuto al silenzio.
Qua, ora, io taccio.
C'è però una rassicurante certezza nelle vicende esistenziali, ossia che presto o tardi trovano una fine, e a volte diventa l'unica cosa cui aggrapparsi. È quindi il momento di stop overthinking o, di come mi ha detto una volta la Mi, smetterla di "intricarmi la vita".
È stato un tempo il mondo giovane, forte.
Sorride confidente il giovane guerriero, in una vecchia foto, tra le mani una treccia.
Ora, cranio rasato, celebra la sua prima sconfitta.
Prezioso il luogo, il tempo dovuto al silenzio.
Qua, ora, io taccio.
Sommaria descrizione dell'accaduto
Intorno alla fine di Gennaio, quando tutte le cose sembravano intercedere lungo il proprio percorso naturale senza discostarsene più di tanto, è intervenuto un evento esterno (l'ho sempre chiamato così e continuerò a fare in questo modo, evitando di entrare nel dettaglio) che ha mandato tutto a carte quarantotto come mai m'era successo prima (fortunatamente e grazie a Dio, cosa che ho sempre tenuto a precisare, niente riguardante la salute mia o quella dei miei cari).
La mia inaspettata e istintiva reazione è stata quella di allontanarmi da tutto e cancellare qualsiasi appuntamento avessi in agenda, a eccezione di quelli improrogabili, sino a quando non si fosse arrivati ad una fine.
Presa consapevolezza d'avere un equilibrio psichico in fase rem, sono entrato in una condizione di damage control che ho cercato di preservare. Però per uno come me, abituato ad abusare dei social network (facebook, instagram, blog e cazzi a mazzi) non è stato tanto difficile starne alla larga, quanto restringere l'ambito comunicativo, ossia non scrivere quasi più, non raccontare più niente a nessuno se non a quelle pochissime persone cui ho lasciato aperta una back door (e il termine, è sottinteso, viene mutuato dal linguaggio informatico, non da quello pornografico).
Dite amici ed entrate
Se in all'inizio non ho accusato questa mancanza, in un secondo momento ho preso a segnarmi sul blocco-note dello smartphone i pensieri che mi passavano per la testa. Infine, quando il tempo ha cominciato a farsi lento e corrosivo, mi son fatto tentare come solo da una buona focaccia con la pancetta o da una pizza appena sfornata, e, visto un taccuino grigio sullo scaffale di una cartoleria, ho deciso di acquistarlo per vergarvi sopra tutte le traversie serie o facete che differentemente si sarebbero trasformate in miei status di Facebook.
Quando le pagine hanno cominciato a tingersi sempre più di nero su bianco, ho realizzato che trascriverle in un post-fiume sul blog sarebbe stata una buona idea, ne sarebbe stato un giusto suggello, quasi dovessi tenere agli atti una serie di lezioni di esistenza e quello fosse il il sistema migliore per dar loro una profondità che altrimenti non avrebbero avuto.
Il problema è diventato il modo. Come fare? Come collegare pensieri per loro stessa natura sconnessi gli uni dagli altri? A tal riguardo maturavo tante mezze idee ma nessuna di queste che diventasse intera.
Per cui ho pensato e tuttora penso che l'unica via percorribile per documentare i fatti sia attenersi al loro semplice svolgimento cronologico e riepilogarli al tempo presente, come se venissero scritti nell'immediato.
Mi sono concesso due eccezioni:
- Inserire una postilla nel caso fosse necessario anticipare una spiegazione.
- Accostare pensieri solo apparentemente spuri, qualora questi siano intercettati da un topic comune, raggruppandoli sotto una specie di hashtag cumulativo.
Ascolto consigliato: Joy Division - New Dawn Fades
Different colors, different shades over each mistake we made
Bologna - Concerto Fast Animals & Slow Kids
#tracagnottitour2016
Tra gli impegni fissati prima che l'evento esterno contaminasse la quotidianità, avevo in rubrica il concerto dei Fast Animals & Slow Kids al Lokomotiv Club di Bologna. Serata piacevole passata con la buona compagnia di alcuni amici di Pavullo, il buon Marchioni -maestro di cerimonia nonché esperto nell'arte di selfie di merda- su tutti.
Sono state alcune le cose che ho messo a referto circa la serata danzante nel capoluogo.
In primis la consapevolezza di aver sempre vissuto Bologna quasi fosse un tracciato laterale, forte di un presuntuoso antagonismo provinciale. E dire che, tra i venti e i trenta anni, ci sarò stato mille mila volte, ci avrò viste decine di concerti, avrò frequentato un botto di locali diversi e conosciuto un mucchio di persone. Eppure l'ho sempre percepita come una città troppo self-confident, con un'eccessiva autostima di sé stessa, infarcita di gente-di-via che non faceva altro che esaltarla nel minuto e disprezzarla nel grande. Vista e vissuta, anche solo per una sera, con occhi più vecchi e distaccati, mi ha dato l'idea d'essere quella che è sempre stata e che mi auguro sempre sarà: un serbatoio di vitalità e apertura mentale.
Bologna la grassa, Bologna la dotta, Bologna la rossa: sì, è fondamentalmente ancora così. Forse non è più così rossa. Forse.
Poi, è pacifico, annessi e connessi non mancano: resiste una spocchia di fondo, una superbia di base che traspare dal bancone del bar, passa dal fuorisede che sembra conoscere il mondo solo perché la sera prima ha scopato con una local e arriva fino alle icone musicali cittadine, tipo Luca Carboni che, per l'ennesima volta riesce a scrivere una canzone senza dire niente intitolandola "Bologna è una regola", come se menzionare il nome della città c'entrasse qualcosa con il testo.
Ma è la dimensione del ragionamento della gente comune a fare la differenza, un "think big" basato sulla semplice equazione derivante dall'offerta che si può permettere di avere una città di cerniera, commisurata ad una relativa domanda che si autoalimenta per intrinseca logica, una sorta di illegittima ma conclamata capitale di mezzo. Per di più, che non guasta mai, esteticamente bellissima e ricolma di storia.
