Ciccioli frolli - Grassòl

Certe cose bisogna essere emliani, per capirle.


Ultimo giorno di lavoro. Come da tradizione è previsto il buffet. Attenzione però, perché questo piccolo simposio è un avvenimento di grande importanza all'interno della ceramica cui presto le mie competenze. Si deve infatti pensare ad un enorme formicaio, in cui c'è davvero poco di interessante di cui parlare, in cui si presta attenzione a come si veste quello, a cosa ha detto quella, con chi si frequenta quell'altro, eccetera. Un gran sballo, no? Beh, transeat.
Il buffet diventa quindi il "luogo di incontro" di perpetue e "a vòi savér" di turno, dove questi individui di cui il genere umano non avrebbe affatto bisogno possono sbabbellare senza alcuna interruzione circa i cazzi di tutti meno che i loro.

Sviluppo quindi la mia strategia. 
Che, tra l'altro, aperta parentesi, a me fanno schifo i buffet. 
  • i panini dolci-salati non li ho mai capiti;
  • i "p'coun" di parmigiano, sì ok, sono buoni ma vuoi mettere il gusto di poter sfetlare direttamente dalla formina comprata dal casaro di paese? tot eter quel!
  • le pizzettine sono fredde, ma che cazzo le prendono a fare? Se voglio una pizza fredda la vado a comprare dalle schifose all'una di notte: l'unica pizza che appena esce dal forno è già fredda.
  • il lambrusco è quello di Castelvetro, e proprio per questo è una merda.
  • i tocchetti di mortadella vanno bene, ma non ci si può nutrire solamente di quelli.
  • ubriacarmi di prosecco è spesso un'idea di merda. Provoca un'acidità pazzesca.
Dicevo, penso ad una strategia per affrontare al meglio questa rottura di coglioni.
Faccio il giro delle cose che mi piacciono, abbiamo quindi detto: panini dolci-salati, "p'coun" di parmigiano, pizzettine fredde, tocchetti di mortadella e prosecco. Sì, prendo proprio quelli.
Oggi Nostro Signore si è svegliato bene e mi fa trovare anche un piatto di ciccioli frolli, che, non so per quale ragione sono dislocati malissimo. O meglio, malissimo perché tutti li possano apprezzare degnamente, benissimo per me che sembro essere l'unico ad averli avvistati. Ne prendo una manciata e il mio piatto è bell'e che servito.

Mi siedo da solo e comincio a rifocillarmi, Non passa troppo tempo che si fanno vicini gli "a vòi savér" della situazione, che mi fanno domande banali, che attaccano discorsi di circostanza e se ne escono con battute che non mi avrebbero fatto ridere nemmeno nel 1994. Purtroppo non riesco a smarrirli perché fondamentalmente sono un animale sociale e (sono anche molto selfconfident) anche quando dà una risposta che a me appare "un po' più che di merda", per la gente comune è tanta roba. Never mind, che si fottano, questi ciccioli frolli sono eccezionali. Salati al punto giusto, proporzionati come solo le tette migliori potrebbero essere, nemmeno troppo unti. Di tutto il resto m'importa 'na sega.

Mangio, bevo, faccio dono di qualche parola nuova (di quelle tanto belle e divertenti, quanto di uso difficile nel linguaggio di tutti i giorni, tipo "sculaccianguille") ai colleghi così che a casa possano avere qualcosa di divertente da raccontare, metto in giro qualche falsa voce o qualche maldicenza creata ad arte affinché le perpetue possano farsi dei film tutti loro, accuso qualcuno d'essere frocio o faccio illazioni circa il fatto che l'unico sesso che possa avere sia quello degli angeli, e con una classe innata, finisco il mio buffet fianco a fianco dei Direttori, chiacchierando con loro di corsa, economia e figa.

Come idea siamo ai livelli di quando Ashton Cutcher diventa il preferito dei capi di sua moglie, pur non facendo nulla in quel senso, ma essendo semplicemente sé stesso, ovvero un cazzone totale/incredibile figlio di puttana.

 

Per chi non fosse pratico, la ceramica del distretto è un mondo a parte dove le gerarchie nobiliari hanno ancora un valore. Lo so, sembra impossibile ma è così. Il Patròn è quasi un Re, per cui inavvicinabile e quasi innominabile, se non con il suo titolo e proprio per occasioni rituali quali "Buongiorno, Cavaliere" e "Buonasera, Cavaliere". Il figlio del Patròn è il Principe, colui cui son destinate tutte le fortune, i loro procuratori sono i colonnelli, cui ci si rivolge mantenendo le distanze dettate dall'ordine e dal grado: "Cavaliere", "Dottore", "Ragionere", "Signore". Quest'ultimo, "Signore", è il titolo nobiliare di più basso lignaggio, ci si riferisce così a chi è a direzione di qualcosa senza aver mai avuto riconoscimenti scolastici, universitari o di merito pubblico.

