9-10/11/2010
Avrei voluto licenziarmi dopo un mese che ero lì.
Son stato contento d'essere in quell'ufficio solo quando la Sara mi lasciò (2 anni fa) perché il lavoro, per quanto mi facesse cagare, occupava la mia testa.
Poi, quando ho iniziato a riprendermi, a pensare solo al lavoro, e non pensare solo al lavoro per non pensare ad altro, è iniziato un tiro al bersaglio incessante.
"Non dai risultati"
"Non sono contento"
E zò legna.
Mi faceva fare tutto quello che odiavo di più, un continuo dispetto. Alcuni lo chiamerebbero mobbing, per me era solo cattiveria.
Così facendo però imparavo sempre più cose, sapevo sempre più cose e tutti mi chiamavano, mi cercavano, mi delegavano responsabilità che io non sapevo gestire perché non avevo tempo, non avevo voglia, non le volevo.
Vomitavo ogni mattina, alle otto meno dieci. Mi lavavo i denti poi andavo a lavorare.
Con i miei non parlavo più.
Mi sentivo in diritto di ubriacarmi per non pensare.
Mi sono venuti i capelli bianchi e non era né il fumo né gli anni.
Una volta son tornato a casa così frustrato che ansimavo, sono svenuto, mi hanno imbottito di tranquillanti e per due ore non sono riuscito a parlare.
Mi hanno tamponato col camion e ho preso dell'imbambito davanti a tutta la ditta.
Sono rimasto a piedi a Pesaro, sempre col Camion, ho preso dell'asino.
Ho fatto delle colonne di 20 kn a Bologna di venerdì sera che più di una volta mi son messo a piangere mentre ero lì.
Dovevo mandare delle mail alle persone che lavoravano con me perché altrimenti dicevano di non sapere, dicevano che io non gli avevo detto niente, davano la colpa a me di tutto.
Non dormivo più, nemmeno al sabato o alla domenica.
Sono stato in Toscana per il ponte dei Santi e una notte mi sono svegliato di soprassalto perché avevo avuto un incubo, m'ero sognato lui che mi cazziava. C'era qualcosa che non andava, non era più il caso di farsi rovinare la vita, specie se proprio in quel momento ero al fianco di una ragazza meravigliosa e la mia mente (che non posso controllare per intero) mi rimandava ad altro.
Ho fatto un salto nel buio, perché un altro lavoro non ce l'ho.
Dovrò stringere i denti, passare al drum, bere un solo long island e non cinque, uscire di meno, venire meno allo stadio.
Ma o questa scelta la facevo adesso o non l'avrei mai più fatta.
E' una banalità, ma la vita è una sola, e io a 35 anni così, quando magari non avrò più la possibilità di cambiare le cose, quando non ne avrò più la forza, quando l'abitudine l'avrà avuta vinta sulla felicità, non ci volevo arrivare.
Quando ho detto all'Eliz che avevo paura di rimanere senza soldi, di essere un peso per i miei, lei mi ha risposto:"Tu non hai capito. Tu per i tuoi sei un peso adesso."
Quando la Sara mi lasciò mi anticipò per sms quello che ieri è stato il mio status su fb. "Questo è un giorno che, nel bene o nel male, ricorderò per tutta la vita."
Ho fatto mia questa frase perché solo ieri l'ho capita del tutto.
Perché ogni tanto bisogna ripartire da zero.
Nessuno di noi prevede il futuro, ma trascinarsi quando non si sta bene è solo dannoso, prima o poi la testa reagisce, e reagisce in maniera incontrollata e incontrollabile.
E me lo ricorderò per tutta la vita quando ieri, una volta firmate le dimissioni, mi sono seduto sulla mia ex sedia e senza che pensassi a niente mi sono messo a piangere dalla gioia, dalla felicità, come se mi fossi liberato di un peso enorme, come se non avessi più un fardello da portare, come se mi fossi estirpato un cancro e, non ultimo, senza il timore che potessero portarlo altri per me. Perché il dolore si trasmette, è quello il brutto.
Se sto male io, prima o poi, chi più chi meno (a seconda di chi mi è più o meno vicino), sta male anche qualcun altro. I miei genitori, i miei amici, le persone cui voglio bene.
E condividere il dolore non è sperare che le persone care ti accettino in toto, capiscano che nel pacchetto-Zeman ci sono ombre, condividere il dolore è cattiveria, è egoismo.
Lo ricorderò per tutta la vita perché quando ci vuole, ci vuole, come mi ha scritto l'Anna, e vaffanculo se non ho una boccia di cristallo per prevedere quello che sarà, se tra un mese avrò trovato un nuovo lavoro, se tra sei mesi sarò ancora a spasso, se aprirò con Max un agriturismo dove, per differenziarci, ricorreremo a 5 cani acrobati.
Ho fatto fatica a prender sonno ieri sera.
Non perché creda di aver fatto male, ma perché le situazioni ti mancano, sai che quel posto non lo vedrai mai più, e gli hai dato tre anni della tua vita.
Fa lo stesso.
Quando la Sara mi lasciò (l'ho detto spesso in questo post, ma le vite delle persone si misurano in base a momenti cruciali, è come se fossero "precedenti", pietre di paragone) credevo di non farcela, credevo che mi sarebbe crollato il mondo addosso.
Con calma ne son venuto fuori. E forse ora è meglio di quanto mai sia stato una volta. Forse la sua decisione ha giovato a tutti. Quel giorno è diventato cruciale anche per me, nel male prima, nel bene poi.
Magari sarà così anche ora, per la scelta che ho fatto.
E' tutto.
Ieri ho avuto l'ultima indecisone, non lo nego.
Poi mi sono imbattutto per caso (?) in questa poesia.
Ode alla Vita
Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita, di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza
porterà al raggiungimento
di una splendida felicità.