Se avessi provato anche solo a pensare quello che ho appena scritto, non ne sarebbe venuta fuori una cosa così raffinata. E dire che, rileggendola, credevo fosse una serie di cazzate clamorose tanto per riempire due righe. Invece no.
Ascolto consigliato: Fast Animals & Slow Kids - Coperta
La seconda riflessione muove da/trova conforto nel gruppo, i Fast Animals & Slow Kids, rock band di Perugia. Per quanto non mi sembrino né nulla di nuovo né suonino niente di originale (o, come dice Berta, non si capisce quando finisce una canzone e ne inizia un'altra), hanno catturato la mia attenzione per la suggestione creata dai titoli dei loro album, Hybris e Alaska, i quali non c'azzeccano un'ostia con i testi o lo stile musicale: sono solo nomi evocativi. Il fatto è che io ho sempre subìto il fascino esotico dell'Alaska ma, soprattutto, sebbene non abbia fatto greco so cosa significhi "hybris" e, dato che le cose accadono perché devono accadere, non è un caso che ci sia una connection tra i FASK e l'evento esterno che ha cambiato le carte in tavola. È brutto da pensare e lo è perché "hybris" è una parola pesante, un fardello, un anello di Frodo, eppure se avessi un solo termine per definire la situazione che si è venuta a creare, userei proprio questa.
Una nuova alba, questa è la speranza.
Come si dice spesso delle risposte, queste sono contenute all'interno delle stesse domande. Un analogo ragionamento può essere ricondotto alle canzoni con cui le band chiudono i propri concerti: sono una specie di riassunto, di testamento e di buon auspicio. È forse proprio per questo che l'ultimo brano viene scelto con cura, resiste alle pieghe del tempo e alle mode delle generazioni, e viene cantato da tutti con il cuore in mano come se ognuno dei presenti ne avesse scritto le parole e le sentisse sue, solo sue. I Ministri chiudono con "Abituarsi alla fine"; i Fast Animals & Slow Kids con "Grand Final": direi che sia una buona fotografia musicale delle miei attuali condizioni di esistenza. "Una nuova alba, questa è la speranza".
Farmacista tu, farmacia di turno
In questa serie di giornate una più di merda dell'altra, una buona notizia. All'esame audiometrico il mio udito risulta ok. "Guardi, lei è perfetto", mi dice la Dottoressa dagli occhi verdi smeraldo. Tutto il resto è rivedibile, ma gli occhi, quelli, sono un film. "La ringrazio", e ironicamente continuo:"non me lo aveva mai detto nessuno". Mi dice anche che i miei fastidi sono dovuti ad alcuni tappi di cerume che si sono sedimentati e che provocano dolore. Mi somministra alcune ricette da esibire al mio farmacista di fiducia.
Ascolto consigliato: Elio e le Storie Tese - Farmacista
Psicologo, tu convochi il paziente, prendi tanti soldi, non gli dici niente.
Non ho una farmacia di riferimento ma oggi è il giovedì del calcetto & wellness per cui vado in quella nelle vicinanze dell'Oratorium Stadium di Maranel. Lì vi lavora un ragazzo che ho tutta la ragione di credere sia stato in classe con me in quinta Liceo. Tuttavia, per quanto sembri paradossale, non ne sono certo perché aveva un fratello gemello tale e quale a lui. Dalla maturità in poi abbiamo perso le tracce l'uno dell'altro, per cui potrebbe essere il mio compagno come potrebbe essere il suo gemello. Ne va che ogni volta (a dir la verità, raramente) che sono entrato nella summenzionata farmacia, mi sia sempre trovato in discreto imbarazzo e abbia sempre tenuto alte le carte senza accennare mosse che mi si sarebbero potute ritorcere contro.
Il personaggio incriminato è quello con la faccia di Goku
Questa volta però è differente, e lo è perché ho una ricetta in mano in cui sono riportate le mie generalità, Tra tutti i farmacisti commessi è proprio lui (o il presunto lui) a servirmi. Mi guarda, mi saluta formalmente, legge la ricetta, sparisce nella cambusa e poi se ne esce con i medicinali che mi erano stati prescritti.
F:"Tu sei Simone Ferrari VD Liceo Tassoni, ti ricordi di me?"
Z:"Certo che sì."
F:"E allora perché non mi hai mai salutato tutte le volte che sei venuto qui?"
Z:"Perché tu non lo hai mai fatto!"
F:"Eh, ho capito. Nemmeno tu. Ma io ho una scusa: tu avevi un fratello gemello tale quale a te. Potevi essere lui (o lui poteva essere te)! Se avessi salutato lui scambiandolo per te, che figura di merda avrei fatto? Tu invece che scusa hai?"
Ce la siamo raccontati un po', dopodiché ognuno ha ripreso le proprie occupazioni.
Lo rivedo di tanto in tanto, in posti precisi ad orari ancora più precisi.
C'è voluto un esame audiometrico perché qualcuno di quella classe riallacciasse i rapporti con lui.
Strano, il mondo.
Ascolto consigliato: Bloc Party - I still remember
Prese di coscienza (1 di 2)
FUBAR è un acronimo e sta per Fucked Up Beyond Any Recognitions.
Che se qualcuno mi chiedesse se le cose importanti sono ok, gli risponderei che sono FUBAR.
Mi accorgo che qualcosa decisamente non va quando:
- Tutto mi sembra così lontano.
- Vorrei poter dire di avere problemi comuni, tipo la lavatrice che non scarica e soffermarmi lungamente sul perché le proiezioni del tempo di lavaggio cambiano in corso d'opera.
- Non ho voglia di vedere nessuno.
- Mi addormento a dieci minuti dalla fine dell'ultima puntata di Fargo.
- Patisco il desiderio di partire, non importa verso dove, e ho improvvisi ricordi dei viaggi fatti, su tutti il porto di Amburgo sull'Elba, il tumultuoso cielo tra Ungheria e Slovenia, le strade assolate della Moravia, il lovely weather di Galway.