Arriviamo al dunque. Il buffet prevede che al termine dello stesso il grande capo tenga il discorso di fine anno, di auguri, di buon natale e di castamaz vari ed eventuali. Solitamente è un discorso accorato senza né capo né coda, lucido come lo schema mentale dei pensieri di Silvio Berlusconi, ma molto interessante. Immaginate Sandrone e la Pulonia: something like this. In ogni caso è il main event della giornata. Il Re ha un suo palco da dove arringare commerciali e amministrativi tutti ed è proprio vicino al tavolo dove hanno confinato i ciccioli frolli.

Tutti distratti dall'arrivo dei dolci e dello spumante, ne approfitto per convertite i ciccioli frolli nel mio personale dessert. Inizio a prenderne uno, poi due, poi alcuni, poi passo direttamente alle manate. Mi allontano un secondo, non resisto, torno, ricomincio, fanculo qualsiasi dieta, viva il grasso! viva i ciccioli frolli. Poi dentro di me penso a chi in quel momento mi sta guardando, ma chissenefrega, ho anche bevuto quel tanto che basta per scacciare via questa malizia.

Faccio per andarmene, accompagnando la sortita con l'ultima scorpacciata, quasi fosse l'ultimo pasto prima di attraversare il deserto o il primo dopo averlo fatto, e in quel preciso momento ecco davanti a me il Re, il grande capo della Ceramica, l'uomo inavvicinabile, con cui è quasi proibito parlare, che si rivolge solo al suo principe e ai suoi colonnelli, cagando pari tutto il resto della marmaglia.

"Vedo che le piacciono!"
Ed io, in forte imbarazzo:"Mi deve scusare, Cavaliere, sono stato un maleducato..."
"Come mai dice questo, Dottor Ferrari?" E giù la matta: parlerà con chi vuole, ma i nomi delle persone che lavorano nella ceramica che LUI ha fondato li conosce.
"Ma sa, sono qui che li prendo a manate, che mi abbuffo, mi vergogno anche un po'..."
"No, vede, quelli che si devono vergognare sono quelli che li hanno lasciato qua!"
"Eh, dico bene, sono eccezionali, salati al punto giusto, davvero buoni. Ma ora, mi scusi, me ne vado altrimenti li finisco da solo, non riesco a trattenermi!"
"Le credo, ma mi permetta di aiutarla a finirli. Posso?"
Ed io, incredulo:"Prego, si figuri!"

Ne prende una manata enorme, e se li infila tutti in bocca, li mangia con quel nobile grezzume tipico dei contadi di una volta, si volta verso di me e commenta:"Cum'a i-ein boun i grassòl, l'è véra'?"

A volte i capi sono persone che si sono trovate al posto giusto al momento giusto e nulla più, altre, come in questo caso, sono persone che meritano d'essere dove sono, lucidi, intelligenti ed ironici, e, soprattutto, figli di questa terra proprio come me.

Ovviamente le perpetue e gli "a vòi savér" mi tartassano ora di domande e interrogativi curiosi.
Cosa ti ha detto il Cavaliere? 
Ti ha rimproverato? 
Ti ha parlato di qualcosa in generale? 
Com'è? Come non è? 
Che effetto fa? 
Beh, insomma cosa vi siete detti?

Abbiamo parlato di ciccioli, di grassòl, per la precisione.


Due

Giornata di ferie, prendo la bicicletta e pedalo fino a Puianello.


Anche se è raro che faccia così, per non pensare alla fatica mi armo di auricolari musicamuniti. Mi piace infatti molto di più sentire i rumori della natura intorno, devo ascoltare il mio respiro e il battito del cuore, devo tendere l'orecchio alle macchine che arrivano dietro di me. 
Ma è da quando sono bambino che non faccio questa strada tanto amata dai ciclisti, non me la ricordo più, devo riprenderci le misure, e penso possa essere una buona idea distrarre la mente dalle gambe e dal fiato, messi a dura prova da una salita ardua perchè lunga. Nulla in tutto se non dalla Cresta del Gallo alla locanda, ma ad una certa sembra davvero che l'orizzonte della fine si sposti sempre un metro più in là, che l'ultimo tornante non cessi più.

Arrivato alla locanda sulla via Vandelli, vedo un vecchio che attraversa la strada, con passo lento e rassegnato. Si ferma davanti all'unica epigrafe affissa al muro del vecchio Bar e, con le mani dietro alla schiena ingobbita dall'età, la legge e la rilegge come se trovasse un significato nuovo ogni volta. 
Poi ripassa dall'altro lato della strada quasi avesse appreso l'ennesima brutta notizia ma non fosse così turbato, come se fosse sorpreso di non aver letto il suo, di nome, su quell'epigrafe, ma quello di qualcun altro, qualcuno per cui valeva leggerla due, tre, quattrocento volte.

Decido di proseguire fino al Santuario, di salire l'ultimo strappo, e Who Said dei Planet Funk mi dà la carica per spingere con quanta ne ho sui pedali. Mi passano a fianco un sacco di macchine per essere lunedì e per essere mattina, e tra l'altro non mi risulta che vengano dette Messe a quell'ora. Non capisco perché, e mi sembra pure strano.
Giunto in cima, entro sicuro nella piazzetta del Santuario e lo scopro invaso di gente. Non parla nessuno, gli sguardi sono tristi, e gli occhi, gonfi, sono rivolti verso il basso.
Volto la bici e decido di far ritorno a casa, in pianura, non è il momento di stare qui e ammirare il paesaggio.