- Covo la semplice voglia di andare al bar e leggere il giornale.
- Avverto l'esigenza di calar corrente, andar via e non pensare a nessuna urgenza.
- Sbaglio la consecutio temporum e ho dubbi sul corretto uso di condizionali e congiuntivi.
- Non scelgo le parole da usare, ma quelle da non usare. Se usassi le prime litigherei con chiunque, con le seconde posso quantomeno evitare di aver a che fare con il densamente popolato mondo dei cagacazzi.
- Esprimo opinioni senza pensare. Poi realizzo che, in fondo, è un problema così diffuso che non posso essere io a fare difetto: i vari gruppi sei-di-chi-sa-il-cazzo-dove-se si basano su questo principio.
- Convivo con un'angoscia strisciante che mi priva del desiderio di interessarmi di qualsiasi cosa.
- La seduzione è dormire.
- C'è chi mi chiede di riprendere a scrivere su facebook perché manco, che aprirebbe un gruppo a favore del mio ritorno.
- Febbraio, col suo buio e le sue giornate che invitano a nascondersi in casa, rappresenta una sorta di comfort zone psicologica. È meglio che l'evento esterno sia accaduto ora anziché in estate: con il sole e il bel tempo non avrei potuto sopportare nulla di tutto questo.
- Confido nella bellezza e nella soddisfazione del poter dire, un giorno:"È tutto finito".
- I sogni sono affetti da una misteriosa malattia, una meteorologia onirica incontrollabile. Qualcosa che si trasforma in incubo senza essere spaventoso: l'inconscia consapevolezza del disagio interiore.
- Abbandono la routine e cambio abitudini, quasi servisse a modificare le cose. Quando esco dal lavoro vado in bottega a San Venanzio e a Torre Maina. Andare da Valenti invita a proseguire la strada per casa percorrendo Giardini invece che l'Estense. Ad una certa ora non c'è nessuno che rincasa e c'è solo buio davanti e intorno a me: la calma perfetta. A Torre invece, non so perché, anche se la tengono in frigo, la birra è calda. O forse il frigo non è acceso.
Moving up slowly
Safe from harm?
Prima che l'evento esterno intervenisse a gamba tesa nella vita di tutti i giorni erano stati programmati due eventi intorno a San Valentino: il concerto dei Massive Attack a Padova e un pranzo sociale con gli amici di Maranello. Indeciso fino all'ultimo se andarci o meno, ho preferito non disdire gli appuntamenti in calendario.
Vado a Padova con Berta. Inertia Creeps è il pezzo che meglio descrive il mio stato d'animo e mentale. Nonostante la tetra pesantezza della canzone, scelta a didascalia della gita musicale fuori porta, è una domenica leggermente serena che son contento d'aver trascorso in compagnia del mio best man. Ho sempre voluto vedere/sentire la band di Bristol e, come regalo di compleanno, è sicuramente apprezzato.
Non sapendo a che ora saremmo tornati a casa, ho preferito dormire dai miei a Maranello, cosa che mi riservo di fare raramente. Non ho altri che Cremonini cui affidare i miei pensieri, e purtroppo non è Francesco.
Ascolto consigliato: Cesare Cremonini - PadreMadre
Invece il pranzo sociale si svolge poco sopra Castellarano. I ranghi sono ridotti ma sono fondamentalmente contento di rivedere buona parte dei miei amici. È dura restare semplici in tempi complicati, specie quando si ha scelto la via dell'isolamento. Anche perché dispiace quando qualcuno di molto vicino fa notare che il mio unico argomento è il lavoro: il fatto è che non rimane molto altro quando ci si allontana da tutto. Non è una deformazione professionale, è qualcosa che incrina l'animo umano: si diventa paranoid android e si tralasciano i sentimenti, i momenti riservati ad altre e più nobili emozioni.
Quando cambia l'oscillazione del pendolo, gli orizzonti diversi spostano inesorabilmente gli affetti, anche quelli più profondi, che quasi sembrano svanire, annebbiarsi, trincerarsi nel profondo. Quel che è peggio e che non si può spiegare ogni cosa a tutti e si deve sperare che, a tempo debito, nessuno entri troppo nel merito e chi è rimasto a lato, non dico capisca tutto, ma accetti il minimo salariale.
Sun Valentino - Pranzo Sociale
Torno a casa dal pranzo con una riflessione. È un periodo condensato, in cui ogni emozione, anche quella più semplice, si ingigantisce, come se fosse vitale amplificare l'importanza dei singoli momenti di tranquillità e spensieratezza. E ciò, fortunatamente, stride con il mio taccuino che sta invece diventando un resoconto oscuro, un vortice di turbamenti, come il libro proibito nella biblioteca di Harry Potter, qualcosa che sento il bisogno di sbobinare come, al contempo, di non rileggere mai più, ma che comunque non posso esimermi dall'aggiornare. Perché rimane vero il concetto iniziale, ubi lux ibi tenebra. E, grazie a Dio, vale anche il viceversa.
Ascolto consigliato: The Vaccines - Undercover
Il bravo Alberto Lloy mi ha permesso di riscoprire i Vaccines, costante ost di questo periodo
Goodwater Bus Stop
Tra i vari Genius Loci del Frignano, questo merita una menzione importante
Il giorno che tornerò a vivere a Maranello ci saranno alcune cose che mi mancheranno di Pavullo, per esempio i forni, i bar, i sentieri in mezzo ai boschi e gli oratori di montagna. Sopra alcune di queste mi mancherà la Bottega dell'Acquabuona, una drogheria di una volta, sempre aperta nemmeno fosse uno shop pakistano 24H di una grande città europea. Nonostante i prezzi non proprio a buon mercato, son solito andarci e ho preso a farlo in orari e in giorni precisi: al sabato mattina per prendere l'occorrente per il week end e la domenica sera quando il frigo lamenta carenza di birra. Ho scoperto infatti che è in questi momenti che non c'è quasi nessuno, condizione che non si verifica altrimenti, quando è più colma di un chicco d'uva.
Oltre a questo adoro frequentarla (lo so, è questo un verbo che s'addice più ad un locale ma me ne piglio la licenza poetica) d'inverno, quando fuori è scuro e freddo ed è da escludere completamente la presenza di piangiani o villeggianti che, subendone l'indiscutibile fascino, vi si fermano mentre vanno in/tornano dall'alta montagna. Sebbene io e il titolare ci rivolgiamo sempre un cordiale saluto, non abbiamo mai avuto modo di fare una partita a chiacchiere.
Succede che per-non-so-quale-motivo ci troviamo a parlare di pittura, di dipinti e di tele. È domenica sera, in mano ho due birre da 66 e sono vestito come il king degli scappati di casa. Fuori c'è freddo, tira vento ed è già buio da qualche ora; sembra d'essere in uno di quei film americani in cui il protagonista si ritrova in un diner in mezzo al nulla, il proprietario gli versa una tazza di caffè bollente e poi prende a ciacolare di argomenti del tutto improbabili, funzionali solo allo svolgimento della pellicola. Ora, immaginiamo che tutto questo venga coniugato nella parlata del Frignano e contestualizzato tra Sant'Antonio e Pavullo, in un'ansa di strada in cui nessuno si fermerebbe a quell'ora, se non chi (io!) ha bisogno di cigs&alcohol per scacciare i cattivi pensieri. Il proprietario, quasi sapesse di avere davanti un interlocutore la cui intelligenza arriva circa a 70, comincia a domandarmi se in casa abbia dei quadri, se mi piaccia la pittura, se sia interessato ad acquistare i dipinti di sua proprietà. È un soliloquio che sembra sceneggiato da una penna finissima, non c'è una pausa che non si possa dir scenica, non una parola ripetuta o dubbia, l'uomo della bottega va via dritto come un fuso, come se avesse già calcolato i miei tempi di risposta e conoscesse ogni mia possibile replica.
B:"Alla fine per i cinesi i quadri sono solo macchie di colore. Comunque, sono 3 euro e 60 di tutto, altro?"
Z:"No, a posto così. Grazie per la chiacchierata".
B:"Oh, non ci fare caso. Cosa possono valere le parole di un bottegaio alle sette di sera di una domenica qualsiasi?"
Poi, quasi lo script non potesse che concludersi così, pronunciata l'ultima parola ed esattamente un secondo dopo il punto interrogativo, entra una cliente che apre la porta, saluta il bottegaio e la richiude in fretta e furia, cacciando fuori il vento che cerca di insinuarsi in ogni antro. A pensarci una cosa molto Hateful Eight, ogni volta che entrano i viandanti. In quel preciso momento il droghiere cambia atteggiamento, riveste i panni del commerciante e mi strizza l'occhio, come a ringraziarmi per un momento prezioso che sembrava obbligato ma che aveva tempi di scena precisi, neanche fossero figli di un copione indovinato e rasente la perfezione.
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Il Grande Assente?
A Renno ci sono due cose degne di nota: il ristorante cinese Fortuna e la Pieve romanica.
È difficile spiegare alle persone non credenti il senso di tranquillità che pervade gli oratori, i santuari e le piccole pievi di montagna, ancora di più se nascoste in mezzo ai boschi: è un'atmosfera che nelle chiese di paese e città è andata persa, rimane soltanto nelle cappellette ricavate al loro interno, dove vengono celebrate le Messe feriali o "minori". Credo che l'ingrediente segreto sia il senso di solitudine e intimità, la cui ricerca è sublimata da quei momenti di puro e squisito raccoglimento personale ed emozionale che s'avvertono solamente in luoghi come questi, dove i banchi stretti e duri su cui genuflettersi in preghiera, le fiamme delle candele sferzate dagli spifferi di freddo, i sentieri da percorrere per arrivarvi, rappresentano una cornice tanto austera quanto pregiata, una cornice che rende il quadro di un incomparabile significato spirituale.
Poi facile che, come si dice in statistica, l'osservatore influenzi l'esperimento. Magari non è così ma è anche lecito supporre che "tutto faccia brodo", che anche la penombra all'interno quando fuori è tutto ammantato da una coltre di nebbia e il vento imperversa renda tutto più suggestivo.
Ascolto obbligato: CCCP - Madre
C'è chi ha sintetizzato la fede designando Dio come "Il Grande Assente": teoria corroborata da qualsiasi notizia che riguardi la Chiesa, nel senso dell'istituzione secolare. Mi piace pensare che ci sia qualcosa di molto più intimo dietro, che non so come meglio definire se non facendomi aiutare da Severus Piton, "Il Principe Mezzosangue", che per inciso non c'è più. Un voto è come un incanto fidelius, fondamentalmente è un obbligo di azioni e di pensieri che ci si auto-impone: è nella fermezza del rispettarlo che si percepisce qualcosa di più potente e di più intenso, qualcosa che non può essere solo qui, una restituzione di umanità che tocca corde che albergano nel profondo.
Mah, forse il titolo più adatto sarebbe davvero stato "Ubi lux ibi tenebra".
Into the Wild
Pochi film mi hanno angosciato come questo
Penso sempre che bisognerebbe giudicare ogni cosa come se non fossimo noi a trovarci in una determinata situazione ma i noi stessi di cinque anni più tardi, io lo chiamo "Il vissuto prima".
Ciò comporta avere una lucidità d'analisi superiore, presume avere il cuore caldo ma mantenere la mente fredda. Cosa talmente complicata che la definitiva pace in Medioriente appare una prospettiva più plausibile.