Prima però mi siedo per riposare e bere, e in quel momento mi tolgo le cuffie.
Il silenzio del funerale e le voci, ammucchiate e confuse, che parlano di come e quando sia stato trovato, di qualche ricordo condiviso dal narratore di turno, di "quella volta che"
Non c'è un parcheggio che sia uno, anche i campi sono pieni di macchine, arrivano a frotte per salutare l'amico, il padre, il fratello, chissà, forse il nonno.
Deve essere morta una persona importante, o benvoluta, che alla fine di "importante" è l'accezione migliore.
In quel momento capisco il perché del passo remissivo del vecchio che avevo incontrato alla locanda, e il perché di questa enorme folla.
Inforco i pedali e infilo la discesa. 
Peccato, speravo di tornare qui in bici in un giorno normale, senza trovare nessuno, e senza alcuna tristezza nell'aria.
Rimetto le cuffie, e sento un tanto estemporaneo quanto azzeccato Pierpaolo Capovilla.

come son belle le illusioni, 
ed i pensieri tristi, 
e le canzoni degli anni settanta 
e quella voglia di andare via 
e il desiderio di restare

La canzone si chiama "Due" e ultimamente l'ho ascoltata davvero tanto, e questo verso è stato il primo a colpirmi, la testa di ponte perché apprezzassi tutto il resto.
Perché è vero, perché alla fine piace a tutti crogiolarsi nelle illusioni, fantasticare, o sperare che. 
E lo stesso vale pure -paradossalmente- per i pensieri tristi, perché a volte fa bene anche ricordare le cose meno belle o che non ci sono più, quasi fosse una terapia con cui affrontare vis a vis i fantasmi della vita.
Strana cosa collegare queste parole a un funerale, eppure forse non c'è contesto migliore in cui farlo perché anche un funerale può essere bello, nella sua drammaticità. E non come dicono i vecchi:"L'è propria sté un bel funerel..." che non si capisce a cosa si riferiscano, a cosa sia loro piaciuto. Io parlo di quel calore distaccato, parlo del riconoscere in tutte quelle tristezze un amore comune, un amore ed un affetto straordinari... Ed ecco allora la bellezza delle illusioni e dei pensieri tristi; e perché no, magari perfino delle canzoni degli anni settanta. Chissà? Magari chi oggi non c'è più è stato un uomo da balera che amava danzare con tutte le ex-ragazze che oggi sono qui a salutarlo per l'ultima volta, perché il confine tra la voglia di andare via e il desiderio di restare è sempre più labile, soprattutto ora, soprattutto qui.

Prendo la spinta, mi lancio in discesa e torno a casa.
A volte è davvero strano come le cose si leghino tra loro.


Checché ne dicano Marx o Weber
Gesù Giuseppe e Maria
abbiate pietà dell' anima mia
non si vive ogni giorno
non si può morire sempre.



Buon viaggio, Valeriano!

Da bambino ho sempre viaggiato pochissimo. 
Maranello-Riccione e Riccione-Maranello erano le uniche tratte percorse dalle macchine guidate da mio padre, e ciò mi forniva una percezione distorta dell'idea di viaggio, perché quando l'unica cosa che vedi sono pianure a perdita di occhio (e a deriva di cielo) finché non incontri quella merda che i romagnoli chiamano mare, non puoi dire che girare ti piaccia. 
Questo finché non sono iniziati i campeggi estivi con la Parrocchia, e allora i percorsi sono aumentati di chilometraggio: viaggi fino in Trentino, in Valle d'Aosta, nell'alta Lombardia; un altro mondo, un'altra idea. Rimanevo incantato dai paesaggi tutti intorno, anche al solo passaggio, dalla sola contemplazione dal finestrino. Mi ripromettevo sempre che, una volta patentato e con abbastanza soldi in bisaccia, benzina e salvacondotti vari, avrei viaggiato quanto più possibile.
Per anni poi ho girato per il Milan o per il lavoro, e questo sì, mi è piaciuto, ma mi ha altresì impedito di fermarmi e smarrirmi, e per il resto non ho mai avuto le occasioni e la possibilità di esplorare come solo ultimamente ho cominciato a fare.