Eppure può avere un senso anche fare il contrario, agire di pancia, senza pensare a cosa il noi più vecchio di cinque anni potrebbe dire al noi di oggi, a come potrebbe giudicarlo. E allora capisco, seppur partendo da molto lontano, cosa intendesse Christopher McCandless quando in Into the Wild pensava che:"La fragilità del cristallo non è una debolezza ma una raffinatezza", frase che m'è sempre rimasta in testa ma di cui non ho mai afferrato in pieno l'accezione.
Mostrare le proprie vulnerabilità può diventare un vantaggio, non sempre ma a volte è così.
Al lavoro ma anche nella vita di tutti i giorni è come se si creasse una cortina di fumo tra noi e le persone con cui v'è malcelata acredine, una disfida di orgoglio e di posizioni opposte. Tuttavia l'evento esterno che ha spostato le priorità della mia vita ha fatto sì che non dessi più peso a certe schermaglie, ed è diventato più facile scendere a patti, venire a Canossa, e accettare la sconfitta con tutto quello che ne consegue. Paradossalmente, ed è un sentimento sconosciuto a chi è abituato a riuscire e a farcela, un'imbarcata ridimensiona le aspettative ma allo stesso tempo trasmette forza e cognizione dei propri mezzi. Essere caduti in fondo alla boccia dà un punto di vantaggio perché tu lì ci sei stato, conosci il posto e hai preferito/sei riuscito a tornare indietro: in primis saprai come muoverti se capiterà di nuovo, in secondo luogo lavorerai di freno e motore quando saranno i tuoi dirimpettai a finirci dentro, quelle stesse persone di cui oggi hai vinto ogni tipo di soggezione, perché è come se ti avessero visto nudo e non gli potessi più nascondere nulla.
La morale è che chi è stato danneggiato è pericoloso: sa di poter sopravvivere.
Freccia è come Parigi: andarci è sempre una buona idea
Facebook ha adottato questa politica dell'Accadde Oggi, così ogni giorno si può rivedere quanto condiviso un anno prima: foto e pensieri. Preistoria moderna.
Fa strano per due ragioni.
La prima perché tra un anno Facebook non mi ricorderà quasi nulla di questi primi mesi del 2016, se non sporadici eventi come il bel pranzo da Freccia che assolutamente merita menzione.
La seconda è che nel guardare i post degli anni passati provo un senso di inquietudine, come se volessi a tutti costi afferrare quei ricordi, come se fosse possibile tornare indietro solo guardandoli, fare tabula rasa per evitare tutti gli errori che avrebbero pregiudicato il futuro. Eppure, anche se il pensiero rincorre la memoria, la realtà è che si sono consumate intere stagioni di esistenza senza soluzione di continuità: un ineluttabile loop di piani quinquennali.
Ascolto consigliato: Daughter - How
Ho virato sui Daughter, band da #SB9_BNM2016: il giusto mix di orecchiabilità e pesantezza.
Prese di coscienza (2 di 2)
- Come esistono i gradi di separazione, esistono anche quelli di preoccupazione. Vuole dire che solo un'inquietudine più grande riduce quelle "ordinarie".
- A certe persone va dato il peso che hanno e poi sperare di averci a che fare il meno possibile, specie se queste non hanno le benché minima idea di cosa m'abbia investito.
- Il fatto è che si tratta di un percorso a ostacoli: superato uno se ne para davanti un altro. E allora vale il detto inglese:"If you're going through hell, keep going".
- In condizioni difficili s'acuisce la sensibilità nei confronti dei propri affetti. Diventa importante sapere le persone care safe'n'sound: è un legame negativo ma scevro di ogni giudizio di valore.
- Altresì vedere un caro amico che riesce nella dieta ed uno che trova lavoro diventa una soddisfazione enorme, come se fosse mia.
- È demoralizzante quando qualcuno al telefono mi mette giù, promettendomi che mi richiamerà subito e poi se ne dimentica.
- Mio padre mi ha guardato come si guarda un folle quando gli ho chiesto se la Serie A fosse finita. Forse ha capito che il fumo non stava girando nel verso giusto.
- La vita è davvero una ruota che gira, sembra una banalità ma è così. Me ne accorgo negli attimi delle piccole/medie soddisfazioni personali ma anche in quelli di Schadenfreude, cosa pochissimo politically correct ma più che onesta intellettualmente.
- Le energie mentali sono completamente prosciugate. Al Liceo potevo svegliarmi alle 4 di mattina per studiare, e fare così any given day. Ma tutto passava, era come se non fosse successo niente. Ora arrivo al venerdì che la mia vivacità intellettuale è al lumicino.
- Certe cose passano come il mal di testa, che un secondo prima è la cosa più odiosa che ci sia e un attimo dopo non ci si ricorda neppure di averlo avuto.
Ascolto Consigliato: Kevin Morby - I have been to the Mountain
Un po' di leggerezza
Karma dispari
Esistono week end di merda ma ce ne sono alcuni che vanno oltre ogni limite, che sono come un gioco di specchi all'inverso, per ogni cosa positiva che può accadere ve n'è un'altra negativa che sta per rifletterla. Venerdì e sabati in cui non si vede l'ora di uscire e poi domeniche in cui si tirano le fila e, voltandosi indietro, si ha come l'impressione che la cosa migliore sarebbe stata barricarsi tra le proprie quattro mura e non mettere per nessuna ragione il naso fuori di casa, non parlare con nessuno, non rispondere a whatsapp, farsi i cazzi propri. Forse ha ragione Dave Ravera quando canta di voler emozioni deboli: a volte, anche se non sembra, è ciò di cui si ha bisogno.
Appello urbi et orbi: ditemi chi è il Blu di turno
Accendo la tv e trovo Radio Freccia. Fingo con me stesso di voler cambiare canale, che tanto l'ho già visto milioni di volte e saprei indovinare battuta dopo battuta. Poi mi siedo che cinque minuti posso anche perderli, quindi apro una birra che mica posso guardarlo senza accompagnarlo con una briscola vestita, dopodiché decido che vale la pena finirlo. Sebbene abbia sempre ritenuto il monologo finale un po' troppo inflazionato, mi scopro a piangere mentre lo sento per la centesima volta: lacrime spontanee per cuori semplici. Chissà poi perché. Non so, forse il lungo tramonto primaverile fuori o forse, più verosimilmente, il fatto di rendersi conto che quando il film uscì nelle sale ero un adolescente e percepivo tutte le traversie di Freccia e dei suoi compari come qualcosa di distante dal mio mondo e dalla mia vita, mentre ora i problemi e le maree che mi/ci colpiscono sono reali, sono più vicine e inesorabili.
Ascolto Consigliato: Paolo Conte - Bartali
Sarà che, come dice Santu, Ligabue con Radiofreccia si è redento di tutti i suoi peccati musicali ed ha imbroccato il modo migliore per descrivere non solo questa terra ma anche i suoi interpreti, rendendoli poi pietra di paragone della comune attualità, un'umana commedia che ora, più che mai, si coniuga perfettamente nella vita di tutti i giorni.
Te lo do io, il Lambrusco...
Exempli gratia, con i Linea di Rotturason stato a suonare ad una sagra di paese. Quando ormai era tutto finito mi sono diretto in bagno. Ho distintamente visto entrarvi una ragazza. Tuttavia la porta era socchiusa, ho tossito per avvertire della mia presenza e permettere alla fanciulla di organizzarsi come meglio credesse per accostare meglio l'uscio. M'accorgo che a sbrigare il compito è un ragazzo (perché è lui a serrare la porta) e, invece che allontanarmi, stabilisco di appoggiarmi al muro, attendere i loro comodi e ascoltarmi lo spettacolo. Dopo qualche minuto in cui la mia vescica stava cominciando a prendere le sembianze del Vajont, i due morosi escono e non sono in grado di ingannare il mio ghigno. anche perché sanno benissimo di non poter aggiungere alcuna parola alla loro gag, le toppe sarebbero peggiori dei buchi
Mi sembra proprio d'essere come il Freccia del film quando, trovandosi in una situazione analoga alla mia, aveva fatto esattamente come me, o meglio: sono io ad aver fatto come lui. In questo caso la situazione non è drammatica come nella storia di Ligabue, al massimo quello che per i due ragazzi la notte sembra amore, ogni giorno diventa un errore ma mi piace pensare che sia una tenera amicizia che ancora non ha raggiunto una corretta definizione. E poi, come direbbe Mannarino:"Quant'è buono l'odore della gonna?"
La ragazza chiede al suo boy di tirarle su la cerniera della stanella, mi guarda e sentenzia:"È complicato essere donne". Già, lo è.
Tante care cose, ragazza mia.
Non riesco a distogliere gli occhi da loro mentre se ne vanno. Beh, a dire il vero avrei avuto bisogno di una visione marottiana perché lui è andato dritto dai suoi mates mentre lei è stata lesta nel prendere la via più lunga per ricongiungersi alle proprie amiche.
And on the sixth day God created MANchester (ma anche no)
Il pub preferito di Lad Andy
Luca che si perde al Bisonte. Luca che perde il biglietto aereo a Bergamo. Luca che appena fuori dal Mulligans fa amicizia con uno di Amalfi che dice d'essere andato via dall'Italia perché lo additavano come "uno della Marocconia". Le camere brutte, strette e fredde. Le due bistecche smaltite (forse) con un running destabilizzante lungo la main street di Manchester, sordida, sozza e fredda, squadrati dai locals mancuniani che ci guardavano come se fossimo alieni. Burnage, uno dei quartieri più di merda mai visti in via mia. Wonderwall suonata nel pub mentre io parlavo con il mio nuovo amico Andy della finale di Champions del 2005 (maledetto lui) e Berta veniva adescato da una milfona che avrebbe voluto a tutti costi maritarlo con suo figlia (e tutto questo perché aveva una maglia con su scritto Oasis). No Totti No party, mate! Una delle migliori full english breakfast di sempre. Berta che cerca un pub in cui vedere Milan-Juve poi se ne torna in camera perché:"Trasmettevano la boxe e poi la radio passava i Queen che sono inaffrontabili". Watch out your pockets, you know... they're scousers! L'Hidden Gem (Peace be with you). Pizza Hat. La pioggia, la grandine, the Breeze. Essere nel cuore di una tormenta soprannaturale: io c'ero, e fidatevi, non ha mai piovuto così tanto. Aver visto tutte le stagioni circumnavigando i palazzi del centro. Le tende tirate in ogni dove dai fan dei Muse per il doppio concerto. L'antifiga. You break my heart! Il whiskey bevuto nell'unico bar ancora aperto di Manchester insieme a Berta mentre i pochi avventori intorno guardavano il golf. Aver pisciato all'Old Trafford. The Big Issue lo vendono veramente e lo vendono ancora. Aver realizzato troppo tardi che Market Street era praticamente di fianco al nostro hotel e che solo a Manchester se entri in un negozio di vestiti, ne esci con dei vinili (#urbanoutfitters). Corporation Street, Withy Grove and Exchage Square: guardare gli inglesi sfasciati al sabato sera e non capire come abbiano fatto a vincere due guerre mondiali e imporre la loro come lingua corrente. Essere comunque e sempre dei matti di merda. Il grigio del cielo e il giallo fluorescente degli stewards ovunque. I locali di Dantzic Street. il Lloyds Bar e la cougar bionda che ha brancato Luca tra le sue tette e le sue ascelle fetide. Delle brutte menate, vecchio! Ragazze vestite solo della loro fantasia (leggasi: "della voglia di scopare qualsiasi cosa respiri"). L'erba de "Il Teatro dei Sogni", così vera da sembrare finta. Com'è il clima a Manchester? Molto semplicemente è come a Sant'Antonio: un freddo becco, vento costante e nebbia omerica. Di tanto in tanto c'è il sole e tutto pare più bello ma solo perché le immagini tornano ad essere a colori, e un vago senso di ottimismo attraversa ossa e pensieri. La stordente sveglia alle 5 del mattino, sincronizzata sull'orario lavorativo. Le colazioni da Starbucks per accontentare la povera Silvia, la nostra indispensabile e straordinaria dama di carità. Il controllore dell'aeroporto che, vedendo la maglietta degli Oasis di Berta, fa finta di sparargli perché a lui fan cagare: una grande idea simularlo, in questi tempi di merda e con uno che somiglia ad Arda Turan.