Un mio amico recentemente mi ha chiesto:"Ma adesso ogni volta che c'è un ponte vai via?"
E cosa devo fare?
La spola tra la home e il profilo di Facebook?
Sbronzarmi al bar come faccio già con regolarità?
Scrivere?
Prendo e parto, dove si arriva, si arriva.
Non so se sia leggenda o verità, ma ho sempre sentito dire che Giulio Verne non si sia mosso dalla sua scrivania, eppure ha descritto in maniera meravigliosa e dettagliata ogni nazione, paese e vicolo di strada che compaiono nei suoi racconti di fantasia. Ho sempre pensato fosse stato un fenomeno nel riuscirci, poi mi son dovuto ricredere. 
Potremmo fare come lui anche oggi, basterebbe consultare un atlante, quattro o cinque voci di wikipedia, uno o due libri di geografia (meglio se vecchi e antiquati, perché molto più esaustivi e particolareggiati) e il gioco sarebbe fatto. Mancherebbe però quel quid che mi ha fatto ricredere del vecchio idolo di Emmett Brown, ossia il "visto e il vissuto" di ogni paese. 
Non c'è nulla di autentico e fedele nel raccontare o nel parlare di un paese senza averne toccato la terra, respirato l'aria, preso la pioggia, bevuto il vino, o parlato con la gente nella loro lingua, con il loro accento o nel loro dialetto. Sono queste cose che danno profondità, che ti permettono un raffronto (letterale) terra-terra, che ti consentono di dire con sicurezza di aver viaggiato e di sentirti stranamente più maturo, più esperto, come se non avessi messo dietro la schiena solamente dei chilometri, ma come se avessi messo degli anni in più senza aver mandato avanti il calendario.

Quando in quinta Liceo andammo a Vienna in gita, la cosa che mi colpì maggiormente fu parlare con alcuni clienti austriaci nella birreria sotto all'albergo; invece del Museo della Principessa Sissi non ricordo proprio un cazzo, e son contento che sia andata così. 
La prima volta che visitai il Chianti, rimasi incantato dal suo simbolo, "Il Gallo nero" e dalla sua storia. Un conto però è leggerla su wikipedia, un altro è trovarsi ad una dozzina di chilometri dalle mura di Siena proprio mentre la si sta leggendo per la prima volta.
Tutti sanno cos'è la Sindrome di Stendhal, ma in quanti l'hanno provata? Quando davanti ad immensa bellezza artistica i sentimenti ti sopraffanno? Ecco, a me è successo nell'affacciarmi su Piazza del Campo.
È mettere naso (come dicono dalle parti di Savona), nel bene o nel male, l'unico sistema per far esperienza della cultura di quella regione, di quella nazione o di quel popolo. Sì, perché basta varcare un confine, scollinare un passo, veder i colori attorno, che tutto -senza tanto né quanto- è improvvisamente cambiato.

Di ritorno dall'ultimo viaggio, sono rimasto colpito da un mucchio di cose.
A dire il vero è così tutte le volte, ma questo giro, complice il fatto di essere andati, per volontà o necessità, a casaccio, quello che mi è rimasto in testa è stato molto, molto più di tutti gli altri viaggi.
La disorganizzazione è la miglior organizzazione: nessuna promessa fatta, nessuna da mantenere. Aspettative alte, orari elastici ed elevati spazi di improvvisazione. Un successo sicuro.

Una coppia di amici ci ha raccontato che alla domanda di un parente dei due:"Dove andrete?", loro hanno risposto:"A casaccio". Il ragazzo, non proprio un premio Nobel, ha replicato loro:"Ne ho sentito parlare. Esattamente dov'è, però, questo Casaccio?"
Non è facile rispondere a questa domanda, ma di sicuro Casaccio è molto grande e molto interessante e il titolo di questo post deriva proprio da uno di questi giri a casaccio.
Nel perderci tra Langhe, Costa Azzurra, Riviera di Ponente e Cinque Terre ci ha fatto ridere scorgere sul navigatore satellitare il nome di due paesi vicino ai quali stavano transitando, che si chiamavano, appunto, BUONVIAGGIO e VALERIANO.


Langhe 


- L'intramontabile fascino degli Autogrill, l'ulteriore dimostrazione che il concetto di fast-food in Italia è del tutto relativo E per fortuna che è così. 
- L'irrefrenabile voglia di lanciare fuori dal finestrino l'ultimo album degli Afterhours, neanche utile da farci lo spessore per un tavolo che balla.  
- Il chiodo che ci ha attaccato l'edicolante di Alba, alla faccia di chi pensa che solo gli emiliani siano estroversi. Mezzora di parole quando noi volevamo solo una cartina delle Langhe. Così contento di averci incontrato, l'edicolante ce ne ha data una a grandezza naturale. Stefano, perché è così che si chiama, ci ha pure raccontato che viene spesso dalle parti di Modena, che non capisce la differenza tra Bassa e Alta, e che è stato "Su un Appennino". Dopo aver cercato di interpretare le sue parole gli abbiamo chiesto se fosse la Pietra di Bismantova; era quella. Se mai dovessi leggermi, tanti cari saluti!
- Il simbolo di una banca langarola: un grappolo d'uva. Di un istituto bancario così dovremmo fidarci tutti.


- Il meraviglioso Castello di Grinzane Cavour e il nome del Bar in front of: CONNUBIO. Come ricordarsi -quasi fosse un flashback- di averlo studiato al Liceo, di aver letto questa parola in un tempo lontano lontano, di non averla mai più letta o sentita da nessuna parte, per poi scoprire che dà il nome ad un caffè di paese. Questo è quel che ne rimane.
- La casa degli Aristogatti a Diano d'Alba.
- Ogni borgo delle Langhe è appiccicato all'altro.
- Gli aperitivi da trenta euro nella terra del Barolo, ma cazzo se ne è valsa la pena. Capisci quando Fenoglio scriveva:"Rincasare da In Festa con una sbronza fine".
- Le colline invase dai vigneti.
- La tranquillità, questa sconosciuta, per chi viene dall'Emilia Paranoica, una terra bella solo quando è Giovanni Lindo Ferretti a cantarne.


Traversata delle Alpi Marittime
Da La Morra, adorabile paesello delle Langhe dovevamo scendere in Liguria. Ci siam presi un giorno decidendo di arrivarci alla va là che va bene.

- Gli ecomostri appoggiati a fianco di strutture sabaude una volta bellissime e ora lasciate andare.
- I quattordicimila ponti sul fiume Tanaro.
- La funicolare di Mondovì che ti trasporta da un'altezza di 150 metri s.l.m. ad una di 151 metri s.l.m. al modico prezzo di € 1,10 cad viaggio. 


- Gli altissimi viadotti autostradali che dalle Langhe ti precipitano direttamente nella Riviera di Ponente e il conseguente imparare che proprio sulla Torino-Savona si suicidò uno dei rampolli Agnelli.
- La totale assenza di distributori di metano o l'arrivarci proprio quando l'unico trovato è chiuso. È stato in quel momento che ho ripensato alla volta in cui il metanista mi voleva vendere l'atlante del metano in Italia.

- Le focacce stracolme di stracchino e gorgonzola, qualcosa come settemila calorie ogni morso.       - Tutti i giardini chiamati "Belvedere" dai quali non si vede proprio niente di bello, nemmeno per sbaglio


- I cartelli con scritto: ATTENZIONE CADUTA NEVE. Sì, in Inverno può succedere.
- La visita ad Alassio senza averne visitato niente di particolare, né il muretto né il quartiere inglese. Non era facile, ma noi abbiam puntato su un bar del Budello e abbiam preso una birra. 
- Lo schifoso lungomare ligure.
- L'isola della tartaruga.


Costa Azzurra
Non sono mai stato così contento d'essere italiano e ho dato pienamente ragione a Tirzan. Se Fiorano è uno sbaglio tra Maranello e Sassuolo, la Francia è uno sbaglio tra l'Italia e il resto del mondo.
Unica cosa positiva: le ragazze in topless sulla spiaggia di Cannes. Una qualche mademoiselle aveva delle tette così rifatte che sfidavano apertamente la legge di gravità, dal basamento alla punta. 


- Le autostrade francesi: percorsi di velocità i cui cartelli di uscita sono disposti a circa un metro prima degli svincoli.
- I casellanti francesi o, per meglio dire, i cambiamonete umani. Sì, perché forse non tutti sanno che non esistono i biglietti in Francia, esistono dei caselli al cui interno ci sono dei cestelli dove buttare euro in moneta. Nel caso tu non abbia monete o le abbia finite, non c'è nessun cambiamonete automatico (come sarebbe presumibile ci fosse in un qualsiasi altro paese civile, civilizzato ed uscito indenne dalla Guerra Fredda), ma devi suonare un pulsante d'aiuto e confidare nell'intervento del casellante di turno, ossia un omino che gira con sacchi trasparenti di monete per poter cambiare le banconote. Nel frattempo hai dietro alla macchina una fila interminabile di francesi figli di puttana che suonano per farti dispetto, perché escludo il fatto che non sappiano cosa stia succedendo. Un popolo di selvaggi. Siamo nel 2012 e in Francia funziona così. Non capisco perché Hitler e Mussolini volessero invadere questa terra di scemidimerda e non la lasciassero nel suo brodo. Dei barbari.
- Il pranzo a Cannes a base di focaccia comprata in Liguria: andate a cagare voi, le vostre rane e le vostre lumache, selvaggi.Tra l'altro divorata a velocità luce causa il nervoso accumulato nelle strade di quella città del cazzo.
- I cartelli verdi che chiamano le strade statali e quelli blu che chiamano le autostrade: come fare le cose al contrario.
- I cartelli che indicano i paesi ma non dicono a quanti chilometri di distanza si trovano.
- I semafori. Ditemi voi a cosa serve quello piccolino se non a consumare elettricità.


- La benzina verde che costa € 1,60 al litro. Pochissimo, no? Ecco, peccato che abbia pochi ottani e ogni volta che metti la prima la macchina strappa fino a che non sgasi come un terrone in piazza. Oltretutto è geniale il sistema di rifornimento: da terzo mondo. Non è come in Italia che si seleziona l'importo e quindi si pompa benzina nel serbatoio. Lì prima ti rifornisci, quindi molli il grilletto e quel che è paghi: se sono € 20,03 vai dentro e gli dai anche i 3 eurocent. Io una cosa così penso che non esista nemmeno in Mozambico.
- Le Winston Blu a € 5,70.
- I semafori dentro le gallerie: complimenti vivissimi, uccideteci tutti.
- L'ascensore di Montecarlo.
- Il distributore di defibrillatori. 




