We're woolyback
Il piacere di rivedere Liverpool, Concert Square e l'Albert Docks: come tornare a sfogliare pagine incollate di una mia vita precedente. Anfield e Craig detto Joe Carroll, vero protagonista di questa vacanza. La piazzetta antistante lo stadio, dove viene certificato che la partita è festa: tifosi che mangiano assieme, band che suonano, bambini che giocano a pallone. Entrare allo stadio non proprio da portoghesi ma circa-quasi. E che non si creda che è tutto oro quel che luccica, bensì che è tutto il loro a farlo.
Ascolto consigliato: Placebo - English Summer Rain
English summer rain seems to last for ages
Ho pensato se fare del capitolo Manchester-Liverpool un cut-off, ossia un articolo a parte ma ho realizzato che sarebbe potuto sembrare come separare la farina della crusca, quando invece è stato uno continuum spazio-tempo.
Provo a spiegarmi con l'ennesimo flusso di coscienza degno del mio amico James Joyce ma con qualche articolo determinativo in più.
Tornare nella mia beloved english city e da lì spingersi verso la Merseyside, è stato come respirare a pieni polmoni tante delle cose che avrei voluto vedere da adolescente e che una decina di anni fa avevo solo sfiorato, e allo stesso tempo goderne a metà o solo in parte, come se comunque il cuore continuasse a battere dove la mente doleva, come se i pensieri per l'evento esterno non potessero venire arrestati da nulla. Battere le strade di Manchester inzuppato da capo a piedi, col vento che mi percuoteva la faccia, perdermi in una città che comunque sentivo mia, quasi ci fosse un senso di reciproca appartenenza, un rapporto ombelicale, è stata la perfetta metafora fisica di ciò che la vita mi ha e mi avrebbe riservato quest'anno, più di un cerchio che si chiudeva: un infinito di luci e ombre.
Ascolto consigliato: Wolf Alice - Blush
Yeah it hurts to think they can still go on
I'm happy now
Are you happy now?
Da Starbucks shazammo una canzone la cui melodia mi ipnotizza, ne leggo il testo e convengo come i Wolf Alice siano bravi sarti e abbiano cucito un vestito perfetto alla mia situazione.
A livello di sensualità della copertina siamo ai livelli di Is This It degli Strokes
Addizioniamo il fatto di ascoltare il pezzo right here right now e il gioco è fatto, può sembrare speculazione di basso conio ma, come Dublino è la città putativa di Miss Monni Mammi, così lo è per me Manchester. Fondamentalmente poco importa che appaia ostile per clima, maniere brusche e rudezza di base: anzi, è meglio così, perché una relazione senza scontro è stucchevole, non di certo sana, costruttiva e propedeutica. Insomma, prima o poi ci rivedremo, da pari a pari, magari in estate. Di certo la nostra storia non finisce qui.
Manchester, Cateaton Street by nite, di ritorno dal Mitre Cafe
Il più bel misunderstanding ogni epoca
Negli ultimi mesi l'evento esterno ha deviato ogni mio pensiero, per cui, come accennavo all'inizio, ho avuto poca voglia di scrivere sbabbelate di più di quattro righe su fb o sul blog. In generale ho avuto poca voglia di scrivere, così come di uscire. Ho recuperato tutto con questa enciclica.
Il successo è deformante: rilassa, inganna, ci rende peggiori, ci aiuta ad innamorarci eccessivamente di noi stessi.
Al contrario, l’insuccesso è formativo: ci rende stabili, ci avvicina alle nostre convinzioni, ci fa ritornare ad essere coerenti.
El Loco Bielsa dice che nella vita non bisogna mai rallegrarsi troppo perché presto o tardi arriva la fattura: è assolutamente vero ma d'altro canto bisogna tener botta e fare tesoro delle lezioni di esistenza in essa contenute.
Sarà la melodia, saranno le parole ma questa canzone possiede l'immensa forza di pacificarmi il cuore
Tamen la vita è bella e ho una storia divertente da raccontare che muove da una ancora più bella.
Una sera rientro dalla mia abituale corsa, sono laddove l'Emilia Paranoica ha eletto il suo nuovo domicilio, ossia nei dintorni della famigerata scritta COOP a Maranello. Proprio lì incontro uno degli esseri umani più imprescindibili della scena medio-padana, un elemento che vedrò quattro volte all'anno e devo ancora capire se sono poche o se sono quattro di troppo: Lucagiblein. È a spasso col suo metalupo, un husky di Winterfell che ogni tanto, come Giannimorandi, butta giù lo sguardo e si mangia la prima merda che trova per terra.
La bravura di un fotografo sta nel cogliere l'attimo e, nel caso della posa di Lucagiblein, non poteva essercene uno migliore
Anche se sembra la sceneggiatura di uno sketch di Clerks, quel che segue è la mera trascrizione dei fatti
Z:"Oh, Gibbo, come va? Vedo sempre tuo padre in giro col cane!"
Lucagiblein che sa essere più ermetico di un poeta dell'800 o di un informatico nerz, mi risponde puntuale:"La femmina è incinta!".
Rimango interdetto, per quanto lo sappia curioso, non lo faccio uno da saloni di bellezza o negozi di fiori, né penso che la mia vita sia uno dei suoi argomenti forti quando è in compagnia dei suoi amici.
Rimbecca:"La cagna! È incinta!"
Non collego ancora, sono in un'acuta fase di non-ci-sto-capendo-un-cazzo, e penso solo che Zidane davanti ad un'affermazione simile è sbroccato e ci ha regalato il Mondiale del 2006. Ad ogni modo cerco di ritrovare il bandolo della discussione:"Sì, è così. Ma te come lo sai? Te lo ha detto l'Anna?"