Riviera di Ponente 
Avevamo base in un B&B a Gorra, una frazioncina di Finale Ligure. Non si tratta di un borgo rinomato o chissà cosa, è un paesello sulla strada che va da Finale a Calizzano (la Svizzera della Liguria), non ha nulla di particolare se non che la mia famiglia conserva con gente del posto un'amicizia che dura da settant'anni, che va avanti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, dal 8 Settembre del 1943, ma roba che solamente a trent'anni suonati mi sono accorto di cosa voglia dire "tramandare qualcosa di generazione in generazione".

- La sbronza a Finalborgo, veramente uno dei paesi più belli d'Italia.
- Sciao Finalborgo!


- Volevo venire a fare una mostra di cani a Pavullo, ma me lo hanno sconsigliato. Mi hanno detto:"Non andare a Pavullo, quelli ubriacano anche i cani!" Detto da un allevatore di cani. È bello quando in giro per l'Italia sanno di uno dei paesi a te cari perché è terra di sbronzoni.
- Fare aperitivo con una coppia di anziani i quali mi hanno costretto a prendere l'impegno di imparare a ballare e di fare una Crociera Costa, dicendo che ogni giorno c'è un foglio con sopra il programma. Hanno detto che questo opuscolo si chiama "TODAI". Ci ho messo un po' a capire che era "TODAY".
- Marcelo Bielsa, allenatore dell'Athletic di Bilbao, ha detto che non ci si può mai rallegrare quando la fortuna è dalla propria parte, perché, prima o poi, di sicuro Dio ti manda la fattura. Vero, in tutto questo tripudio di bellezza e di divertimento mi sono rotto un dente e ho scheggiato l'obiettivo della macchina fotografica. 
- Rendersi conto che i luoghi comuni sono odiosi. La Costa Azzurra è stupenda e i liguri sono schivi. È il contrario o, per lo meno per me è stato così.


- Due Spritz a € 6,00 a Borgio Verezzi, uno dei più bei balconi della Liguria. Sticazzi. E questo mentre nel tavolo a fianco alcuni pseudointelletuali stranieri parlano un po' in inglese, un po' in italiano e un po' in francese dell'industria militare tedesco e del tasso di fertilità dell'Irlanda, insomma, i classici argomenti leggeri da aperitivo in Liguria.

  
Portofino, Portovenere e ritorno dalla Cisa
Ritorno a casa e sosta in queste due perle.

- L'uomo che parlava con i piccioni spiegando che in quel momento erano poco socievoli perché la mattina stessa avevano sentito scoppiare dei mortaretti. E come dargli torto?
- Quattro focacce: € 12,00.
- Trovare il poster del Milan Campione d'Europa nel 2007 in un bar di Portovenere. 
- Portovenere è bella anche se piove, non è come Sassuolo.


- Virgin Radio è una delle stazioni radiofoniche più sopravvalutate della storia, specie quando c'è il momento "translation". Unico pezzo bello trasmesso: ANARCHY IN THE UK, che però è cominciato quando sono entrato in galleria ed è finito quando ne sono uscito. Punk se non è dead poco ci manca.
- Dimenticarsi della forza di inerzia provocata dalle rotonde di casa nostra, tornare nel proprio paese e vedere scivolare giù dal seggiolino tutto: occhiali, sigarette, cd, telefono. Ma vaffanculo.
- Essere così rincoglioniti da pensare di aver telefonato ad un amico e accorgersi che si ha telefonato al cellulare del papà. L'Hangover del ritorno.

Bello rivedere la pedemontana, Sassuolo-Fiorano-Maranello-Pavullo.
Bello tornare a lavorare.
Lacio drom a tutti e buon viaggio, caro Valeriano.


Paesi e città visti e visitati.
Day one: Alba, La Morra, Barolo, Diano d'Alba, Grinzane Cavour, Sinio.
Day two: Mondovì, Vicoforte, Alassio, Gorra, Finalborgo.
Day three: Cannes, Nizza, Eze, Montecarlo, Finalborgo.
Day four: Castel San Giovanni, Chiesa dei Cinque Campanili, Castel Gavone, Finalborgo, Gorra.
Day five: Portofino, Portovenere, casa.


tVoppo odio

Per otto ore tutti i giorni di lavoro ho a che fare con una divertentissima persona che passa il suo tempo ad inveire contro tutto e tutti.
Volendole fare uno scherzo per quando andrà in pensione, mi son messo a raccogliere le sue esternazioni giornaliere tipiche, così da regalarle una specie di compendio di Lei, una volta che abbandonerà il mondo del lavoro. 
S'esprime molto bene nell'arco di un mese, ma anche in un solo giorno è possibile racimolare un buon campione di ogni suo sentimento di odio, astio, incazzatura, polemica che non dimentica di manifestare praticamente di continuo.
Non devo essere frainteso, non sono qui a prenderla per il culo. È una persona fantastica che mi ha insegnato molto ed è sempre cara e generosa con me. Insomma: se non ci fosse andrebbe inventata. Ha solo che ogni tre per due sclera!

Aperta parentesi: le frasi vanno lette esattamente in quest'ordine. Lo so che non c'è alcuna logica tra l'una e l'altra: è proprio questo il suo bello!



Ho freddo.
I fagolosi fanno schifo.
Per dieci giorni ci sarà una folata di freddo: sicuramente nel ponte becco brutto.
Ne avrei da dire, eh, se ne avrei...
Z:"Guarda che bella giornata!" Eh, ma prima era meglio: non c'era neanche una nuvola, ora ce ne sono tre.
Sono demoralizzata.
Non si possono dire le cose solo quando si ha un tornaconto personale!
Mentre tornava a casa da Spilamberto, mio figlio ha visto una stella cometa di fianco alla macchina. Pensa che una volta è successo anche a me.
Stanno rompendo i coglioni, sono dei cafoni!
Adesso in giro ci sono i ragni mortali.

Io non vado più a votare!
Ma che casino, ma veramente! Ma mè a n'al sò menga.
Anche i sindacati devono andare a cagare, fan solo del casino.
Io sono la regina della sfiga.
Se la gente non fa i corsi di aggiornamento poi il risultato è questo.
Mentre venivo a lavorare avevo davanti a me un camioncino che faceva i 20 km/h.
Ci dicono delle cose, poi ce ne dicono altre, ci fanno impazzire.
Oggi c'è stato un uragano, un morto e un terremoto, ci mancava solo che la Banca mi cambiasse l'IBAN.
Bisogna fare piazza pulita!
Ho caldo.

Ma quella macchina che clacson ha? Non si può.
Se m'avessero detto tutto, sarei stata più tranquilla, invece niente.
E c'è da ridere?Bisogna stare all'occhio!
I vecchi devono andare in pensione, sono peggio dei meridionali.
Io su un elicottero non ci andrei mai.
Che due coglioni, ragazzi!
Quelli di Roma poi.... io gli faccio un culo così.
È anche finita la cartuccia. Cartuccia in esaurimento... sono io che sono in esaurimento, ve'!
Il gestionale non mi dà nessun dato, che due maroni!
Io sono terrorizzata.

Finirà poi anche, la sfiga.
Ti dico quello che penso: non mi fido di nessuno.
Stanotte ti ho sognato. 
Io poi vedi mi accontento.
Eh, ma quando mi simulano il terremoto nel camper io ho paura!
Dovresti fare un videogioco sui parlamentari.
“È in ufficio, non è raggiungibile”, che palle.
Che stress, ‘sto qua che ha bisogno è anche del sud.

Sono in crisi. Voglio andare a casa!
3-2-1… Pronto, chi è?
T’ciapéssa gninta…
La fotocopiatrice fa un rumore strano.
Adesso l’ho messa a posto, non lo fa più.
Io ci avevo una mela da mangiare… chissà dov’è?
Son rincitrullita.
Vuoi un pezzo di mela?
Lo sai che fa tanto bene ridere?
Il bello della festa è che la fotocopiatrice mi ha mangiato un’ORIGINALE!
È tutto il giorno che non va, quella fotocopiatrice lì.
C’è gente che viene da Formigine per andare al Made In Red, ma roba da màt.


Sono un indovino io.
Ci sono i grillini in giro!
Il terminale non va.
Io c'ho già fame: non è possibile.
Lo sai che io c'ho freddo? Sento una corrente addosso.... C'è una corrente da paura, io non voglio mica ammalarmi, preferisco venire a lavorare.

Anche nelle banche... Sono nel marasma anche loro. Non è più come una volta, la banca! Con tutti quegli accorpamenti, le fusioni...
M'arriva la corrente anche se le finestre sono chiuse.
Io me la sudo! Io me la sudo fino ad Agosto!
Andassero a fanculo tutti!
Gli bruciassero le mani con le sfioppole alte due centimetri!

Qui bisogna votare i fascisti! Mi sembra tanto semplice a me...




Oltre il danno, la beffa.

È l'inverno di qualche anno fa, comunque è il primo inverno del Botolo, locale sulle colline di San Dalmazio.  È sera e io, Swonziz e un altro amico che chiameremo Il Genio, decidiamo di andarci.
È il "come" decidiamo di andarci che fa ridere.

Nevica di brutto, ma, come avrebbe detto Gervasoni della Televisione Svizzera, "di brutto brutto brutto né", per cui avevo deciso solamente di attraversare la strada e andare a bere qualcosa di caldo a casa di Swonziz.
Vedo che c'è una macchina parcheggiata davanti, quella del Genio.
Penso debba essere matto per aver preso la macchina ed essere uscito, ma chi glie lo ha fatto fare?
Entro e ci mettiamo a fare una partita a chiacchiere.