L:"Cosa c'entra l'Anna. Lo so, si vede, no?"
Z:"Sì, per vedersi, si vede."
L:"Allora lo sai anche tu. L'hai vista?"
Sorrido perchè inizio ad avere una chiara sensazione di misunderstanding e rispondo:"Eh, sai com'è, la vedo sempre. Più che altro tu quand'è che l'hai vista?"
L:"A casa mia, no?"
Realizzo che i conti non tornano e, a costo di palesare di non aver capito un cazzo, me ne esco con:"Gibbo, scusa, ma tu di cosa stai parlando?"
L:"Della gravidanza! Aspetta sei cuccioli. Perché tu di cosa stai parlando?"
Z:"Ok, allora a meno che non siano cambiate le carte in tavola, non stiamo parlando della STESSA gravidanza!"
Marche e San Dalmata
Jukebox all'Idrogeno place to see and be seen
Prendo buona nota del viaggio nelle Marche con l'Ile, Berta, Mi e Annina.
Nonché aver rivisto, dopo troppo tempo, amici quali Tom, Baiso e Gav.
Ascolto consigliato così a caso: Le Luci della Centrale Elettrica - I Destini Generali
saranno argomenti più memorabili dei nostri lunghi abbracci
nella calma che hanno a notte fonda i viali di Bologna
Trento & Lazise, once again
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Ascolto consigliato: Matze Knop - Numero Uno (Luca Toni)
Linea di Rottura
Accatt' tutt'e cos!
La conclusione di una delle tre migliori esperienze musicali della mia vita. È stata durissima, in questi cinque mesi allucinanti, tenere fede all'impegno settimanale delle prove e ai (sebbene sol) due live. A metà Luglio incideremo un ep a mo' di ricordo e poi ognuno per la sua strada: io mi porto via il basso, Cawa (detto Matteo Salvini) è già pronto per il suo nuovo power trio, al Mariuolo di Spezzangeles Delgiu (voce, chitarra e synth) e ad Alfo il batterista dello spazio, auguro il miglior proseguimento possibile.
Maranello Rock è stato davvero divertente ma non posso che raccontarlo come ho fatto per Trento, ad hashtags. #scontoscianel #wonderwolf #mauriziolosa #fuckmyass #enjoyyoursilence #moseeeca #dyoboys #hairottoilcazzo #cacciatidallennesimolocale #larivincitadegliubriachi #labirintite
Ascolto consigliato: Mokadelic - Doomed to live
First Day of sun
Tenere nota delle cose può avere funzione terapeutica, specie nel bel mezzo di un casino del '32, in un periodo in cui la lingua non batte più sul morbido, per rubare parole a Santu. Ripetersi certe cose può diventare un mantra positivo, accorgersi che le diverse strade degli amici hanno una direzione simile alla propria non è confortante ma accresce la comprensione, e la comprensione genera simpatia, nell'accezione inglese del termine.
Quando mi è stato confermato che quasi tutte le cose erano tornate in ordine, ho ripreso fiato e vena, e son riuscito a vedere il mondo con molta più serenità. Sono andato a bere una birra con qualche amico, ho realizzato che non c'è tregua, che è stata solo un'altra battaglia, che la vita ci prende a schiaffi sui denti, come Sandro ripete sempre. Ogni tanto però è anche bello chiudere qualche porta e provare a dimenticarle, quelle due o tre sberle.
Mentre tornavo a casa ho cercato un cd da ascoltare, il primo che mi capitasse tra le mani e ho pescato una mia personale selezione dei God is an Astronaut, band post rock che una decina di anni fa ero uso ascoltare senza soluzione di continuità. Certi ricordi si confondono tra loro e poi si perdono tra i meandri della memoria, per poi riprendersi la scena in determinati momenti, quasi fosse previsto che dovesse andare così. Adoravo questo gruppo e avevo trovato un'assonanza tra due loro canzoni, quasi le intendessi come due sorelle, una buona ed una cattiva; come direbbe il Mario di Guzzanti: Dottor Jekyll e Mister Aids. La prima, intitolata First Day of Sun, mi trasmetteva calma, tranquillità e fiducia; la seconda, chiamata Dark Rift, era più cupa e misteriosa. Il bello è che, trattandosi di pezzi strumentali, uno può immaginarseli e figurarseli come meglio crede, lasciandosi ispirare solamente dalle note e dalla musica.
Ebbene, quasi fosse un cerchio che non aspettasse altro se non di chiudersi, mi ricordo di tutto questo mentre risalgo l'Estense e la selezione sta passando proprio i due brani sopraccitati, non a caso messi in fila uno via l'altro.
Ascolto consigliato: God is an Astronaut - First Day of Sun
Non c'è quasi nulla di casuale a questo mondo se e quando uno è in grado di indovinare la sincronia degli eventi; come dico sempre: le coincidenze non esistono. E quindi non è assolutamente un caso che il cielo che copre la strada sia stranamente chiaro, leggermente illuminato dalla luna piena, la cui luce definisce i contorni delle nuvole del temporale appena finito. Appoggio gli avambracci sopra al volante e guardo in alto, proprio mentre le delicate frasi della chitarra solista cominciano a rincorrersi in un aggraziato crescendo fino a sgocciolare gli armonici in scala e le ultime note a chiusura.
La natura non ha bisogno di parole per spiegarsi, attende solo la colonna sonora migliore per farlo: ubi lux ibi tenebra.
Uno smisurato ringraziamento a chi mi è stato vicino e doverose scuse a quelli cui sono arrivati solo gli spricchi di tutta questa vicenda. Anche se Max giustamente non smette mai di ricordarmi che io costruisco castelli di preoccupazione per cazzate piccolissime, è stato meglio così, credetemi: ora le cose importanti sono ok.
That's all, folks.
Ad maiora!