All'improvviso il Genio salta su e dice:"Ragazzi, usciamo?"
Swonziz, che è sempre stato un fulmine di guerra:"Perchè no? Dove andiamo?"
Io, giusto un pelo più cauto:"Ma dove volete andare? Fuori nevica a bestia!"
Il Genio, fedele al suo soprannome:"Andiamo al Botolo!"
"Certo, al Botolo, perchè non ci ho pensato io? Nevica che Dio la manda e noi andiamo dove sicuramente nevicherà di più, per tornare a casa quando ci saranno le strade ancora più sporche di adesso, e magari il ghiaccio se per caso passano a pulire, smette di nevicare e gela... sì, proprio una bella idea!", dico io.
Swonziz insiste:"Cosa vuoi che sia, Zeman?"
Nota bene: Swonziz non ha la patente, per cui la fa facile.
Sta di fatto che decidiamo di andarci.
Dico l'ultima cosa e poi chiudo, se proprio dobbiamo morire, preferirei farlo in maniera meno stupida possibile:"Va bene, Genio, però prendiamo l'Estense, non andiamo su per la Via Vandelli?"
Dentro di me do per scontato che è facile che la strada statale sia pulita, al contrario della vecchia strada provinciale che magari è sporca e lo rimarrà per almeno una settimana.
Ma il Genio mi risponde quasi seccato:"Con la neve prendiamo la Vandelli, è più facile andare in salita quando c'è la neve, piuttosto che andare per una strada di valle!".
Questa è una teoria che non trova alcun fondamento, ma che convince Swonziz, per cui, essendo in democrazia, 2 contro 1 e io la prendo nel culo.

La macchina del Genio è un'ex-berlina scassata e tenuta alla carlona, che fin da Gorzano inizia a dare segni di insofferenza, ma vabbè.
Iniziamo a scalare la Via Vandelli e con non poca fatica superiamo le prime difficili curve, in mezzo a montagne di neve depositata sulla strada da ore, e sotto l'incessante bufera che arriva dal cielo.

"Vedi, Zeman, stiamo andando su senza problemi?"
E al Genio fa coro Swonziz (che lo ricordo ancora, no ha la patente):"Sì, infatti, cosa vuoi che sia? È un po' di neve..."
Questa neve darebbe da fare anche ad un pilota professionista come Baiso, ma vige ancora la democrazia e Baiso non è contattabile, per continuo a prenderla bellamente in culo.
Continuiamo ad andare, e la macchina, seppur con immensi sforzi, tiene botta.
"Eh, Swonziz, e Zeman che gufava... ahahah!!!", se ne esce il Genio con una fragorosa risata.
"Zeman è sempre pessimista, ci son state delle nevicate più grosse e la gente ha sempre preso la macchina!".
Come no, infatti avevamo fatto fatica pure ad arrivare sol fino a Gorzano, visto il traffico che c'era.

Inizio a pensare che i geni in macchina siano due...


Arriviamo alla Cresta del Gallo, la parte più ripida di tutta la salita che da Torre Maina porta a Puianello, il Genio riconosce la difficoltà:"Se riusciamo a superare questo pezzo, è fatta."
Il fato però vuole che la macchina si pianti proprio lì, alla Cresta del Gallo, e nel Genio cresce la paura di non farcela. 
Swonziz, che si è dimostrato ottimista fin dalla partenza, non può uscire dal ruolo, e continua a ripetere che non c'è nessun problema. Swonziz, lo so, repetita iuvant sed scocciant, non ha la patente, quindi non capisco proprio da cosa gli derivi questa cognizione di certezza e di trionfo.
Il Genio ferma la macchina in un qualche modo e ci chiede di scendere per aiutare a spingere la macchina (verso dove però non si capisce bene...). 
La tempesta è così forte che non si vede nulla, né a destra né a sinistra, si sentono solo delle forti folate di neve che arrivano da tutte le parti e sinceramente credo che ora come ora sia anche solo difficile orientare la macchina in una direzione basta sia.
Provo un irrefrenabile voglia di mandare tutti a fanculo con un bel:"Ve lo avevo detto", ma mi trattengo, perché a questo punto l'unica è andare a casa (nella migliore delle ipotesi), o arrivare da qualsiasi altra parte.

Riusciamo a girare la macchina verso la discesa, tra immani sforzi miei e di Swonziz, perché il Genio, il grande pilota, il grande stratega della guida in caso di neve, è salito a bordo e non ha più dato adito alla sua formidabile abilità di Sherpa motorizzato e se ne è lavato le mani.
Torniamo verso casa. Il Genio e Swonziz non dicono nulla se non:"Cazzo, c'è davvero tanta neve...", ma nessuna scusa o nessun:"Avevi ragione, Zeman...", che conta poco, ma almeno ho la consapevolezza di non aver detto delle cazzate.
Poco dopo arriviamo a Torre Maina e il Genio, non smentendosi:"Andiamo per l'Estense!" dimenticandosi di mettere come sottotitolo che è la stessa cosa che avevo proposto io all'inizio della fola.  E naturalmente Swonziz che non ha la patente aggiudica la scelta:"Sì, per l'Estense ce la facciamo!"
Dopo un po' arriviamo al Botolo.

Ovviamente il locale è chiuso.
Oltre il danno, la beffa.
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